Washington ha deciso di giocare pesante. Non con i soliti memorandum vaghi e task force che producono report da dimenticare, ma con un assegno da 800 milioni di dollari firmato dal Dipartimento della Difesa e distribuito con generosità fra Anthropic, OpenAI, Google e xAI. Una manovra che suona più come un’OPA ostile alla burocrazia federale che un normale contratto pubblico. In apparenza è l’inizio di una nuova era digitale per la macchina governativa americana, in pratica è un test di stress ad alto rischio dove il protagonista non è l’algoritmo, ma il fattore umano: impreparato, disallineato, talvolta ostile.
L’adozione di AI nella pubblica amministrazione americana non è una novità. Ma la velocità con cui i large language model (LLM) stanno entrando in 41 agenzie federali, con almeno 115 casi d’uso attivi fra chatbot personalizzati e sistemi di assistenza decisionale, rappresenta un cambio di paradigma tanto profondo quanto potenzialmente destabilizzante. Perché non si tratta solo di tecnologia. Si tratta di potere, controllo, burocrazia, egemonia culturale e paura di perdere rilevanza. Chi pensa che l’ostacolo principale sia la sicurezza informatica non ha mai lavorato in un’agenzia federale dove anche l’aggiornamento di un plugin di WordPress passa tre mesi di revisione. Il vero blocco è culturale.