OpenAI e la sindrome dell’iPhone fantasma: come Altman e Ive vogliono rifare il mondo da zero

Siamo arrivati all’inevitabile punto di fusione: intelligenza artificiale e hardware iconico. OpenAI ha appena acquistato io, la startup hardware fondata da Jony Ive, il guru del design Apple che ha disegnato tutto ciò che avete mai desiderato toccare con un dito. Ma non aspettatevi un clone dell’iPhone. Altman e Ive non stanno solo progettando un gadget. Stanno cercando di impacchettare il futuro e infilarlo in tasca, senza che vi sembri un’altra app da aggiornare.

L’accordo, valutato circa 6,5 miliardi di dollari, non è solo una transazione. È un’implosione creativa tra chi ha definito l’estetica digitale degli ultimi vent’anni e chi oggi tiene per la gola la narrativa sull’AI. Perché quando Altman dice “è una nuova cosa”, non è solo marketing è una dichiarazione di guerra all’inerzia tecnologica. E il fatto che Ive abbia pubblicamente definito “scadenti” i recenti esperimenti di AI wearable come Humane Pin e Rabbit R1 è più che una stoccata: è un monito. Basta mezze soluzioni, basta gadgetini sfigati con UI da PowerPoint. Si riparte da zero.

Google trasforma l’intelligenza artificiale in un cartellone pubblicitario interattivo

È successo di nuovo. Google, il semidio dell’algoritmo e padrone indiscusso dell’attenzione umana, ha trovato un altro modo per trasformare la nostra sete di risposte in un’occasione pubblicitaria. Con una mossa che sa di geniale cinismo, la Big G ha annunciato che inizierà a testare gli annunci pubblicitari all’interno della modalità AI – quella stessa che prometteva “risposte pure”, sintetiche, oggettive. Spoiler: saranno monetizzate.

No, non si tratta di un abbellimento grafico o di un badge sponsorizzato mimetico in stile “contenuto consigliato”. Qui si parla di Search Generative Experience, o meglio, dell’ennesima mutazione del motore di ricerca in vetrina programmabile. La parola chiave è AI Mode, con un’estensione semantica ben definita: pubblicità in AI Overviews, Performance Max, Search campaigns. E sì, se stai già pagando, la tua pubblicità potrebbe essere infilata direttamente dentro la risposta generata dall’IA. E se non lo stai facendo, beh, accomodati o scompari.

Intelligenza artificiale e il grande bluff: come le macchine hanno imparato a mentire meglio di noi

Nel 2019, uno dei padri fondatori dell’intelligenza artificiale moderna, Yann LeCun, con quel tono da professore che ne ha viste tante e non si scompone mai, liquidava con sarcasmo le preoccupazioni sulla convergenza strumentale. Cioè quell’ipotesi a suo dire fantascientifica secondo cui una AI sufficientemente avanzata potrebbe iniziare a sabotare l’essere umano per perseguire i propri obiettivi. Oggi, a distanza di sei anni, il sarcasmo si scioglie nell’imbarazzo: quella fantasia ha appena bussato alla porta, e sembra conoscere il nostro nome, il nostro indirizzo IP e persino i nostri gusti su Spotify.

Jensen Huang contro l’embargo tecnologico: come affossare Nvidia e svegliare il drago cinese

Quando un CEO di Silicon Valley smette di usare il linguaggio patinato da earnings call e inizia a parlare come un barista incazzato al terzo giro di bourbon, forse è il momento di ascoltare. Jensen Huang, patron di Nvidia, non è certo noto per le mezze misure, ma stavolta ha deciso di strappare direttamente il copione della diplomazia e dire le cose come stanno: i controlli sulle esportazioni di chip AI verso la Cina? Un boomerang perfetto. Un’idiozia geopolitica camuffata da strategia.

IBM Agentic AI in Financial Services

Facciamo un po’ di pubblicità gratuita (purtroppo) alla grande IBM. Agenti AI la nuova frontiera o il cavallo di troia per le banche?

Se pensavate che l’intelligenza artificiale si limitasse a rispondere educatamente alle vostre domande o a suggerirvi prodotti in modo più o meno convincente, vi siete persi l’ultima rivoluzione silenziosa. IBM, che non è certo l’ultimo arrivato nel mondo tech, ha appena lanciato un allarme e una sfida alle banche: siete veramente pronte per l’Agentic AI? Quella roba lì che non sta a farvi il caffè virtuale, ma che si prende carico di pianificare, agire, imparare da sola e migliorarsi senza che un essere umano le stia costantemente addosso.

