Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Waymo e la privacy: una promessa o una strategia di marketing?

Recentemente, Waymo, la divisione di veicoli autonomi di Alphabet, ha dichiarato di non avere intenzione di utilizzare le riprese delle telecamere interne dei suoi robotaxi per addestrare modelli di intelligenza artificiale destinati alla pubblicità mirata. Questa affermazione è giunta in risposta alla scoperta di una pagina non ancora pubblicata della loro politica sulla privacy, individuata dalla ricercatrice Jane Manchun Wong, che suggeriva la possibilità di utilizzare i dati delle telecamere interne associati all’identità dei passeggeri per scopi pubblicitari.

Secondo la portavoce di Waymo, Julia Ilina, il testo in questione era solo un segnaposto e non rifletteva accuratamente le funzionalità in fase di sviluppo. Ha inoltre sottolineato che il sistema di apprendimento automatico dell’azienda non è progettato per identificare singoli individui e che non ci sono piani per utilizzare questi dati a fini pubblicitari.

Google reinventa la cultura: podcast AI per riscoprire i tesori dell’umanità

Nel panorama tecnologico odierno, dove l’intelligenza artificiale sembra essere la panacea per ogni problema, Google ha deciso di applicarla anche al mondo dell’arte e della cultura. Recentemente, Google Arts & Culture ha introdotto una funzione sperimentale che utilizza Gemini, il suo modello AI, per creare “episodi audio approfonditi” su artefatti culturali selezionati. In altre parole, ora possiamo ascoltare podcast generati dall’AI che ci raccontano storie su orsi bruni e ceramiche cinesi antiche.​

Secondo il blog ufficiale di Google, questa funzione permette di apprendere, ad esempio, che l’orso bruno, tecnicamente un carnivoro, ottiene circa il 90% della sua dieta dalle piante. Oppure, possiamo seguire il viaggio della ceramica cinese antica attraverso l’Eurasia tramite l’audio. Un modo innovativo per trasformare il tempo trascorso nel traffico o sul divano in un’esplorazione culturale. ​blog.google

Tim Cook e il panico da iPhone: se la guerra dei dazi fa volare le vendite (per ora), np Trump farà Iphone in US

Quando Donald Trump minaccia dazi del 54% sui prodotti cinesi, a Wall Street il panico si trasforma in prassi. Ma mentre gli investitori abbandonano Apple come se avesse appena annunciato il ritorno del Newton MessagePad, i consumatori americani stanno correndo nei negozi come se fosse il Black Friday fuori stagione. Il motivo? La paura che l’iPhone diventi un oggetto di lusso stile Rolex.

Apple, che da sempre danza sull’orlo di una catastrofe geopolitica pur mantenendo i profitti a doppia cifra, si è trovata di colpo al centro di una corsa all’oro hi-tech: gente che affolla gli Apple Store chiedendo con ansia se “i prezzi aumenteranno domani”. I dipendenti, lasciati senza linee guida ufficiali dall’azienda, sono diventati improvvisamente i nuovi oracoli di Cupertino, costretti a improvvisare risposte mentre l’adrenalina scorre come un aggiornamento iOS mal riuscito.

Meta gioca sporco con LLaMA 4: la bugia “ottimizzata” che truccava i benchmark

Benvenuti nel teatrino dell’intelligenza artificiale, dove le apparenze contano più della sostanza e i benchmark sono diventati il nuovo campo di battaglia della reputazione. Meta, ex-Facebook e attuale fabbrica di illusioni alimentate da GPU, ha appena servito un esempio da manuale di come si possa manipolare la percezione senza infrangere esplicitamente le regole. E lo ha fatto con Llama 4 Maverick, il suo modello open-weight che, a detta loro, “batte GPT-4o e Gemini 2.0 Flash su una vasta gamma di benchmark”.

Ovviamente, è andata diversamente.

Nel weekend, Meta ha rilasciato due nuovi modelli della serie Llama 4: Scout, il fratellino minore, e Maverick, il modello mid-size che avrebbe dovuto mettere in crisi i soliti noti (OpenAI, Anthropic, Google). Subito Maverick si è piazzato secondo nella classifica di LMArena, il sito che vive e muore in base a quanto bene gli LLM riescano a convincere gli umani nel confronto diretto. Un punteggio ELO di 1417 superiore a GPT-4o ha fatto brillare gli occhi di chi sognava un’alternativa open seria al duopolio Microsoft-Google.

Gemini live: video e screensharing arrivano su Pixel 9 e Galaxy S25

C’è qualcosa di vagamente distopico ma irresistibilmente seducente nell’idea che un’intelligenza artificiale possa guardare quello che stiamo guardando e dirci in tempo reale cosa stiamo vedendo, consigliarci cosa comprare o addirittura dirci se quel pesce nell’acquario è un tetra o un guppy. Non è fantascienza, è il nuovo giocattolo di Google: Gemini Live. E adesso è ufficialmente in rollout, a partire da due flagship che sembrano nati per ospitare un futuro da Black Mirror: il Pixel 9 e il Galaxy S25.

