Meta ha appena alzato la posta nel gioco politico californiano, trasformando la tecnologia in un’arma elettorale. Mentre Leading the Future, un super PAC AI-friendly, si presenta come coalizione di investitori e venture capitalist pronti a riversare oltre cento milioni di dollari sulle campagne dei candidati pro-AI, Meta ha scelto una strada più insolita: un super PAC tutto suo, interamente finanziato e controllato dall’azienda, destinato a plasmare le elezioni di medio termine nello stato e a proteggere i propri interessi nell’ecosistema dell’intelligenza artificiale.
Dopo Citizens United del 2010, le regole del gioco elettorale americano hanno cambiato radicalmente. I super PAC possono accettare fondi illimitati da individui e corporation, senza coordinarsi direttamente con i candidati. Storicamente, miliardari come Elon Musk hanno speso centinaia di milioni tramite super PAC personali, mentre aziende hanno finanziato comitati elettorali collettivi, spesso insieme ad altre imprese dello stesso settore. Meta, grazie alla struttura di controllo quasi assoluto di Zuckerberg, ha creato un modello differente: non un super PAC personale, ma uno aziendale, che agisce come estensione della volontà del CEO, utilizzando i fondi della corporation per orientare la politica a favore delle proprie priorità strategiche.
Brian Rice, vicepresidente delle politiche pubbliche di Meta, afferma che il super PAC è nato per supportare candidati “che riconoscono il ruolo vitale della California nello sviluppo dell’AI e sostengono politiche che mantengano lo stato in prima linea nella tecnologia globale”. Parole nobili, ma il sottotesto è evidente: Meta vuole proteggere la propria leadership in un ecosistema regolatorio complesso e in rapida evoluzione, dove leggi come SB 53 rischiano di imporre standard rigorosi di trasparenza e sicurezza, potenzialmente costosi e restrittivi per l’industria.
Gli esperti di legge elettorale notano l’eccezionalità della mossa: raramente un’azienda crea un super PAC per difendere interessi propri piuttosto che quelli collettivi del settore. Il vantaggio è il controllo assoluto su chi supportare e in che modo farlo. Nessuna necessità di mediare con altri investitori, nessuna pressione esterna: Zuckerberg decide, Meta spende, e la politica si piega, o almeno è invitata a considerare la piega.
Non si tratta solo di promuovere candidati. Un super PAC aziendale può attaccare quelli che non sposano la linea aziendale, anche se pro-AI, e quindi in conflitto con gli interessi competitivi di Meta. È un’arma mirata, calibrata sul potere economico dell’azienda, sulla densità di legislatori e comitati elettorali californiani e sulla posizione centrale dello stato nell’innovazione tecnologica globale. La politica diventa così un ecosistema parallelo, dove la competizione fra aziende si gioca anche sul terreno elettorale.
La tempistica non è casuale. Gli annunci di Meta e di LTF coincidono con la chiusura della sessione legislativa californiana, pochi giorni prima che il governatore Newsom decida se firmare o meno leggi chiave sull’AI. Non è un caso che la notizia arrivi proprio ora: serve intimidire, mandare segnali chiari su chi detiene il potere economico e tecnologico, e influenzare decisioni politiche prima ancora che diventino pubbliche. In un ecosistema dove la lobby è già massiccia — Big Tech ha speso milioni di dollari solo nella prima metà dell’anno — la notizia di un super PAC così potente genera un effetto immediato.
Meta non è sola nel gioco dei super PAC tecnologici, ma la strategia di andare da sola è indicativa. Diversamente da LTF, coalizione di investitori e startup AI, Meta non cerca alleanze. Il messaggio implicito è chiaro: il controllo assoluto sul flusso di denaro politico permette di orientare le decisioni pubbliche senza compromessi. Nel frattempo, il settore osserva, sapendo che le mosse di Zuckerberg potrebbero ridefinire la dinamica del potere in California, dallo sviluppo AI alla regolazione di mercato, fino alla prossima elezione del governatore e oltre.