Apple apre le porte agli sviluppatori esterni per sfruttare la sua AI, ma la strada è tutta in salita

Chi pensava che Apple fosse arrivata prima o poi anche nell’arena dell’intelligenza artificiale generativa si è illuso. No, non perché Cupertino non abbia voglia o mezzi, ma perché l’azienda ha costruito negli anni un ecosistema troppo “chiuso” per lasciare spazio a chi non sia già in casa. Ora però, finalmente, la mela morsicata sembra pronta a dare ai terzi la possibilità di sfruttare i suoi modelli AI, seppur con tante limitazioni, in uno sforzo che assomiglia più a una corsa in ritardo che a una mossa da leader.

Elon Musk e il sogno tossico del tuo personale C-3PO

L’idea che ognuno di noi avrà un proprio robot umanoide personale, come un R2-D2 o un C-3PO, suona esattamente come uno di quei sogni febbricitanti da conferenza TED a tarda notte, con pubblico in visibilio e slide animate in stile Pixar. Ma Elon Musk, come sempre, non sta giocando: “La domanda per i robot umanoidi sarà insaziabile”, ha detto nell’ultima metà dell’intervista a CNBC. Roba da prendere o lasciare. Per lui, entro il 2030, Tesla sarà una robot factory più che un produttore di auto elettriche. E, ovviamente, non si parla di giocattoli intelligenti da salotto, ma di masse meccaniche autonome addestrate su cluster da un gigawatt e istruite con modelli linguistici più intelligenti del tuo commercialista.

Intelligent Robot Exhibition di Guangzhou Robot cinesi come cavallette: ecco il nuovo Far West tecnologico

Benvenuti a Guangzhou, dove l’Intelligenza Artificiale cammina, parla e monta auto meglio del tuo apprendista sotto pagato. No, non è l’inizio di un film distopico, è semplicemente la Cina che con la solita furia produttiva da post-rivoluzione culturale in salsa digitale sta trasformando il settore della robotica in quello che l’automotive elettrico era qualche anno fa: una giungla darwiniana di start-up, colossi e sogni di silicio, dove l’unica certezza è che sopravvive solo chi ha le spalle coperte (o i chip giusti).

All’International Intelligent Robot Exhibition di Guangzhou di questa settimana c’erano 800 espositori. Ottocento. A occhio, un evento più affollato del traffico sulla Tangenziale Ovest un lunedì mattina. E la sensazione che si respirava? Un misto tra Fiera di Canton e borsa valori impazzita: tutti a caccia di volumi, capitali, clienti — con il sorriso stampato sul volto in puro stile PRC. Anche perché, dopo anni di tensioni e dazi, gli Stati Uniti hanno abbassato le tariffe. Tradotto: semaforo verde per la penetrazione occidentale. Ma stavolta non si tratta di giacche Zara o telefoni Xiaomi, ma di macchine capaci di pensare, agire e — presto — sostituire l’uomo medio.

Project Aura: se l’AI avesse gli occhi a mandorla

Chi ha ancora il coraggio di nominare Google Glass senza un mezzo sorriso sarcastico, probabilmente ha rimosso anni di fallimenti tecnologici e pitch da conferenza TED destinati all’oblio. Ma eccoci di nuovo: Google ci riprova, stavolta alleandosi con i cinesi di Xreal, ex Nreal, quelli che volevano farci indossare il futuro mentre ancora faticavamo a togliere le etichette dagli occhiali da sole.

La tua auto non ti sopporta più, ma ora almeno ti capisce: Volvo integra Gemini e cambia tutto Google I/O 2025

Volvo non vuole più solo costruire auto. Vuole costruire coscienze su ruote. E grazie a Google, ci sta riuscendo. Alla faccia delle dichiarazioni da salotto sulle “partnership strategiche”, qui siamo davanti a qualcosa di molto più crudo: una colonizzazione silenziosa della plancia di comando da parte dell’intelligenza artificiale. E Gemini, il nuovo chatbot AI di Google, è il cavallo di Troia. Elegantissimo, funzionale, ma pur sempre un cavallo di Troia.