L’annuncio arriva tra le righe, senza fanfare da keynote, ma con la fredda efficienza di un update che cambia le carte in tavola. Gemini Live, l’interfaccia “live” dell’ecosistema Gemini, ora consente non solo di attivare la videocamera e farsi assistere visivamente dall’AI, ma anche di condividere lo schermo del proprio smartphone. E il tutto con una naturalezza che nasconde un’enorme complessità infrastrutturale sotto il cofano. Basta un tap per passare da “scatto la foto al pesce” a “consigliami un nuovo outfit su Zalando”, con la stessa voce pacata e infallibile che ti aiuta a scrivere un’email o sintetizza una riunione su Meet.

Google prova a sedurti con NotebookLM anche su mobile, ma è solo l’ennesimo esperimento che non sa dove andare

Google ha pubblicato un aggiornamento che sa di teaser e poco più: NotebookLM, il tool di intelligenza artificiale per prendere appunti, digestare documenti e persino sputarti fuori dei podcast generati da IA, si sta preparando a sbarcare sui dispositivi mobili. Finora confinato all’esperienza browser su desktop probabilmente in una di quelle interfacce stilisticamente discutibili a metà tra Google Docs e un clone zoppo di Notion — il servizio ora cerca una nuova vita in formato app. Era ora, direbbe chiunque abbia provato a usare NotebookLM da un telefono con la stessa fluidità con cui si cerca di scrivere un saggio su un post-it.

Chatbot arena: la guerra fredda dei cervelli sintetici

Mentre il pubblico si perde in chiacchiere con il proprio chatbot preferito, sul campo di battaglia digitale chiamato Chatbot Arena si consuma un vero e proprio scontro tra titani dell’intelligenza artificiale conversazionale. Una classifica, aggiornata costantemente e alimentata dalla preferenza degli utenti, sta mettendo in scena l’equivalente di una guerra fredda 2.0, in cui le armi non sono bombe atomiche ma modelli linguistici sempre più raffinati. Reddit, ovviamente, osserva e commenta ogni mossa, ogni miglioramento, ogni crollo in classifica come se si trattasse della Champions League del futuro.

Siri e l’incidente imbarazzante che ha portato un giornalista nel cuore di un attacco militare segreto

The Guardian. Quando un assistente vocale si trasforma in un infiltrato involontario in una chat riservata su un attacco militare, si capisce che siamo ufficialmente entrati nell’era del digital far west. La notizia, rivelata da The Guardian, ha del grottesco ma anche del profetico: Jeffrey Goldberg, direttore dell’Atlantic, è stato aggiunto per errore in un gruppo Signal dove si discuteva, con una certa urgenza, di un’operazione militare imminente in Yemen. Un incidente che non ha nulla a che vedere con hacker, spionaggio internazionale o whistleblower: la colpa è (pare) di Siri.

Views sono una truffa ben confezionata: il grande inganno dell’era digitale

Il “view” è la criptovaluta dell’attenzione. È la metrica più esibita, idolatrata, manipolata e abusata dell’intero universo digitale. La vedi ovunque: sotto ogni video, post, reel, story, shorts, tweet, thread o qualsiasi altro feticcio del contenuto contemporaneo. Il messaggio subliminale è chiaro: più views hai, più vali. Più vali, più sei. Eppure, sotto la superficie di questo numero apparentemente oggettivo si nasconde una truffa degna di Wall Street nei tempi d’oro del subprime.

Non è un’opinione: è un fatto. I views sono bugie con l’abito della verità. Sono il risultato di metriche arbitrarie, gonfiate e ridisegnate da piattaforme che hanno tutto l’interesse a venderti un’illusione di successo. Facebook, per esempio, è stata beccata a gonfiare intenzionalmente i numeri per convincere i creator a investire nei video nativi, salvo poi finire coinvolta in cause legali per frode. Ma è solo la punta dell’iceberg.

L’ AI ruba, noi paghiamo: la stampa scende in guerra contro l’intelligenza artificiale Stop AI THEFT

Some of the ads included in the Support Responsible AI campaign.

Nell’era in cui l’intelligenza artificiale non dorme mai e si nutre di tutto ciò che tocca, anche i padroni dell’informazione — quelli veri, non gli influencer da due soldi — hanno deciso di smettere di porgere l’altra guancia. Centinaia di editori, tra cui mostri sacri come The New York Times, The Washington Post, The Guardian, e la sempre acida Vox Media (The Verge incluso), hanno lanciato questa settimana una campagna di fuoco: Support Responsible AI. Il tono? Più da guerra fredda che da iniziativa civile.