In passato, Meta ha già seguito strategie simili con l’American Edge Project, un gruppo di pressione tecnologico creato per contrastare leggi antitrust bipartisan, o con FWD.us, volto a promuovere la riforma sull’immigrazione per favorire talenti tecnologici. La lezione è che l’azienda non si limita a reagire: anticipa, guida e, se necessario, distorce il contesto politico a proprio vantaggio.
Le implicazioni sono vaste. Zuckerberg potrebbe usare il super PAC anche su iniziative popolari, simili a quelle legate a Proposition 22 di Uber e altri, manipolando processi diretti di legge per ottenere risultati favorevoli senza passare dal legislatore. La capacità di influenzare il disegno dei distretti elettorali, con possibili effetti sulla rappresentanza nazionale, aggiunge ulteriore potere strategico, trasformando la California in un laboratorio politico per interessi privati e strategici.
Il concetto di lobbying si fonde così con quello di investimento strategico: non più solo relazioni pubbliche e incontri con legislatori, ma un intervento diretto sul risultato elettorale, una sorta di “hedge fund politico” per aziende ad alta concentrazione di capitale e tecnologia. L’effetto psicologico è potente: politici e funzionari sanno che ogni voto, ogni decisione, ogni firma su una legge è osservata attraverso la lente dei miliardi di dollari di Meta.
Se LTF gioca il modello della coalizione e della pressione condivisa, Meta ridefinisce le regole del gioco. È un esperimento di concentrazione del potere economico e politico, dove l’intelligenza artificiale non è solo tecnologia, ma leva di influenza. E mentre l’opinione pubblica dibatte su sicurezza, etica e regolazione, dietro le quinte si costruisce un ecosistema dove la governance aziendale, il controllo finanziario e l’abilità politica si intrecciano senza precedenti.
Meta potrebbe non limitarsi all’AI. La struttura del super PAC permette flessibilità per intervenire su altre questioni, questioni che vanno ben oltre il settore tecnologico. Dai referendum locali a influenze sul congresso e sulla prossima elezione del governatore, Zuckerberg ha creato un veicolo unico per indirizzare le politiche californiane, in modo sistematico e centralizzato. Un esperimento politico in tempo reale, senza precedenti nel panorama tecnologico americano.
Non sorprende, dunque, che gli osservatori vedano questa mossa come un tentativo di proteggere l’azienda e il CEO da minacce legislative, regolatorie e competitive, mentre si continua a costruire un dominio nell’AI. La strategia è chiara: concentrazione di capitale e influenza politica come scudo e leva, creando un nuovo paradigma per il coinvolgimento di Big Tech nella politica statale e nazionale.
La California, fulcro dell’innovazione globale, diventa così teatro di un esperimento politico senza precedenti, dove un CEO può decidere come e quando investire risorse aziendali per plasmare l’agenda elettorale. Il messaggio è chiaro: nell’era dell’AI, il potere non si misura solo in algoritmi, ma anche in miliardi di dollari e capacità di dirigere la politica a proprio favore.
Il super PAC di Meta è un segnale potente: nel futuro delle elezioni californiane, e probabilmente americane, il confine tra tecnologia, capitale e politica diventa sempre più sfumato, e chi controlla la tecnologia potrebbe controllare anche le regole del gioco. Zuckerberg ha mostrato come un’azienda possa trasformarsi in una forza politica autonoma, pronta a intervenire dove la legge non è ancora chiara, e dove la posta in gioco è la leadership mondiale nell’intelligenza artificiale.
Il mondo osserva, e i concorrenti prendono nota: l’innovazione non è più solo questione di prodotti o brevetti, ma anche di capacità di navigare e modellare il sistema politico, prima che esso decida di modellare loro. La mossa di Meta non è solo un’eccezione: potrebbe diventare un precedente, un manuale non scritto per come le aziende tecnologiche di oggi plasmeranno la politica di domani.