Google ha recentemente lanciato una serie di spot pubblicitari durante il Super Bowl per mostrare come le piccole imprese negli Stati Uniti utilizzano Gemini AI. Tuttavia, uno degli annunci ha attirato l’attenzione degli osservatori più attenti, specialmente gli appassionati di formaggio, per un’affermazione piuttosto discutibile sulla popolarità del Gouda.
Nella pubblicità dedicata al Wisconsin, uno stato noto per la sua tradizione casearia, Gemini AI ha generato un testo che afferma che il Gouda rappresenta “il 50-60% del consumo mondiale di formaggio”. Un dato che non solo appare gonfiato, ma che è stato prontamente smentito dagli esperti. Andrew Novakovic, professore emerito di economia agricola alla Cornell University, ha dichiarato che, sebbene il Gouda sia una delle varietà più diffuse nel commercio globale, non è affatto il formaggio più consumato al mondo.
L’origine di questa affermazione sembra risalire a Cheese.com, un sito web che riporta la stessa statistica, sebbene la sua affidabilità sia stata messa in discussione su Reddit già oltre un decennio fa. In realtà, secondo Novakovic, formaggi freschi come il Paneer in India o le varianti diffuse in Sud America, Africa e Asia superano di gran lunga il Gouda in termini di volume di consumo. Tuttavia, Gemini AI non specifica la fonte della sua informazione, lasciando spazio a interpretazioni e possibili fraintendimenti.
Come riportato da The Verge, un dettaglio curioso dell’annuncio è la presenza di una nota in piccolo sotto la risposta generata dall’AI: “Questo è un aiuto per la scrittura creativa e non è inteso come un’informazione fattuale.” Nonostante questa dichiarazione, la pubblicità mostra chiaramente un imprenditore che utilizza Gemini AI per scrivere descrizioni di prodotti per il suo sito web, suggerendo implicitamente che il contenuto generato sia affidabile.
Interpellata da The Verge sulla questione, Google ha risposto tramite Jerry Dischler, presidente delle app Google Cloud, affermando che non si tratta di una “allucinazione” dell’AI, poiché Gemini si basa sul Web e gli utenti possono sempre verificare le fonti. Secondo Dischler, il dato del 50-60% è riportato su più siti web, suggerendo quindi che l’AI non ha inventato il numero, ma si è limitata a ripetere informazioni disponibili online, a prescindere dalla loro veridicità.
Questo episodio evidenzia un problema più ampio legato all’uso dell’intelligenza artificiale nella generazione di contenuti testuali: l’affidabilità delle fonti. Google ha recentemente integrato le sue funzionalità AI in Workspace e aumentato i prezzi dei suoi abbonamenti, rendendo sempre più cruciale il tema della qualità delle informazioni fornite da strumenti come Gemini. Se le aziende stanno iniziando a utilizzare l’AI per automatizzare la creazione di contenuti, la necessità di sistemi di verifica delle fonti diventa imprescindibile per evitare che informazioni inaccurate si diffondano indiscriminatamente.