Oggi, 8 luglio, a Roma presso il Palazzo dell’Informazione, si tiene l’evento organizzato da Adnkronos e Open Gate Italia. Rivista.AI sarà presente e dedicherà un’analisi approfondita all’iniziativa, condividendo la nostra opinione.

Siamo ormai saturi di questa narrazione spezzettata e caotica. È evidente che, da un lato, siano stati ricordati alcuni aspetti positivi come le infrastrutture, le “macchine” del cloud anche se non è chiaro quante volte: una, cinquanta o duecento. Ma il punto è che, quando parliamo davvero di cloud, ci stiamo muovendo in un campo nuovo, dove i termini si susseguono come neologismi tecnologici usati più per impressionare che per chiarire. È un linguaggio piccolo, ancora prematuro, spesso usato per tagliare fuori chi non è preparato, emarginando le imprese che non riescono a stare al passo.

Il mercato, oggi, lo vediamo chiaramente: è dominato da pochi grandi attori. A livello nazionale, europeo e forse anche globale, l’amministrazione delle infrastrutture è ormai concentrata nelle mani di questi “trattori”, ossia colossi tecnologici che da soli controllano due terzi del mercato. Questo è un dato di fatto che dovrebbe far riflettere chi parlava, qualche anno fa, di accesso democratico alle tecnologie digitali.

Si è discusso e non abbastanza dei legami sempre più stretti tra cloud e intelligenza artificiale. Ma in questi dibattiti manca spesso il riconoscimento dei tentativi reali, anche fallimentari, messi in campo in Europa. Il caso della Francia è emblematico: un’iniziativa ambiziosa, da oltre 10 miliardi di euro, che si è scontrata con le difficoltà strutturali dell’ecosistema europeo. Non è solo una questione di soldi o di regolamenti, ma della capacità di costruire un’infrastruttura indipendente, che non sia subordinata ai grandi operatori americani o cinesi.

Ecco perché il discorso sul cloud non può ridursi a una semplice esercitazione funzionale. Ciò che manca, nel cuore del dibattito europeo, è la visione strategica. Non basta evocare la sovranità digitale se poi si rinuncia ad agire con decisione, lasciando che l’infrastruttura del futuro venga progettata e posseduta altrove.