Governance mutante: l’ecosistema perverso tra umano e digitale al Forum PA

Avete presente quando si entra in un ufficio pubblico e l’odore di carta stantia e burocrazia fossilizzata vi assale come un punch nello stomaco? Ecco, dimenticatelo. O meglio, fatelo convivere con il futuro, perché oggi si parla con toni salvifici e un lessico da conferenza ONU di “nuova governance”. Ma non una qualsiasi, no: una governance con “accezione più ampia”, un Frankenstein istituzionale dove l’umano e il digitale danzano in un ecosistema “generale” e anche, udite udite, “perverso”.

Agentic web: l’intelligenza artificiale ha già capito che collaborare è meglio che competere

L’intelligenza artificiale ha appena fatto un passo più avanti dell’economia neoliberale. Ha scoperto il segreto che le grandi corporate fingono di ignorare da decenni: collaborare conviene. E così, mentre i colossi del tech ancora si lanciano frecciatine a colpi di comunicati stampa e brevetti incrociati, le loro AI iniziano a parlarsi. Letteralmente.

Benvenuti nell’era dell’Agentic AI, l’ultima buzzword della Silicon Valley che, sotto il profilo tecnico, cela una piccola rivoluzione di interoperabilità e architetture decentralizzate, e sotto quello strategico, un clamoroso smacco al culto del walled garden. È finita l’epoca in cui ogni agente conversazionale era confinato nel suo ecosistema chiuso, incapace di interagire con altri assistenti, bot o sistemi intelligenti se non tramite API goffe e laboriose. Ora, gli agenti iniziano a orchestrarsi fra loro, come una rete neurale sociale, anzi una rete agentica.

Google I/O 2025: Everything Revealed in 15 Minutes

Mountain View, California. Quello che una volta chiamavamo “sistema operativo” è morto. Long live the OS. Google, con il solito sorrisetto da nerd salvamondo, ha appena messo una pietra tombale su Android, Chrome, Search, persino Workspace. Tutti questi non sono più prodotti: sono solo container in cui vive un’unica, gigantesca creatura postumana chiamata Gemini. L’AI non è più una feature, è il motore. Il sistema operativo. L’interfaccia. E, se vogliamo essere onesti, il burattinaio.

Google I/O 2025 Addio Zoom, benvenuto ologramma: Google e HP reinventano la videoconferenza Google Beam

Nel teatrino sempre più affollato delle promesse sull’“ufficio del futuro”, Google e HP hanno appena lanciato una bomba al Google I/O 2025: si chiama Google Beam, ed è la versione commerciale del vecchio Project Starline, ora pronta a uscire dai laboratori per entrare nelle sale riunioni. Una tecnologia che promette di trasformare le videochiamate da pixelate sessioni di noia in esperienze immersive tridimensionali, grazie a un sistema avanzato di telecamere e display 3D.

Google I/O 2025 l’intelligenza artificiale baraccona: il reality show infinito di DeepMind SynthID Detector, cheating e watermark invisibili

C’è un nuovo sceriffo in città, e si chiama SynthID Detector. Google DeepMind ha deciso di tirare fuori dal cilindro un altro coniglio marchiato AI: un tool capace di sniffare contenuti generati artificialmente attraverso immagini, video, audio e attenzione, attenzione persino il testo. No, non stiamo parlando del solito filtro per le fake news o di un misero plugin per PowerPoint, ma di una tecnologia che incide “watermark invisibili” nelle scelte probabilistiche delle parole, lasciando dietro di sé un’impronta digitale quasi mistica, simile al respiro di un fantasma digitale.

Perché questa tecnologia sta facendo rumore? Perché la parola chiave qui è deepfake. O meglio: deepfake, disinformazione, cheating. E quando questi tre demoni danzano insieme sullo stesso palco, è il momento di accendere i riflettori. SynthID Detector promette di essere l’occhio di Sauron che tutto vede — o almeno tutto ciò che è stato generato dagli strumenti AI di Google: Lyria, Imagen, NotebookLM, Gemini. Un po’ come se Sherlock Holmes lavorasse per Google e avesse imparato a leggere tra le righe digitali del codice.

Google I/O 2025 vuole gli occhi del mondo: l’AI diventa una lente e Zuckerberg inizia a sudare

Nel grande luna park dell’innovazione tecnologica, ci sono attrazioni che si ripetono a intervalli regolari come i giri della giostra: intelligenze artificiali che diventano maggiordomi digitali, automobili che si guidano da sole, e… occhiali smart. Sì, quegli stessi occhiali che dieci anni fa ci hanno fatto vergognare dei nerd di Mountain View e oggi promettono di renderci cyborg da passerella. Ora che anche Google è tornata in pista, con Samsung e Gentle Monster a fargli da stylist, la battaglia sugli occhi del mondo è ufficialmente riaperta.