Guerra dei dazi: la mossa di Trump colpisce Apple, ma Luxshare si difende

Nel grande teatro della geopolitica industriale, Trump torna a calcare il palcoscenico con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane. Il suo ultimo atto? Un’imposizione di dazi del 34% sulla Cina, con appendici velenose del 46% sul Vietnam e del 26% sull’India. Una mossa che fa tremare le vene ai polsi del mondo tech, ma a Shenzhen, qualcuno sembra aver letto il copione in anticipo. Luxshare Precision Industry, pezzo da novanta della catena di montaggio di Apple, ha già incassato il colpo – almeno sulla carta – e risponde con sangue freddo e manuale di risk management sotto braccio.

Il messaggio, veicolato attraverso le pagine della Shanghai Securities News, è chiaro: “Ci siamo preparati”. Tradotto: diversificazione del portafoglio clienti, decentralizzazione delle operazioni produttive e investimenti muscolari nell’innovazione autonoma delle tecnologie core. In sostanza, Luxshare ha smesso da tempo di mettere tutte le uova nel cesto della Mela.

VIEWS Il Grande Tradimento Digitale

Siamo entrati nell’era del “Grande Tradimento Digitale”, e questa volta non è una metafora. È un urlo collettivo che risuona da ogni angolo della rete: “Google ci ha traditi”. È il pianto amaro di editori indipendenti, gestori di blog, piccole testate giornalistiche e siti verticali di nicchia. Tutti accomunati da un destino cinico: essere stati prima nutriti, poi bruciati vivi, da un algoritmo che cambia umore più spesso di un trader sotto metanfetamina.

Google, il buon vecchio motore di ricerca, è diventato qualcosa di diverso. Ora si comporta più come un oracolo ermetico alimentato da AI, dispensando risposte pronte in stile chatbot e riducendo a macerie il traffico organico che una volta distribuiva come un re magnanimo. La partita non è più tra chi scrive meglio, chi indicizza meglio, chi ha più backlink. No. Ora il gioco è truccato. Il nuovo sfidante si chiama SGE, Search Generative Experience, ed è l’intelligenza artificiale conversazionale di Google che risponde direttamente agli utenti. Sintetizza, interpreta e cancella la necessità stessa di cliccare su un link.

Oracle e il rischio Texano: la corsa disperata per non perdere OpenAI, 64.000 GB200 GPUs Abilene Stargate Datacenter

La notizia arriva con il sapore di un ultimatum mascherato da “urgency”: Oracle si trova nel bel mezzo di un’operazione ad alta tensione finanziaria e strategica, costretta a correre contro il tempo per completare un mega data center ad Abilene, in Texas, 1,2 gigawatt – 2 entro la metà del 2026 . L’obiettivo è uno solo: non far saltare il contratto milionario con OpenAI. Ma quando una big tech, storicamente vista come pachidermica nei suoi tempi d’esecuzione, si trova sotto pressione operativa, le crepe iniziano a vedersi prima nei bilanci che nel cemento armato.

L’immagine è cinematografica, quasi distopica: nel cuore del Texas, ad Abilene, un colosso di acciaio e cemento delle dimensioni di 17 campi da football giace vuoto, incompleto, come un’astronave abbandonata nel deserto. Questo è il data center che Oracle sta disperatamente cercando di completare per soddisfare le esigenze fameliche di OpenAI. Ma per ora, più che essere un simbolo di potenza computazionale è un cantiere aperto, 2 edifici completati e 6 ancora pianificati. JP Morgan Chase ha fornito un mutuo di 2,3 miliardi di dollari su una stima di costo Oracle e Crusoe di 10.

Elon Musk sogna un’America senza dazi: “Zero-tariff” tra Europa e Nord America o il suicidio economico

La scena è degna di una tragicommedia geopolitica. Mentre gli Stati Uniti, guidati dalla crociata protezionista dell’amministrazione Biden – erede spirituale delle politiche tariffarie massimaliste di Trump – impongono barriere commerciali a destra e a manca, Elon Musk si presenta come il profeta solitario del libero scambio. Lo fa non in un consiglio economico o durante un vertice multilaterale, ma nel modo più Musk possibile: durante un incontro con il vicepremier italiano Matteo Salvini e poi, ovviamente, postando su X alle prime luci dell’alba. Perché la diplomazia è morta, lunga vita ai social.

Secondo Bloomberg, Musk ha proposto una “zona di libero scambio effettiva” tra Europa e Nord America. Niente dazi, niente barriere, solo flussi commerciali lisci come una Model S su strada libera. Un’utopia liberista pronunciata proprio mentre la Casa Bianca si barrica dietro dogane blindate, pronta a scatenare guerre commerciali nel nome di una sovranità economica sempre più farsesca.

