Il grande Elon Musk, dopo aver flirtato con la politica e aver fatto il chiacchierato consigliere di Trump, decide che è tempo di tornare alla sua vera passione: far girare l’ingranaggio di un impero industriale sempre più dispersivo ma altrettanto ambizioso. Ecco quindi che Musk piazza un nuovo, robusto bond da 5 miliardi di dollari per finanziare xAI, la sua start-up sull’intelligenza artificiale, con un tasso d’interesse a doppia cifra. Roba che neanche le peggiori agenzie di rating si sognerebbero di consigliare ai loro clienti retail. Ma, si sa, con Musk non si parla di investimenti normali, si parla di puntate miliardarie in territori incerti, giocando con il debito come se fosse una roulette russa di Silicon Valley.

Morgan Stanley, il fedele scudiero finanziario, si occupa della collocazione del debito, offrendo un pacchetto variegato prestiti a tasso variabile, prestiti a tasso fisso e note garantite e suscitando un interesse enorme, più di 3,5 miliardi richiesti da investitori che evidentemente amano il brivido. Una scommessa su Musk che parla di fiducia nel suo genio, o forse di disperazione nel trovare occasioni più solide in un mercato così instabile. Ma chi meglio di Musk può sfidare il paradosso del rischio?

Dietro a questo nuovo round di finanziamenti c’è il progetto mastodontico del data center “Colossus” a Memphis, Tennessee, dove Musk intende installare un milione di GPU per alimentare la corsa folle verso un’AI sempre più potente. Quasi un colosso tecnologico, appunto, con un nome non casuale, come se fosse l’ennesimo tentativo di dare forma a un dio digitale fatto di circuiti e algoritmi. In un mondo dove i giganti cinesi spingono con le loro EV e i loro investimenti titanici, Musk non vuole essere da meno: la sua visione è chiara e spietata, un’ossessione per la supremazia tecnologica e un’inarrestabile sete di controllo sui dati e sull’intelligenza artificiale.

Questo debito non è solo un’operazione finanziaria, ma un segnale politico: Musk si ritira dalla politica per tornare al suo vero mestiere, quello di dominare i mercati e la tecnologia, spingendo un impero che oscilla tra visioni futuristiche e controversie quotidiane. I titoli Tesla, come un pendolo impazzito, sono in calo del 20% da quando Trump è entrato in carica – un’evidenza che anche il genio più sfrenato non può ignorare. Il rischio è palese, ma la posta in gioco è troppo alta per tirarsi indietro.

Il puzzle del finanziamento si completa con altri pezzi importanti: Neuralink raccoglie 650 milioni, mentre xAI mette in vendita azioni per 300 milioni. La fusione tra xAI e la piattaforma X crea una holding che vuole essere il nuovo volto del futuro digitale, un’ibridazione di social network e AI che punta a dominare non solo i flussi di informazioni ma anche i modelli cognitivi umani.

Morgan Stanley, dal canto suo, ha vissuto una montagna russa con Musk: dall’acquisizione di Twitter (ora X) a 44 miliardi, con un debito di 13 miliardi bloccato per anni, fino a questa rinascita del mercato del debito che ora ripaga ampiamente la banca, dimostrando come la finanza e la tecnologia siano un matrimonio d’interesse sempre più perverso e speculativo. La banca incassa tra interessi, commissioni e vendite, un bottino degno di un film di spionaggio finanziario.

Curioso che Musk, con tutta la sua aura di innovatore visionario, abbia finito per incarnare la quintessenza della finanza speculativa più sfrenata, quella che si muove tra titoli tossici e scommesse azzardate, mentre costruisce un futuro che ha più a che fare con la fantascienza che con la realtà quotidiana.

In fondo, come diceva un certo economista cinico, “Il debito è la valuta degli audaci e dei disperati”. Musk si colloca indubbiamente nella prima categoria, ma con un piede saldamente nella seconda. La sua follia è il motore che spinge i mercati, e ora più che mai, con l’AI che diventa il nuovo petrolio digitale, ogni miliardo di dollari preso a prestito potrebbe essere un colpo di genio o un disastro annunciato.

Perché alla fine la vera domanda non è quanto Musk riesca a raccogliere, ma quanto riesca a trasformare quei capitali in qualcosa che il mondo possa davvero usare — o temere. Il mercato si fida, o forse fa finta di farlo, come ogni spettatore di un thriller che sa che qualcosa potrebbe andare storto, ma non riesce a distogliere lo sguardo.

E così, tra cifre da capogiro, GPU da milioni e tassi d’interesse da usura, Elon Musk rilancia la sfida, non solo all’industria, ma a tutti noi. Perché quando un uomo così costruisce il suo impero sull’intelligenza artificiale, non si tratta solo di tecnologia: è una nuova era di potere, debito e follia che comincia, e l’unica certezza è che sarà tutto un gioco molto, molto rischioso.