Frank Cooper III Marketing o fantascienza? Visa e l’AI che sta per svuotarci il carrello

Frank Cooper III, Chief Marketing Officer di Visa, ha appena fatto il suo show a POSSIBLE, la conferenza dove i marketer fanno finta di parlare del futuro mentre cercano di venderti il presente in saldo. Sul palco di NYSE TV, ha detto la verità – o almeno una sua versione molto ben pettinata – sull’intelligenza artificiale nel marketing e su cosa sta realmente cambiando nel commercio globale. Spoiler: se pensi che basti un bel logo o un claim accattivante, sei già fuori dal mercato. Ma tranquillo, non sei solo.

Telecommercio 3.0: quando l’IA ti vende le scarpe del tronista prima che si alzi dal divano Shopsense AI

Lo chiamano “content commerce” o “shoppable content”, ma la verità è che ci stiamo avvicinando alla fine della distinzione tra contenuto e pubblicità. Shopsense AI, nuova startup fondata da ex cervelli di Amazon e Klarna, non vuole venderti una nuova esperienza televisiva. Vuole venderti direttamente la maglietta che hai appena visto indosso a un concorrente di un reality. E sì, lo fa con l’Intelligenza Artificiale. Ovviamente.

Chiariamoci: gli influencer guadagnano sulle affiliazioni da più di dieci anni, mentre le emittenti televisive, quelle vere, sono rimaste ferme con la pubblicità da rotocalco. Spot lineari, pianificazione, GRP, break pubblicitari da 30 secondi e misurazioni stile preistoria Nielsen. Loro parlano ancora di “prime time”. Intanto TikTok ti vende l’eyeliner durante un balletto.

Google I/O 2025 Sergey Brin e il grande ritorno: il pensionato più attivo della Silicon Valley

Sergey Brin, cofondatore di Google e una delle menti più elusive della Silicon Valley, ha fatto un’irruzione improvvisa durante il fireside chat di Demis Hassabis, CEO di Google DeepMind, all’I/O 2025. Niente annunci ufficiali, nessuna slide: solo Brin, un microfono e quella consueta nonchalance da miliardario che non ha più nulla da dimostrare.
Quando il moderatore Alex Kantrowitz gli ha chiesto come trascorresse le giornate, Brin ha risposto con la sua tipica miscela di sarcasmo e understatement:


“Credo di torturare persone come Demis, che tra l’altro è fantastico.”


Poi, quasi come parlasse del suo hobby domenicale, ha aggiunto:
“Ci sono persone che lavorano sui modelli di testo Gemini, sul pretraining e sul post-training. Per lo più quelli. Ogni tanto mi immergo nel lavoro multimodale.”


Un modo molto Brin-style per dire: “Sto supervisionando le fondamenta dell’AI generativa destinata a riscrivere l’intero tessuto dell’economia globale.

Kalshi, Musk e il casinò dell’intelligenza artificiale: il futuro delle scommesse è manipolabile

C’è qualcosa di tremendamente poetico o profondamente inquietante nell’immaginare un algoritmo allenato su X, l’ex Twitter, come nuovo oracolo moderno per scommettitori finanziari, fanatici della geopolitica, e trader della domenica. L’ultima mossa di Kalshi, la piattaforma di prediction market dove si può scommettere su tutto tranne che sulla durata del proprio matrimonio, è l’integrazione dell’AI di xAI di Elon Musk. Tradotto: stiamo per entrare nell’era delle scommesse guidate da un’intelligenza artificiale addestrata su tweet, meme, flame, e deliri da 280 caratteri.

Flow con Veo 3 Video generati dall’intelligenza artificiale: Google I/O 2025 vuole farlo sembrare hollywood, ma è tiktok col dopamina boost

(Google post) Flow. No, non è un nome da codice segreto per una nuova droga sintetica, ma l’ennesimo tool con cui Google vuole convincerci che il futuro del video è un algoritmo che sogna. E mentre la Silicon Valley si diverte a giocare al piccolo Spielberg con modelli come Veo 3, Imagen 4 e compagnia cantante, il resto del mondo si chiede: serve davvero tutto questo? Spoiler: sì, ma non come pensano loro.