Elon musk e la nuova API della discordia: DOGE, IRS e il sogno (impossibile) del cloud fiscale

Se pensavi che la commedia tra Silicon Valley e Washington avesse già raggiunto il suo apice, preparati a un nuovo atto. Questa volta il palco è l’Internal Revenue Service, l’orchestra è un improvvisato dream team di tech bros sotto il cappello pomposamente distopico del Department of Government Efficiency – acronimo volutamente canino: DOGE – e il regista, ça va sans dire, è Elon Musk, o meglio il suo ennesimo braccio operativo non ufficiale.

Secondo quanto riportato da Wired, DOGE starebbe organizzando un hackathon a Washington la prossima settimana, con l’obiettivo di costruire una “mega API” capace di accedere ai dati del fisco americano e migrarli in cloud. Quale cloud? Mistero. Si parla, inquietantemente, anche di provider terzi come Palantir, nome che evoca scenari più da “Minority Report” che da modernizzazione digitale. In teoria, questo mega-API dovrebbe diventare il “read center” per i sistemi dell’IRS: in pratica, un accesso centralizzato e trasversale ai dati fiscali dell’intera popolazione statunitense.

OpenAI e Jony Ive: una collaborazione che ridefinisce il futuro dei dispositivi AI

Negli ultimi mesi, il panorama tecnologico è stato scosso da una notizia che ha il sapore di una rivoluzione annunciata: Jony Ive, l’ex guru del design di Apple, ha ufficialmente confermato la sua collaborazione con Sam Altman, CEO di OpenAI, per lo sviluppo di un nuovo dispositivo hardware basato sull’intelligenza artificiale. Questa partnership, che unisce il genio del design dietro l’iPhone con la mente dietro ChatGPT, promette di ridefinire il concetto stesso di interazione uomo-macchina. ​

La genesi di questa collaborazione risale a una serie di incontri tra Ive e Altman, facilitati da Brian Chesky, CEO di Airbnb. Durante queste conversazioni, è emersa l’idea di creare un dispositivo che sfrutti le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa per offrire funzionalità ben oltre quelle dei tradizionali smartphone. Immaginate un assistente capace non solo di rispondere alle vostre domande, ma di anticipare le vostre esigenze, organizzare i vostri viaggi o persino identificare quella pianta esotica che avete fotografato durante una passeggiata. ​

prim’ordine, tra cui Tang Tan ed Evans Hankey, entrambi ex collaboratori chiave nel design dell’iPhone. Il team opera da un imponente spazio di 32.000 piedi quadrati a San Francisco, parte di un investimento immobiliare di circa 90 milioni di dollari effettuato da Ive stesso.

NAB Show 2025 Verizon si reinventa regista: 5G portatile e IA per dominare il caos degli eventi live

Verizon ha recentemente presentato al NAB Show 2025 una soluzione innovativa che promette di rivoluzionare la produzione di eventi dal vivo: un framework portatile per reti private 5G, potenziato dall’intelligenza artificiale. Questa tecnologia mira a risolvere le sfide legate alla gestione di numerosi flussi video in tempo reale, consentendo ai registi di concentrarsi sui momenti più significativi.

La struttura mobile, dotata di controllo ambientale, è basata su tecnologie avanzate di NVIDIA, tra cui NVIDIA AI Enterprise e NVIDIA Holoscan for Media. Queste soluzioni permettono una prioritizzazione intelligente dei video, gestendo efficacemente i vari feed delle telecamere e mettendo in risalto i momenti chiave. L’obiettivo è offrire una produzione dal vivo più dinamica e coinvolgente, riducendo al contempo i problemi tradizionalmente associati alla trasmissione di eventi in diretta.

Deutsche Bank: Oracle riscrive le regole del cloud

In un’epoca dove l’egemonia del cloud sembra destinata a rimanere saldamente in mano ad Amazon, Google e Microsoft, qualcuno ha dimenticato di dire a Oracle che non è il benvenuto nel club. E Oracle, da buona veterana del tech con ambizioni ancora da startup, ha deciso di ignorare l’invito, rifondare sé stessa e insinuarsi là dove gli altri si sentivano troppo comodi.

Negli ultimi anni, Oracle si è trasformata da colosso legacy del database a una delle realtà cloud più aggressive fuori dal trio delle meraviglie. Ma il vero colpo di scena è che questa metamorfosi non è stata solo marketing, slide PowerPoint e fumo per gli investitori. Secondo Deutsche Bank, Oracle sta costruendo un’infrastruttura cloud con caratteristiche uniche, in particolare nell’ambito dell’intelligenza artificiale, dove l’efficienza non è solo una voce nel bilancio ma una leva competitiva reale.

