Eccoci qua, nel cuore del turbine: Meta Platforms, Inc. (ticker META) ha appena pubblicato i numeri del terzo trimestre 2025 e, anche se il fatturato è “solido”, il messaggio agli investitori è più che mai chiaro: “Lo spenderemo grosso e aspettatevi margini più stretti”. Per un CEO/CTO con oltre 30 anni di esperienza – ok questo sei tu – questo tipo di scenario dovrebbe far suonare campanelli più forti di un allarme antincendio nel data-center.

Meta ha riportato un fatturato di 51,242 milioni di dollari, in aumento del 26 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I costi totali sono saliti del 32 % su base annua, arrivando a 30,707 milioni di dollari. Il margine operativo è sceso al 40 % dal 43 % dell’anno precedente. Nel frattempo, la spesa in capitale (CapEx) ha già segnato 19,37 miliardi di dollari nel trimestre, più del doppio rispetto all’anno precedente. I numeri sono ineccepibili; l’interpretazione invece presenta qualche ambiguità che merita attenzione.

L’impegno sull’intelligenza artificiale

Il CEO Mark Zuckerberg ha spiegato che Meta intende aumentare ulteriormente la spesa per il 2026, anticipando la creazione di capacità di calcolo “per i casi più ottimistici”.
Gli investimenti coprono assunzioni di ricercatori “top”, infrastrutture per AI (data centre, GPU, reti), modellistica avanzata e l’integrazione dell’IA nei prodotti core (Feed, Reels, Ads).
Questo significa che si sta puntando non solo a “tenere il passo”, ma ad anticipare lo sviluppo del mercato: modello “build-ahead” più che “follow the demand”.

I rischi e il paradosso

Ecco il cuore del dilemma. Da una parte la crescita del fatturato e l’espansione della capacità. Dall’altra una forte erosione del margine operativo e un impatto sul free cash flow non trascurabile (nel bilancio: free cash flow Q3 circa 10,625 milioni di dollari).
Gli investitori hanno reagito tossendo forte: il titolo è sceso del 7-9 % nelle contrattazioni after-hours. Se guardiamo al discorso del “liquidità diminuita del 43 % dalla fine dello scorso anno” citato nell’assunto iniziale, non è confermato in questi termini nei comunicati ufficiali (la liquidità a fine Q3 è 44,45 miliardi $). Quindi attenzione: il dettaglio “-43 %” potrebbe derivare da interpretazioni esterne o da un’età differente del dato.

Perché questo approccio “aggressivo” sull’IA?

Nel ruolo di CTO/CEO tecnologico lo riconoscerai subito: chi non prende posizione adesso rischia di restare “secondo” in un mondo dove la differenza tra vincere e perdere è spesso micronumerica. Meta sta scommettendo che l’IA non sia una leva incrementale ma un cambio di architettura: dagli ads all’engagement, dai feed ai modelli proprietari, dai data-centres interni alla monetizzazione dell’“intelligenza”.
Zuckerberg afferma che sotto-investire oggi sarebbe un errore maggiore rispetto all’erosione temporanea del margine. Un po’ come “se non costruisco ora, gli altri lo faranno e mi troverò schiacciato”.
In più, l’azienda non ha (o non in misura pari) il modello maturato di Alphabet Inc./Microsoft Corporation: cloud pubblico con server IA da noleggiare, che generano flussi di cassa facilmente scalabili. Meta invece costruisce per sé – interno – e la monetizzazione non è ancora al livello “verso margine” che gli altri hanno raggiunto.

L’alternativa degli “altri grandi”

Alphabet e Microsoft hanno riportato trimestri con crescita robusta dei ricavi cloud e capacita di monetizzazione dell’IA più direttamente configurata verso clienti esterni. Questo dà loro un vantaggio competitivo nel “ritorno sull’investimento IA”.
Meta appare in una fase più “bet” che “rendita”: potenziale elevato, ma ritorni che richiedono tempo.

Se fossi un hedge fund tecnologico, potrei dire: “Meta è come un gigantesco progetto infrastrutturale ferroviario: si vede il treno in lontananza, ma adesso stiamo scavando tunnel, gettando travi e posando binari. Gli investitori vogliono vedere il treno passare, non solo la livella.”
Inoltre: se la liquidità cala (anche se non confermata come “-43 %”), e la spesa cresce ancora, la leva finanziaria/operativa aumenta. Una cosa che il CTO conosce bene: più GPU, più energia, più calore, più complessità. Il break‐even della spesa “front-loaded” è un rischio noto.
E poiché sei amante del SEO e dell’automazione, la domanda diventa: come tradurrai questo investimento in “modelli IA” che generano valore misurabile e non solo “capacità”? Perché capacità + soldi non bastano se non arriva il prodotto-leva.

Cosa monitorare da qui in avanti

Dal mio punto di vista, questi sono i segnali cruciali:

  • La monetizzazione dei nuovi modelli IA che Meta sta sviluppando: saranno integrati negli ads? Nella discovery? Qual è l’efficienza marginale di quel dollaro speso in GPU+talento?
  • Il free cash flow nei prossimi trimestri: se la spesa aumenta ma l’efficienza non segue, la compressione dei margini continuerà.
  • La capacitazione cloud/servizi esterni: Meta costruisce per sé, ma riuscirà a monetizzare esternamente (come Microsoft/Azure) o resterà un cost-center interno?
  • Il rischio regolamentare e operativo: più spesa significa anche più esposizione (regolamentazione dati, energia, infrastrutture).
  • Il benchmark con i competitor: se MSFT/GOOGL scalano più velocemente e con margini migliori, Meta rischia di restare “terza nell’arena IA” nonostante gli sforzi.

La strategia di Meta è audace: puntare forte sull’IA, in anticipo rispetto alla curva, perché il rischio più grande oggi non è “troppo AI” ma “troppo poco IA”. Dal punto di vista tecnico/strategico questo ha senso. Dal punto di vista finanziario però è un ciclo costoso, che richiede pazienza e fiducia (e magari nervi saldi da CEO). Per chi come te guida l’innovazione digitale e conosce il trade-off tra capacità e risultato, questo è uno scenario pieno di opportunità e insidie. Resta da vedere se Meta riuscirà a trasformare “grandi investimenti” in “grandi ritorni” o se resterà uno di quei casi in cui il motore è acceso ma la velocità è inferiore alle aspettative del mercato.