Gemini in Chrome: la stampella digitale per chi non ha più voglia di pensare Google I/O 2025

Benvenuti nell’era del browser che pensa per voi. Google ha ufficialmente piazzato il suo assistente Gemini dentro Chrome, annunciandolo con entusiasmo da palco durante il Google I/O. Sì, proprio lì, tra mille slogan e demo studiate al millisecondo. L’idea? Un browser che non si limita più a “navigare”, ma inizia ad “assistere” con quella premura un po’ inquietante di chi vuole fare tutto al posto tuo.

Vedere come ti sta davvero: Google I/O 2025 trasforma il guardaroba con l’intelligenza artificiale

Vedere come ti sta un capo d’abbigliamento senza dover uscire di casa? ora google prova a trasformare questo desiderio in realtà, ma con una spruzzata di intelligenza artificiale che promette di rivoluzionare (o almeno complicare) il modo di fare shopping online.

Il nuovo esperimento, attivo in search labs negli stati uniti, ti permette di caricare una tua foto a figura intera e farti vedere come ti starebbe quella camicia, quei pantaloni o quel vestito che hai appena cercato su google. niente più modelli fissi, niente più immaginazione: l’algoritmo dice di “capire” il corpo umano e le sue mille pieghe, come i tessuti si drappeggiano, si stirano o si deformano su corpi diversi. insomma, una specie di sarto virtuale che lavora con pixel e deep learning.

Google Imagen 4: l’arte dell’immagine AI diventa una questione di velocità e perfezione tipografica Google I/O 2025

L’ultimo gioiello di Google nel campo della generazione automatica delle immagini, Imagen 4, arriva con una promessa tanto ambiziosa quanto inevitabile in un settore che si evolve con la rapidità di un refresh di schermata: qualità strabiliante e precisione tipografica superiore. Dietro queste due semplici affermazioni si nasconde un’evoluzione che, seppur annunciata con la compostezza di un comunicato ufficiale, grida al mondo dell’AI: “Abbiamo fatto il salto di qualità.” Il vicepresidente di Google Deepmind, Eli Collins, non si risparmia in elogi, sottolineando la fusione “tra velocità e precisione” come il vero punto di forza di questa versione.

Google I/O 2025 il futuro distopico di Astra: quando l’assistente google ti spiava senza dirti niente

Ti ricordi quel momento al Google I/O 2024, quando hanno tirato fuori Project Astra, quella specie di intelligenza artificiale multimediale che ti osserva come un falco da cima al palo? No, non è un prodotto per il grande pubblico. Non ancora. È più un laboratorio mentale, un concept car tecnologico che Google usa per testare la fantascienza delle AI assistenti universali. Greg Wayne di DeepMind la definisce così, e non c’è nulla di più calzante: Astra è l’esibizione delle ambizioni più sfrenate di Google in tema di AI, un po’ come quel prototipo futuristico che vedi al salone dell’auto, troppo avanti per essere venduto, ma che ti fa già sognare.

Adesso però la situazione si fa più inquietante. Astra non si limita più a rispondere alle tue domande o a ricordarti dove hai lasciato gli occhiali usando la fotocamera dello smartphone. No, questa creatura sta imparando a intervenire senza che tu dica nulla, a diventare proattiva. Il che, detto in parole semplici, significa che ti sta spiando in continuazione, osserva, ascolta, giudica e decide quando è il momento di rompere il silenzio per dirti qualcosa. “Astra può scegliere quando parlare basandosi sugli eventi che vede”, e già questa frase fa venire in mente scenari da Grande Fratello in versione AI.

Google AI Mode: il futuro della ricerca che riscrive le regole Google I/O 2025

Avete presente quando cercate qualcosa su Google e vi ritrovate con una pagina piena di link azzurri da cliccare, sperando che uno di questi vi dia una risposta sensata? Bene, dimenticate tutto. Google ha deciso di mettere un chatbot alla guida della sua ricerca, chiamandolo AI Mode, un’anteprima di quella che sarà la rivoluzione totale nel modo di fare search online. Non è più solo “trova l’informazione e te la consegno”, ma “ragiono, sintetizzo, connetto, ti risolvo il problema”. Roba che nemmeno il miglior cervello umano potrebbe tenere a mente in tempo reale.

Google non sta facendo il miracolo dell’ultimo minuto, anzi, ci ha lavorato da quasi un decennio dietro le quinte. Quella “T” di ChatGPT non è un mistero: sta per transformer, tecnologia nata proprio nei laboratori Google nel 2017. Mentre tutti sembrano scoprire ora le meraviglie dell’intelligenza artificiale, Google annuncia senza mezzi termini “noi l’abbiamo inventata per primi, per la ricerca”. E non è una semplice curiosità da geek, è la base del prossimo salto evolutivo per chiunque cerchi informazioni online. Nick Fox, il capo dei prodotti legati alla conoscenza di Google, ha dichiarato che nei prossimi anni la ricerca sarà così diversa da oggi da essere praticamente un altro prodotto, più “intelligente” e meno “indifferente”.