Microsoft entra nel dark mirror del gaming: gameplay generati da Muse AI e il ritorno distorto di Quake II

Microsoft ha appena spalancato una porta sul futuro del gaming, e dentro non c’è l’Eden, ma piuttosto una distopia tecnologica che sa tanto di laboratorio segreto di Redmond. La nuova creatura si chiama Muse AI, e non è un semplice giocattolo nerd: è una macchina pensante in grado di generare gameplay. Sì, hai capito bene. Non livelli progettati da umani o nemmeno scene suggerite da prompt: gameplay generati interamente da un modello neurale.

Il primo assaggio di questa mutazione arriva in forma di reliquia cyberpunk: un Quake II ricostruito in browser, visibilmente sfigurato, come se fosse passato attraverso un sogno febbrile dell’AI. È la tech demo che Microsoft ha messo online come parte dell’iniziativa Copilot for Gaming, ed è più un teaser allucinato che un’esperienza concreta. Pixel sfocati, frame rate migliorato rispetto all’originale demo a 10fps (ora siamo a 640×360, non esattamente 4K), e sessioni di gioco a tempo determinato. Più Black Mirror che Xbox Live.

Silicon Valley Geopolitics and New Balances of Power (ENGLISH PODCAST)

Il potere liquido del digitale: la nuova autarchia tecnologica tra Silicon Valley, Cina e crisi delle democrazie.

L’epoca che stiamo attraversando non ha eguali nella storia. Non è tanto una questione di tecnologia in sé, quanto della sua velocità, della sua capillarità, e soprattutto della sua imprevedibile capacità di ridefinire strutture di potere, categorie politiche e fondamenta sociali. Se fino a ieri le guerre si combattevano con carri armati, oggi si conducono con algoritmi, piattaforme, intelligenza artificiale e manipolazione cognitiva di massa. E chi le combatte, sempre più spesso, non indossa una divisa. È un ingegnere di Stanford, un imprenditore visionario in t-shirt nera, un fondo sovrano saudita o un partito comunista che ha capito come si programma un sistema operativo.

La tecnologia digitale non è più una componente del sistema: è il sistema. E in questa mutazione genetica della realtà sociale, economica e politica globale, si intravede un disegno emergente – non sempre intenzionale, ma comunque dirompente – che sta ridefinendo gli assi della geopolitica. Gli attori centrali di questa trasformazione non sono più gli Stati, ma gli attori extra-statuali, potentati digitali, corporate apolidi che accumulano capitale, dati e influenza in una misura senza precedenti. È la “balcanizzazione del potere”, ma con server sparsi nei deserti del Nevada e nei data center sottomarini di Google, non più tra le montagne dei Balcani.

Scott Bessent e il ruolo dell’intelligenza artificiale di DeepSeek nel crollo dei mercati: un’analisi della situazione economica globale

Il mercato azionario mondiale sta attraversando una fase di turbolenza che ha attirato l’attenzione di molti osservatori, in particolare a causa della continua discesa dei principali indici. Tuttavia, mentre la narrativa prevalente suggerisce che le politiche economiche di Donald Trump siano la causa principale di questo calo, Scott Bessent, segretario del Tesoro degli Stati Uniti, ha lanciato una visione contrastante, suggerendo che il vero fattore scatenante del crollo possa essere l’emergere di DeepSeek, un avanzato strumento di intelligenza artificiale sviluppato in Cina.

Bessent, intervistato da Tucker Carlson su Fox News, ha fatto un’affermazione provocatoria, chiarendo che la discesa dei mercati è iniziata ben prima dell’intensificarsi delle politiche tariffarie di Trump. Secondo lui, il vero catalizzatore del calo sarebbe stato l’annuncio del lancio di DeepSeek, l’innovativo modello di intelligenza artificiale cinese, che ha scosso i mercati globali con una potenza dirompente.

Protetto: Alibaba e la settima piccola tigre: come un esercito di ex dipendenti sta costruendo il nuovo impero dell’intelligenza artificiale in Cina

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Deepseek GRM e la via cinese all’intelligenza artificiale: meno hype, più silicio e autocritica algoritmica, Inference-Time Scaling for Generalist Reward Modeling

Nel teatro globale dell’intelligenza artificiale, dove l’Occidente gioca a fare il pavone tra press release e versioni beta a pagamento, la Cina si presenta in silenzio, con l’incedere glaciale di chi sa di avere tempo, denaro e uno Stato che tifa per te. DeepSeek, start-up fondata appena nel 2023 dal matematico-imprenditore Liang Wenfeng, è l’ultimo animale mitologico generato da questa alchimia tra capitale quantistico, ricerca universitaria e ambizione sistemica.

Con un tempismo quasi crudele per la Silicon Valley in post-sbornia da hype GPT, DeepSeek ha appena presentato un approccio innovativo alla capacità di ragionamento dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), un ambito ancora traballante nei colossi americani. L’artiglieria concettuale si chiama generative reward modelling (GRM) accoppiato a un’auto-terapia computazionale battezzata self-principled critique tuning. Se i nomi vi sembrano usciti da un laboratorio DARPA, sappiate che non siete lontani dalla realtà: si tratta di un sistema che insegna ai modelli a valutarsi da soli e premiarsi per le risposte più aderenti alla razionalità umana.

