Milano continua a brillare come hub tecnologico, ma questa volta lo fa sotto l’ombra di una colonizzazione digitale. Amazon è pronta a realizzare un doppio data center tra Rho e Pero, con un investimento da oltre 750 milioni di euro, mentre il governo italiano firma il decreto di Via il 10 settembre 2025. Il progetto è dichiarato di interesse strategico nazionale, ma il paradosso è evidente: infrastrutture critiche per la sovranità digitale italiana affidate a un colosso straniero. La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale si è chiusa positivamente, ma resta il nodo della dipendenza tecnologica.

Il piano prevede due edifici autonomi ma integrati, su 100mila metri quadrati a 11,5 km da Milano, con 42 generatori di emergenza e 79 Megawatt di potenza IT. Numeri impressionanti che parlano di innovazione e capacità tecnica, ma anche di come il territorio italiano diventi il terreno di gioco di multinazionali globali, che plasmano la rete digitale nazionale secondo logiche proprie. L’investimento promette 1.100 posti di lavoro nei prossimi cinque anni, una consolazione per la politica, ma insufficiente a bilanciare il rischio di perdita di controllo sulle infrastrutture critiche.

Il via libera ministeriale impone regole ambientali stringenti: tracciabilità dei materiali di scavo, monitoraggio dell’aria, limitazioni sui generatori, studi geotecnici e idrogeologici. Tutto impeccabile sulla carta, ma la sovranità digitale non si tutela solo con centraline e prescrizioni: servono infrastrutture realmente italiane, governance nazionale e controllo sui dati strategici. Milano diventa così il simbolo di un’Italia che investe miliardi nel cloud, ma con la gestione delle leve tecnologiche in mano a operatori stranieri.

La Regione Lombardia ha supportato il progetto con la delibera n. XII/4691, confermando la compatibilità ambientale. La città si rafforza come hub digitale, ma il nodo politico rimane: quanto peso può avere il nostro Paese nelle decisioni che riguardano infrastrutture critiche e flussi di dati globali? La colonizzazione digitale avanza silenziosa, tra megawatt, generatori e linee elettriche che collegano Milano al mondo digitale, mentre la sovranità italiana resta più teorica che reale.

Il boom dei data center in Italia e la pressione sulle reti elettriche confermano una tendenza chiara: la modernizzazione tecnologica italiana corre, ma lo fa su binari decisi da attori internazionali. In questa corsa, Milano raccoglie investimenti e posti di lavoro, ma paga il prezzo di una dipendenza strategica che mette a rischio l’autonomia nazionale. La sfida non è più solo tecnologica: è politica, economica e culturale. La colonizzazione digitale non lascia scuse, e il futuro della sovranità tecnologica italiana si gioca su decisioni che ancora oggi sembrano più simboliche che concrete.

Amazon non costruisce solo data center: costruisce un ecosistema digitale globale con regole proprie, potenziando competenze locali ma imponendo standard e logiche di dominio straniero. Milano diventa la vetrina di questo potere, mentre l’Italia riflette su quanto davvero controlla i propri dati e infrastrutture critiche. Il rischio è chiaro: un Paese ricco di capitale umano e infrastrutture può trovarsi tecnologicamente avanzato, ma politicamente subalterno.