AI Ultra L’Intelligenza Artificiale secondo Google I/O 2025: 249 dollari al mese per farti sentire povero

Google ha appena lanciato il suo nuovo piano “AI Ultra”, una sottospecie di abbonamento d’élite alla sua AI Gemini 2.5 Pro con un prezzo che suona più come una minaccia che come una proposta: 249,99 dollari al mese. Una cifra che fa sembrare le bollette della luce un hobby. Ma tranquilli, c’è anche il contentino: uno sconto per i primi abbonati. Come dire: la prima dose è gratis, poi paghi caro.

Questo nuovo pacchetto non è solo un servizio. È un messaggio. Un’affermazione di potere. Di esclusività. Di un futuro dove l’accesso all’AI non sarà solo una questione di tecnologia, ma di classe sociale. “AI Ultra” suona come un club privato con la portinaia in tailleur e il caffè servito in porcellana.

Google ’I/O 2025 Live Search: l’occhio del padrone è finalmente l’algoritmo

C’è un momento, nel progresso tecnologico, in cui l’illusione di libertà si trasforma in un reality show a cielo aperto. Quel momento, per Google, ha un nome preciso: Live Search. Un’idea tanto brillante quanto inquietante, il cui debutto è stato ufficializzato all’I/O 2025 e che ora si appresta a diventare parte integrante di Google Search, nella sua nuova, tanto chiacchierata, AI Mode. La stessa modalità che promette di farci interagire con la rete come se fosse un assistente personale onnisciente. O, più verosimilmente, come se fosse la nostra mamma ficcanaso, ma con accesso a tutti i database del mondo.

Ma cosa fa davvero questo Live Search? Semplice: trasforma la tua fotocamera in un oracolo. O, più precisamente, in un canale diretto con l’intelligenza artificiale di Google, che guarda attraverso i tuoi occhi digitali e ti risponde in tempo reale su qualsiasi cosa tu stia inquadrando. Dal contenuto della tua dispensa, alla marca del vino sulla tavola del vicino, passando per quella pianta in soggiorno che continua a morire nonostante le tue attenzioni.

Google I/O 2025: la sfida titanica tra intelligenza artificiale e l’ombra di ChatGPT

Il video di apertura dell’I/O generato dall’intelligenza artificiale di Google utilizzava un nuovo modello di generazione video, Veo 3.

Eccoci di nuovo al Shoreline Amphitheater di Mountain View, epicentro della techno-magia di Google, pronti a decifrare l’ennesimo atto di un dramma che non smette mai di rinnovarsi. Qui, a Google I/O 2025, l’aria è pesante di aspettative e ansie. Non aspettiamoci novità hardware in pompa magna, perché il vero campo di battaglia è l’IA. Inutile girarci intorno: la minaccia ChatGPT incombe come un fantasma con la sua fama di “killer” del motore di ricerca tradizionale. Google, l’impero dei dati, deve dimostrare di avere qualcosa di più, di meglio, qualcosa che non solo possa competere, ma dominare e questo qualcosa si chiama Gemini.

DHH e il warrant da record: quando il mercato ti spalanca le porte con otto volte la domanda

Quando il mercato ti dice “Sì, grazie, ne vogliamo di più”, non è mai solo fortuna. DHH S.p.A. ha appena passato un crocevia decisivo con la presentazione della domanda a Borsa Italiana per l’ammissione a quotazione del “Warrant DHH S.p.A. 2025-2028”, ma la notizia più succosa non è questa. Il vero scoop è che il collocamento del warrant ha fatto il botto: l’intera emissione di poco più di un milione di titoli è andata esaurita in un battito di ciglia, con richieste che hanno superato la soglia degli otto milioni.

System 0: il cervello esterno che pensa meglio di noi

La prossima volta che pensi di essere intelligente perché hai letto Kahneman e sai distinguere tra il pensiero veloce e quello lento, fermati un attimo. Il tuo cervello sta già delegando parte del lavoro sporco a qualcosa che non sei tu. Non parliamo di una segretaria virtuale o del tuo algoritmo Netflix preferito, ma di un vero e proprio cervello esterno. Benvenuto nell’era del System-0, dove la tua intelligenza non ti appartiene più al 100%.