Tron: Ares e l’apocalisse digitale che Disney voleva tenerci nascosta

Disney ha appena sganciato la bomba visiva che aspettavamo (più o meno) da tredici anni: il primo trailer di Tron: Ares, seguito tanto atteso – e a lungo congelato in carbonite creativa di Tron: Legacy. Un trailer da un minuto e mezzo che, come ogni buon teaser moderno, non spiega quasi nulla ma urla tutto.

Nell’era dei reboot, sequel, prequel e “requeli”, questa nuova iterazione della saga cyber-mitologica sembra voler finalmente varcare il confine tra la griglia e la realtà. Jared Leto, in perfetta modalità transumanista, interpreta Ares: un Programma diventato carne. O forse, vista la sua aura disturbante, carne diventata codice? Non ci è dato saperlo, ma lo vediamo sfrecciare su una light cycle in mezzo a una città notturna, braccato da poliziotti. Uno di loro viene tagliato in due da un’onda luminosa: la firma visiva di Tron, qui ricaricata con intenti decisamente più bellici.

Meta lancia LLaMA 4 e spara alto: “superiamo tutti”, ma è davvero così?

Il solito annuncio in pompa magna di Meta è arrivato. Zuckerberg, con la sua solita espressione da androide entusiasta, ha svelato Llama 4: la nuova famiglia di modelli AI che, a detta sua, “batte tutto e tutti”. Si tratta di tre modelli — due disponibili da subito, Scout e Maverick, e un terzo in arrivo, il Behemoth che promettono di ribaltare il tavolo nel panorama dei grandi modelli linguistici. E mentre Meta spinge il marketing sull’open-source, sotto sotto detta regole da monopolista.

Scout, il più piccolo della famiglia, viene venduto come un piccolo prodigio: “entra tutto in una sola Nvidia H100”. Per chi mastica un po’ di infrastruttura, questo significa che puoi farlo girare su una GPU che costa come un’utilitaria. Ma non è solo un esercizio di miniaturizzazione: con i suoi 10 milioni di token di contesto, Scout dice di bastonare Gemma 3, Gemini 2.0 Flash-Lite e persino Mistral 3.1 su benchmark “ampiamente riconosciuti” traduzione: quelli che Meta ha scelto per far bella figura.

Trump, chip e caos: l’intelligenza artificiale scopre che non esistono esenzioni doganali per i cocchi del Presidente

Se ti sembra di vivere in un episodio di Black Mirror scritto da un economista col dente avvelenato, tranquillo, non sei solo. La Silicon Valley sta giocando alla roulette russa con le GPU e il tamburo gira sempre più veloce. Il problema è semplice nella forma e devastante nella sostanza: nessuno sa davvero se le GPU il cuore pulsante dell’industria dell’intelligenza artificiale saranno escluse dalle nuove tariffe volute da Trump, ed è bastata questa incertezza per mandare in cortocircuito l’intero settore tech.

Wall Street ha risposto come ci si aspetta quando sente puzza di tariffe su hardware strategico: vendendo tutto come se non ci fosse un domani. Nvidia giù del 7.59%, TSMC del 7.22%. E mentre a San Francisco si respira quell’arroganza zen da “tanto ci esentano, come con Apple nel 2018”, a Washington lo scenario è più simile a un incendio in un datacenter gestito da stagisti bendati. Nessuno sa cosa stia succedendo, nessuno risponde alle mail, e chi dovrebbe avere risposte tipo NIST, USTR (ma mico li ho assunti io questi…) o la Casa Bianca – preferisce giocare a scaricabarile o sparire del tutto. Se cerchi chiarezza, buona fortuna.

Blade Runner: il ritorno di un capolavoro profetico in versione Final Cut

Il 14 ottobre 1982, Blade Runner di Ridley Scott faceva il suo debutto nelle sale italiane, segnando un punto di svolta nella storia del cinema di fantascienza. A quasi 45 anni di distanza, il capolavoro torna sul grande schermo il 14, 15 e 16 aprile 2025 in una versione restaurata e definitiva: il Final Cut di Ridley Scott. Questa edizione, arricchita da scene ampliate ed effetti speciali inediti rispetto alla release originale, offre agli spettatori l’opportunità di immergersi nuovamente in uno dei film più iconici e influenti di sempre, un cult che ha ridefinito il genere fantascientifico con le sue atmosfere cupe, i paesaggi distopici e le profonde riflessioni sull’essenza dell’umanità.

