Il Q1 2025 di IBM si chiude con risultati solidi, almeno sulla carta. La divisione Software e l’area Infrastructure spingono la crescita, generando margini sani e numeri in linea con le aspettative, se non superiori. Ma basta grattare un po’ la superficie per accorgersi che il colosso di Armonk continua a ballare una lenta mentre tutto il mercato è passato al breakdance.
Questa è una opinione personale su una Corporate che ha fatto la Storia e adoriamo, ma c’è un mah..il vero problema non è il trimestre in sé. È la traiettoria. Mentre Microsoft, Google e AWS si stanno divorando il mercato dell’AI e del cloud consumer-oriented come voraci predatori con algoritmi affilati e strategie go-to-market chirurgiche, IBM si ostina a rincorrere un’idea vintage di “enterprise value”, declinata secondo una liturgia da congresso anni ’90. Le aziende, oggi, non vogliono più soltanto mainframe e soluzioni chiuse con mille SLA. Vogliono flessibilità, plug-and-play AI, strumenti accessibili e scalabili in modo agile. IBM invece continua a proporsi come “partner strategico” con slide troppo verbose e costi che parlano il linguaggio dell’ERP, non quello dell’MVP.
Il segmento Consulting, tradizionalmente croce e delizia, stavolta segna più croce. Zavorrato da una macroeconomia che premia i tagli rispetto agli investimenti in progetti trasformativi, ha perso smalto. La narrativa ufficiale parla di “debolezza ciclica”, ma la verità è che il modello IBM fatica a sedurre chi oggi ha bisogno di cloud generativo, ML integrato e pricing chiaro. Accenture e Deloitte, pur affrontando le stesse condizioni di mercato, stanno performando con più dinamismo e visione.
Tornando ai numeri, il comparto Software ha brillato grazie alla crescita di Red Hat e all’incremento delle soluzioni di automazione, AIOps e hybrid cloud. Tuttavia, anche qui, l’inseguitore IBM sta giocando su un campo dove Microsoft è già campione mondiale: Copilot, Azure OpenAI e Dynamics 365 stanno riscrivendo il playbook dell’enterprise productivity con modelli AI interconnessi e user-friendly. IBM, nonostante Watsonx, non riesce a convincere sul fronte dell’AI generativa come game changer, almeno non al livello dei competitor. Troppo framework, troppo poco prodotto.
Il vero nodo però è strategico: IBM ha rinunciato, per scelta o per rigidità culturale, a competere sul versante consumer e SMB nel cloud e nell’AI. Una miopia che oggi costa, in termini di market cap e momentum. Microsoft ha 10x la capitalizzazione e un ecosistema che cresce in modo esponenziale grazie a un’intelligenza artificiale per tutti, non solo per i CISO e i CIO. AWS ha trasformato ogni startup in una potenziale multinazionale con infrastrutture modulabili. IBM invece continua a vendere stack e compliance.
Questo mismatch tra offerta e mercato non si risolve con buoni trimestri. Si risolve con un cambio radicale di paradigma, che al momento IBM non sembra intenzionata a fare. La crescita registrata in Q1 2025, pur positiva, è il frutto di una gestione oculata e di un portafoglio prodotti ancora utile alle grandi aziende legacy, ma è come applaudire un elefante che corre: per quanto sorprendente, resta pur sempre un elefante in un mondo che viaggia in razzo.
Vuoi un’opinione? Se IBM vuole davvero ritrovare rilevanza deve smettere di vendere “soluzioni” e iniziare a creare “esperienze”. Ma per farlo, serve molto più che un buon trimestre. Serve una rivoluzione culturale che inizi da chi oggi crede ancora che la nuvola si venda con contratti triennali.