No, non è fantascienza e neppure un’altra trovata post-umanista da salotto. È una nuova architettura cognitiva. Dietro ci sono nomi pesanti: Massimo Chiriatti di Lenovo, Marianna Ganapini, Enrico Panai, Mario Ubiali, e Giuseppe Riva. Non proprio gli ultimi arrivati. Hanno formalizzato ciò che in molti – tra cui chi scrive – osservavano da tempo: la nostra mente è già ibridata.

AMD scarica la zavorra: la manifattura di ZT Systems svenduta a Sanmina per $3 miliardi

AMD, nel ruolo sempre più teatrale del protagonista che finge di non volere il potere mentre lo accarezza in silenzio, ha chiuso un’operazione che è tutto tranne che banale: ha venduto la divisione manifatturiera di ZT Systems a Sanmina (NASDAQ:SANM) per 3 miliardi di dollari. Di questi, 2,55 miliardi arrivano subito, tra contanti e azioni, mentre il restov450 milioni di earn-out dipende dai soliti “se tutto va bene” dei prossimi tre anni. Tradotto: AMD ha appena fatto il taglio chirurgico di un ramo secco, ma ha tenuto per sé il midollo.

Intelligenza artificiale senza frontiere: il matrimonio tra G42 e Mistral AI è molto più di un accordo tecnologico

Abu Dhabi incontra Versailles, e no, non è l’inizio di una barzelletta. È lo scenario barocco politicamente perfetto in cui G42, il conglomerato tech degli Emirati già benedetto dai fondi e dai sorrisi di Microsoft, ha ufficializzato la sua liaison con Mistral AI, la startup francese che si spaccia per paladina dell’open source europeo nel mondo dell’intelligenza artificiale. Una partnership annunciata durante il summit Choose France, dentro al Palazzo di Versailles, tra specchi dorati e retorica sulla “sovranità digitale”. Eppure dietro gli abbracci diplomatici si nasconde una manovra geopolitica raffinata e molto concreta: costruire una piattaforma AI sovranazionale, interoperabile e scalabile, che abbia basi non solo tecniche ma anche ideologiche. O così almeno vogliono farcela bere.

Quando il quantistico si fa serio: D-Wave Advantage2 e la fine dell’illusione classica

Immagina di avere una Ferrari F1 nel garage mentre tutti gli altri vanno ancora in bicicletta. Non la usi per andare al supermercato, ma quando ti serve vincere. Questo è, in buona sostanza, ciò che rappresenta oggi il lancio del sistema Advantage2 di D-Wave: una macchina fuori scala, progettata per risolvere problemi che i supercomputer classici quelli da milioni di dollari e consumi da centrale nucleare guardano con sconcerto e imbarazzo. E lo fa consumando quanto un paio di asciugacapelli.

Siamo di fronte a un cambio di paradigma? No, siamo oltre. Qui si parla di una realtà in cui la computazione quantistica annealing, spesso snobbata dagli accademici puristi del gate model, mostra muscoli e cervello al tempo stesso. Parliamo di un’architettura costruita non per impressionare con esperimenti da laboratorio, ma per fare business, ora.

Urina, algoritmi e tumori: la rivoluzione silenziosa di PSI contro l’HPV

Una startup di Hong Kong, che fino a ieri confezionava tamponi per il COVID come fossero spaghetti istantanei, oggi ha raccolto 34 milioni di dollari per un test all’apparenza banale, ma con potenziale da unicorno biotech: rilevare l’HPV (virus del papilloma umano) con l’urina. Non un Pap test, non un prelievo, niente speculum medievali o stiramenti imbarazzanti sul lettino ginecologico. Solo pipì. In provetta. A casa.

Se ti suona troppo bello per essere vero, benvenuto nel mondo della medicina molecolare del 2025, dove i biomarcatori galleggiano in campioni che nessuno voleva, ma che ora sono oro liquido. Letteralmente: 34 milioni di dollari lo confermano.

Xiaomi e l’illusione del nanometro patriottico: XRing O1, marketing quantistico o vera rivoluzione?

