Andrej Karpathy, che molti associano al suo ruolo da direttore dell’IA in Tesla e cofondatore “in pectore” in vari progetti di frontiera, ha lanciato una dichiarazione che scuote il mito: agenti AI come Claude o Codex sono ancora lontani da potersi comportare come “dipendenti veri”. Mancano memoria, multimodalità, apprendimento continuo. Riparare queste lacune secondo lui richiederà circa un decennio non per impossibilità, ma perché costruire intelligenza profonda richiede tempo. (vedi Dwarkesh Podcast)
Karpathy definisce “agente” non una chat evoluta, non un plug-in magico, ma qualcosa che somigli idealmente a un intern/collega che agisce nel mondo, con capacità di ricordare, agire su strumenti, apprendere da esperienze, assumere contesto. Oggi, spiega, gli agenti sono spettri: “non animali”, ma fantasmi imitazioni digitali che captano pattern da testi, non entità che vivono e apprendono in ambienti reali.
Dice anche che siamo nel “decennio degli agenti”, non nell’anno degli agenti. Il clamore mediatico che vuole che il 2025 sia l’anno in cui i chatbot diventeranno lavoratori autonomi è, secondo lui, prematuro.
Aggiunge una visione interessante: ogni nuovo “9” in affidabilità costa tanto quanto il precedente. Se fai un agente che funziona al 90 %, portarlo al 99 % o al 99,9 % richiede un’altra quantità immensa di lavoro (proprio come nelle infrastrutture critiche). Il “marchio dei nines” è la battaglia continua verso robustezza.
Cosa cambia per chi costruisce oggi
Karpathy non sta distruggendo tutti i sogni sugli agenti: sta riallineando l’ansia progettuale. Se vuoi vincere oggi (non fra 10 anni), queste sono le strategie che emergono:
Non costruire “lavoratori”, costruisci workflow
Non pensare di delegare tutto a un agente “generico”. Pensa a pipeline: fasi ben definite, catene di strumenti e decisioni che portano a risultati affidabili. Non serve ricreare un cervello, serve orchestrare componenti modulari.
Micro-agenti bene orchestrati > monoliti onnipotenti
Se invece che un super-agente tentacolare hai 3-5 agenti ciascuno con compiti circoscritti (ingestione, verifica, output, correzione), puoi controllare meglio errori, diagnosticarli, intervenire. L’agente tout-court è tentativo romantico, spesso fallace.
Sottile non significa inefficace
Karpathy cita l’esempio di Perplexity: un’interfaccia leggera più retrieval efficace e loop di ranking = utilità reale. Il “wrapper” dell’agente orchestrazione + guardrail + chiarezza è spesso il vero vantaggio pratico.
L’UX è il fossato competitivo
Non basta che l’agente sia potente: chi lo userà deve fidarsi dei suoi output. Vedi Cursor: interfacce con contesto, modifiche multi-file, visione del piano d’azione. Un modello potentissimo che sbaglia la UX fallisce; un sistema “modesto” + UX forte può dominare.
Memoria sì, ma concreta e trasparente
Non serve (oggi) un dispositivo misterioso che “ricorda tutto”. Serve che l’agente abbia memorie operative: file di lavoro, manifesti, log di audit, checklist che può leggere/scrivere. La memoria come spazio condiviso, non scatola nera.
Una mini roadmap per chi vuole accelerare invece di inseguire sentienza
Scegli un workflow di valore concreto (es: sintesi settimanale salute cliente, verifica fatture).
Suddividi in 3-5 passi: recupera dati, sintetizza bozza, verifica, ripara errori, output finale.
Costruisci un wrapper essenziale: input chiari, piano visibile, approva/rivedi con un click, mostra fonti/diff/fiducia.
Misura metriche vere: % risultato corretto al primo tentativo, tempo di ciclo, tasso di rework, salvataggi/edizioni utente, incidenti.
Se versi in produzione versioni che superano il baselines, dismetti le altre.
Evita: fantasie di agente generale che fa tutto (ma nulla bene), chat infinite senza “done”, memoria nascosta, valutazioni da sensazione e non da numeri.
Riflessioni finali (senza essere “conclusione”)
Non serve che l’agente sia un’anima: serve che sia utile. In questi anni vinceranno chi sa ordinare moduli, orchestrare memoria trasparente, guidare UX e dare affidabilità, non chi promette “intelligenza forte domani”.
Karpathy ci sta ricordando che la vera corsa non è di chi specula sull’AGI più veloce, ma di chi impacchetta intelligenza utile oggi con ingegneria, non magia. Se vuoi, posso trasformare questo in un breve “white paper operativo” per la tua squadra o un framework esecutivo per il 2025-26: te lo preparo?