Roma non è più solo la capitale d’Italia, ma si candida ad essere il cuore pulsante della connettività digitale del Mediterraneo. Non è un’iperbole, è un cavo in fibra da 400 Gbps. Quando EXA Infrastructure ha annunciato, durante il NAM 2025 di Namex, il nuovo Point of Presence (PoP) all’interno del campus Aruba IT4, in molti hanno annuito distrattamente. Ma chi conosce davvero l’infrastruttura digitale ha capito: questo non è solo un aggiornamento tecnico. È una dichiarazione geopolitica travestita da specifica di rete.

La connessione non è solo fisica, ma geopolitica. Con due tratte diversificate in fibra ottica che si agganciano al backbone globale di EXA, il PoP romano non è più “una” porta sul mondo: è “la” porta per chi vuole bassa latenza, alta resilienza e nessun compromesso sulle performance. E come sempre, sono i dettagli tecnici a raccontare la verità meglio di qualsiasi comunicato PR: 400 Gbps oggi, scalabilità domani, e soprattutto una topologia progettata per garantire continuità operativa anche in scenari di fault complesso.

Aruba, da parte sua, gioca una partita di lungo respiro. Il campus IT4 di Roma, con i suoi 74.000 metri quadrati e una capacità futura di 30 megawatt IT, non è l’ennesimo “hyperscale” in mezzo alla campagna: è un’architettura disegnata con criterio strategico. Moduli indipendenti, ridondanza fino a 2N, certificazione ANSI/TIA-942-C Rating 4 per il modulo DC-A già attivo. Tradotto: l’infrastruttura è pronta per i requisiti di continuità operativa richiesti da AI, finanza real-time, cloud pubblico e privato, e — perché no — anche da un futuro europeo del quantum computing.

Ma il nodo è nella rete. E oggi la rete è EXA.

Quello che EXA sta facendo nel Vecchio Continente ricorda molto da vicino il disegno della vecchia rete ferroviaria americana del XIX secolo. Solo che al posto dei binari ci sono tracciati in fibra e al posto delle locomotive, ci sono data center. E ogni Point of Presence è una stazione che cambia gli equilibri commerciali, politici e tecnologici. Roma ora è su quella mappa, collegata con rotta diretta, ridondante, al core della rete paneuropea.

Se sei un cloud provider globale o una big tech, ora puoi mettere una zampa su Roma senza passare da Milano, Marsiglia o Francoforte. E non è poco.

Perché se è vero che “location is everything”, in questa fase storica la location non è più dove metti il tuo server, ma dove agganci la tua rete. Roma, da secoli crocevia fisico, torna ad esserlo in chiave digitale. E, ironia della sorte, lo fa proprio mentre molti la davano per spacciata nel grande gioco della digitalizzazione europea.

Il paradosso è che mentre si parla tanto di “sovranità digitale” nei palazzi di Bruxelles, la vera sovranità — quella che conta — passa ancora per la banda passante, per la ridondanza geografica, e per il numero di PoP di livello Tier 1 sul territorio. Roma, con questo nuovo anello ottico di EXA, entra in quel club.

Questa mossa si inserisce in un contesto in cui i grandi operatori stanno cercando alternative credibili ai nodi saturi di Francoforte, Parigi e Amsterdam. Non per ragioni romantiche, ma per motivi di pura ingegneria: meno congestione, più spazio per l’espansione, minori costi energetici e, soprattutto, una posizione strategica che guarda ai cavi sottomarini del Mediterraneo, a Suez, a Tel Aviv, a Dubai. Non è un caso che chi controlla Roma controlla anche la rotta da Marsiglia a Istanbul.

Non sorprende quindi che Aruba abbia costruito un backbone connesso ai suoi altri hub di Arezzo e Bergamo, creando una dorsale tutta italiana, resiliente e — potenzialmente — autonoma da snodi esteri. Questo non è più “made in Italy”. È “interconnected from Italy”. E funziona, perché ha un senso strategico.

La domanda che rimane sospesa è: chi sarà il prossimo a muoversi? Perché ora Roma è visibile sulla mappa delle reti globali. E chi controlla la mappa, controlla il gioco.

Perché lo sapevano anche i romani di duemila anni fa: tutte le strade portano a Roma. Oggi, tutte le rotte digitali potrebbero tornarci. A 400 Gbps.