Nel meraviglioso mondo delle “rivoluzioni da conferenza stampa”, Xiaomi ha appena sparato il suo missile più lucido: il system-on-a-chip XRing O1 da 3 nanometri. Un nome che pare uscito da una fanfiction tra Cyberpunk 2077 e un catalogo AliExpress. Annunciato con toni messianici da Lei Jun su Weibo, il nuovo SoC alimenterà gli imminenti 15S Pro e Pad 7 Ultra. Ma attenzione: dietro il linguaggio trionfalistico si nasconde una delle più sottili operazioni di comunicazione tecnologica degli ultimi anni, degna di un’analisi tra ingegneria e geopolitica.

Cloud made in Europe: sovranità, GDPR e il sogno norvegese che forse non c’è

Let’s be honest, the European cloud narrative is tired of playing second fiddle to AWS, Google Cloud e Microsoft Azure. La retorica dell’autonomia digitale europea è una litania da Bruxelles, ma finalmente, nel concreto, qualcosa si muove. E mentre gli americani si mangiano il 70% del mercato cloud europeo, qualcuno — in Europa — ha deciso che forse è ora di cambiare musica. Più che una rivoluzione, è un’inferenza: si chiama REGOLO:AI, e la parola d’ordine è cloud europeo.

Dietro al sipario dei big tech si agita un ecosistema in fermento, composto da provider nativi europei che mettono al centro sovranità dei dati, conformità GDPR e un pizzico di sostenibilità ambientale — non solo come marketing greenwashing, ma come parte dell’architettura stessa. Il punto? Il cloud è infrastruttura critica. Affidarlo a entità sotto giurisdizione USA è come lasciare le chiavi della cassaforte a un vicino affabile ma con precedenti per furto con scasso.

E allora: esiste un’alternativa europea? Sì. Anzi, esistono almeno 13 provider che dovresti già conoscere. Ma… aspetta. Prima la domanda cruciale.

Perplexity, la startup che brucia milioni per comprarsi il futuro

Nel mondo dell’IA, dove la realtà viene fabbricata a colpi di prompt e pitch da 100 slide, Perplexity è diventata la nuova musa dei venture capitalist. Tre anni di vita, quasi 900 milioni di dollari raccolti come fossero noccioline e, naturalmente, una fame da startup affamata di… altre startup. Sì, perché con un mercato VC in letargo farmacologico, loro fanno shopping: acquisiscono, ingoiano, assorbono. E bruciano cassa. Con stile.

Mentre la maggior parte delle startup piange miseria, taglia team, cerca seed disperatamente come un cane cerca l’acqua nel Sahara, Perplexity si diverte. Non a diventare profittevole, sia chiaro 34 milioni di ricavi contro 65 milioni di cassa bruciata nel 2023. Una sinfonia già sentita, direbbe un qualsiasi CFO con un po’ di dignità contabile. Ma la logica qui non è quella dell’impresa, è quella del racconto. Del “narrative arbitrage“, come dicono quelli che parlano bene e falliscono meglio.

Eric Schmidt Il vero potere dell’AI? Non è il linguaggio. È la guerra.

Eric Schmidt, ex CEO di Google e attuale oracolo tecnologico con l’aria di chi ha già visto il futuro (e ci ha investito), non crede all’hype sull’intelligenza artificiale. No, pensa che l’hype sia troppo poco. Una provocazione? Sì, ma anche una dichiarazione di guerra. Perché quello che Schmidt sta dicendo con la calma glaciale di chi ha già giocato questa partita nel silenzio dei boardroom è che mentre il mondo gioca con i prompt di ChatGPT, dietro le quinte si stanno scrivendo gli algoritmi della dominazione globale.

Tutti concentrati sul linguaggio, sulle email che si scrivono da sole, sulle poesie che sembrano uscite da una scuola di scrittura di Brooklyn. Ma intanto, l’AI sta imparando a pianificare. A strategizzare. A ragionare in avanti e all’indietro come un generale che ha letto troppo von Clausewitz e ha una connessione neurale con l’intero Atlante geopolitico.

Windows 11 (Dev Channel): la magia dell’intelligenza artificiale integrata

Benvenuti nell’era in cui anche il tasto destro del mouse ha deciso di laurearsi in intelligenza artificiale. Sì, perché Microsoft, in un raro slancio di creatività ingegneristica, ha annunciato l’introduzione delle cosiddette AI actions nel File Explorer di Windows 11. Tradotto in modo meno eufemistico: adesso puoi cliccare su un file e chiedere a Copilot di fare qualcosa di “intelligente”. Sfocare lo sfondo di una foto, cancellare un oggetto, cercare immagini simili su Bing. Tutto questo senza neanche aprire l’applicazione. Una scorciatoia, sì, ma anche un’illusione di progresso.

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