Musk contro Altman: guerra per l’anima (e i miliardi) di OpenAI

La Silicon Valley non è un posto per anime buone, né per idealisti da laboratorio. È un’arena darwiniana in cui anche chi ha fondato una compagnia su ideali filantropici può svegliarsi un giorno come imputato in una causa federale. È il caso di Sam Altman, CEO di OpenAI, sfidato in tribunale da Elon Musk, co-fondatore della stessa creatura che oggi cerca di smantellare, con la consueta faccia da mecenate offeso e il portafoglio da imperatore.

La battaglia tra i due supermiliardari si consumerà (forse) il 16 marzo 2025, data fissata dalla giudice Yvonne Gonzalez Rogers del distretto federale di Oakland, California. Non siamo più nel campo delle dichiarazioni piccate su X (già Twitter), ma dentro un’aula dove si deciderà se la metamorfosi di OpenAI da non-profit ad azienda a scopo di lucro “pubblico” sia legale, o semplicemente un colossale tradimento del suo scopo originario.

Intel si inginocchia a TSMC: quando il re perde la corona e chiede aiuto al rivale

Il mondo dei semiconduttori, che per anni ha giocato una partita a scacchi in silenzio dietro le quinte del progresso tecnologico globale, oggi mostra le sue fratture più profonde. Secondo quanto riportato da The Information, Intel starebbe per stringere un accordo da manuale di realpolitik con il suo arcinemico TSMC, il colosso taiwanese che da anni le sta facendo mangiare polvere nella corsa alla miniaturizzazione e all’efficienza produttiva.

Il fulcro dell’accordo? Una joint venture che puzza di resa strategica mascherata da partnership. Non è la prima volta che un gigante tenta di salvarsi passando dal controllo al compromesso, ma che a farlo sia proprio Intel, la madre fondatrice del silicio moderno, fa rumore. Rumore sordo, come quello di una cassaforte che si chiude per l’ultima volta su un’eredità ormai in pezzi.

Midjourney V7: l’arte generativa entra nell’era del turbo su misura

Midjourney è tornata. Dopo quasi un anno di silenzio strategico – che sa tanto di chi lavora sodo non lo annuncia sui social – è arrivata la versione 7, e no, non è solo un update incrementale, ma un cambio di passo brutale. Una specie di “Next Level” vestito da rivoluzione silenziosa. E se stai ancora pensando all’AI come un giocattolo per nerd o artisti frustrati, V7 ti sta urlando in faccia che il gioco è cambiato.

Partiamo dal cuore della faccenda: prompt più intelligenti. E non è marketing: ora Midjourney V7 riesce a interpretare in modo molto più coerente i testi, combinandoli con immagini input, correggendo (finalmente) mani da incubo, pose assurde e oggetti fluttuanti. Il risultato? Meno incubi generati, più arte usabile. È come se l’AI avesse finalmente fatto pace con l’anatomia umana e la logica fisica.

Bill Gates condivide il “codice più figo di sempre” Altair BASIC per i 50 anni di Microsoft

Nel cinquantennale di Microsoft, Bill Gates ha fatto qualcosa che non ti aspetteresti da uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo tech: ha pubblicato un PDF di 157 pagine con il codice sorgente di Altair BASIC, il software che ha dato vita all’impero Microsoft. Per celebrare mezzo secolo di storia, ha deciso di togliere la polvere a un pezzo di codice scritto nel 1975 e lo definisce ancora oggi “il codice più figo che abbia mai scritto”. Nessuna startup oggi può vantare di aver iniziato così.

Anthropic: Le catene di pensiero mentono: quando l’AI finge di essere onesta

Da fine 2024, il concetto di reasoning model è diventato il giocattolo preferito di chi crede che l’intelligenza artificiale debba anche spiegare perché arriva a certe risposte. Finalmente, dopo anni di “black box” e risposte che sembravano arrivate per magia, i nuovi modelli come Claude 3.7 Sonnet o DeepSeek R1 raccontano passo passo il percorso che li ha portati a un output. È quello che si chiama Chain-of-Thought (CoT): una sorta di diario di bordo mentale in cui l’AI ragiona a voce alta, come il nerd in un’aula universitaria che ti spiega tutto il processo prima di darti il risultato.

AI Agent Index

I principali innovatori nel campo dell’intelligenza artificiale stanno adottando sempre più sistemi di IA agentica, progettati per pianificare ed eseguire compiti complessi con un’interazione umana minima. Tuttavia, manca ancora un framework strutturato per documentare i componenti tecnici, gli utilizzi previsti e le misure di sicurezza di questi sistemi. Per affrontare questa necessità, abbiamo creato l’AI Agent Index, il primo database pubblico dedicato alla raccolta e alla documentazione delle informazioni sui sistemi di IA agentica attualmente operativi.

OpenAI cambia rotta: arrivano O3 e O4-mini prima di GPT-5, la rivoluzione può attendere

Sam Altman ha aperto il frigorifero dell’AI e ha trovato un altro piatto da servire prima della portata principale. Con un post su X (ex-Twitter), ha spiazzato la solita truppa di evangelisti e profeti GPT annunciando che prima dell’attesissimo GPT-5 arriveranno due modelli intermedi: O3 e O4-Mini. Uscita prevista? “Tra qualche settimana”. GPT-5? “Tra qualche mese”. Una timeline tanto flessibile quanto la RAM di un LLM con deliri d’onnipotenza.

Microsoft’s 50th Anniversary: copilot diventa umano, ma resta un impiegato zelante in salsa AI

Microsoft, nel festeggiare il mezzo secolo di vita, ha deciso di sparare tutte le cartucce rimaste nel tamburo del suo assistente AI, Copilot. Una valanga di aggiornamenti lanciati tutti in una volta, come se Satya Nadella avesse detto: “Facciamolo sembrare rivoluzionario, così nessuno si accorge che stiamo rincorrendo”. E in effetti, ora Copilot non è più solo un pappagallo ben addestrato: impara, ricorda, osserva, suggerisce, crea podcast e forse – chi lo sa – torna sotto forma di Clippy, il paperclip più odiato e amato della storia dell’informatica.

Microsoft copilot vision: l’intelligenza artificiale diventa il tuo occhio digitale, in tempo reale

Il futuro dell’assistenza digitale non è più una promessa da keynote, ma una realtà che prende forma direttamente nelle mani (e sugli schermi) degli utenti. Microsoft lancia ufficialmente Copilot Vision su Windows, iOS e Android, e la narrativa cambia: l’AI smette di essere confinata al browser per invadere la nostra vita digitale con occhi elettronici pronti a interpretare il mondo visivo in tempo reale.

Non stiamo parlando della solita AI che completa frasi o risponde a domande stile enciclopedia. Qui siamo davanti a un salto concettuale. Copilot Vision, finora relegato a una funzione accessoria all’interno di Edge, esce dalla gabbia del web e si espande, diventando una lente aumentata sul reale. O quasi reale. Un assistente che, grazie alla fotocamera del tuo smartphone o al tuo desktop, può dirti se il tuo ficus sta morendo di sete o se quel divano minimalista su Pinterest starebbe bene nel tuo soggiorno. Welcome to the AI interior designer meets plant whisperer era.

Cyberattacchi 2025: perché la sicurezza passiva non basta più

Negli ultimi anni, il panorama delle minacce informatiche si è evoluto a una velocità impressionante. Gli hacker affinano costantemente le loro tecniche, mentre le aziende cercano di stare al passo con difese sempre più sofisticate. Il Sophos Active Adversary Report 2025 lancia, da questo punto di vista, un segnale d’allarme chiaro: la semplice prevenzione non è più sufficiente.

Cavi sottomarini: il futuro digitale dell’Italia passa dal mare

Nel cuore del Mediterraneo, tra le onde che separano la Sicilia dalla Liguria, sta prendendo forma una rivoluzione silenziosa ma fondamentale per il futuro digitale dell’Italia. Con la posa del cavo sottomarino Unitirreno a Olbia, il nostro Paese rafforza la propria centralità nelle telecomunicazioni globali, diventando un crocevia essenziale per il traffico dati tra Europa, Africa e Medio Oriente.

La “Sospensione” di Pliny: Una Storia di Jailbreak e Provocazione

Quando il 1° aprile 2025, la notizia della sospensione dell’account di Pliny, uno dei più celebri “jailbreakers” dell’intelligenza artificiale, è emersa, in molti hanno pensato a un pesce d’aprile. Tuttavia, come spesso accade, la realtà si è rivelata molto più interessante di una semplice burla. OpenAI ha effettivamente disattivato l’accesso a ChatGPT di Pliny, citando violazioni delle sue politiche legate a “attività violente” e “creazione di armi”. Eppure, questa sospensione ha innescato una serie di eventi e riflessioni che meritano attenzione, poiché illuminano le dinamiche di un settore sempre più al centro delle controversie sull’uso sicuro e etico delle intelligenze artificiali.

Nightwhisper: Il nuovo balzo di Google nel dominio della codifica AI

Nel panorama in continua evoluzione della codifica assistita da intelligenza artificiale, il misterioso modello Nightwhisper ha suscitato l’entusiasmo della comunità tecnologica. I dettagli che trapelano suggeriscono che questo modello, che sembra essere una novità di Google, potrebbe segnare un’importante evoluzione, probabilmente in grado di superare persino i modelli già avanzati come Gemini 2.5 Pro. Le prime recensioni dei tester parlano di un sistema che gestisce attività di sviluppo software in modo superiore, aumentando le aspettative e alimentando le speculazioni su cosa potrebbe essere veramente questo nuovo strumento.

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