Autore: Alessandra Innocenti Pagina 8 di 28

Quando l’AI accende la transizione: il piano (già in atto) di Enel per l’energia del futuro

Nel mondo dell’energia, dove ogni chilowattora conta e ogni blackout è un disastro annunciato, l’intelligenza artificiale non è più un’opzione futuristica: è una leva strategica, concreta e già in azione. Parola di Nicola Lanzetta, Direttore di Enel Italia, intervenuto al convegno “Generative Tomorrow AI” organizzato da Deloitte.

Intelligenza artificiale e sicurezza dati: la guerra fredda del futuro si combatte in JSON

C’è una cosa che i CEO dovrebbero temere più del prossimo LLM a codice aperto, più delle grida isteriche sul copyright dei dataset e più degli investitori che chiedono “quali sono i tuoi use case AI”: il data poisoning. Non è un meme su X. È l’arte sottile, ma letale, di iniettare veleno nell’inconscio dei nostri modelli. Parliamo di AI data security, la keyword madre, e dei suoi derivati semantici: data provenance e data integrity.

Networking dei data center: dai cavi L2 all’intelligenza artificiale che morde i bit

Una volta, nei data center, si switchava tutto in Layer 2. Ethernet ovunque. Cavi come spaghetti, STP (Spanning Tree Protocol) che cercava di non farti incendiare le topologie a loop, e una visione ingenua del networking: broadcast ovunque, MAC tables che strabordavano come il caffè dimenticato sul fornello. Il sogno? Una gigantesca LAN piatta, con ogni server che poteva “vedere” ogni altro server, come se fossimo tutti amici al bar. La realtà? Un incubo di scalabilità, resilienza farlocca e troubleshooting stile CSI Miami.

DecipherIt: l’assistente di ricerca che scavalca l’umano e ti ruba il lavoro

Hai presente quel brivido sottile che ti attraversa la schiena quando capisci che una macchina sta facendo meglio di te, senza dormire, senza lamentarsi, e soprattutto senza stipendio? Bene, tienilo stretto. Perché DecipherIt è qui per trasformare il tuo modo di fare ricerca… e per ricordarti che il tuo cervello non ha più il monopolio sulla “comprensione”.

Non è l’ennesimo giocattolo AI da startup impanicata. È un’aggressiva, strutturata, letale macchina da guerra epistemologica.

Stargate: Nvdia, Oracle e il colpo da 25 miliardi che riscrive le regole del potere computazionale

Mentre i riflettori dei media generalisti si limitano a menzionare Abilene, Texas, come se fosse solo l’ennesimo cantiere tech in mezzo al nulla, chi ha orecchie per intendere — e un conto in banca legato alla rivoluzione AI — sa che Stargate è molto più di una joint venture infrastrutturale. È una dichiarazione di guerra tecnologica. Una sfida frontale a chi detiene oggi il controllo delle risorse computazionali mondiali. Un affare da 500 miliardi di dollari che ridisegna gli equilibri tra chipmaker, hyperscaler e i nuovi “costruttori di Dio”.

Gmail ora ti legge nel pensiero: l’Opt-IN non esiste più

Benvenuti nell’era del consenso implicito dove l’Opt-OUT è la nuova religione e l’Opt-IN è un fossile giuridico. Mentre dormivamo (forse), Google ha deciso che le sue AI, vestite da assistenti gentili e disinteressate, inizieranno *Now in US( a riassumere automaticamente le nostre email su Gmail Workspace. Sottolineo: automaticamente. Nessuna richiesta esplicita. Nessuna spunta. Nessuna notifica in stile “accetti?”.

La notizia è passata sotto il radar con la delicatezza di una zanzara in una fabbrica di turbine: Gemini, il nuovo volto carino e pseudoumano dell’intelligenza artificiale made in Mountain View, inizierà a produrre sommari automatici dei thread più lunghi direttamente sopra i messaggi nella versione mobile di Gmail. Niente di scandaloso, diranno i più. Solo un’altra feature “utile” pensata per “farci risparmiare tempo”. Ma qui il tempo che si risparmia è quello necessario a Google per chiederti il permesso.

Getty Images contro l’AI generativa: quando la battaglia per il copyright diventa una serie legale a puntate

Nel grande teatro della proprietà intellettuale, Getty Images recita il ruolo dell’eroe stanco ma determinato, intento a difendere la sua galleria di milioni di immagini da un nemico nuovo, veloce e sfuggente: l’intelligenza artificiale generativa.

Internet morto: la rete è un cadavere che puzza di AI e bot

Se sei ancora convinto che l’Internet del 2025 sia un brulicare di umana creatività, dialogo e scambio libero di idee… mi dispiace, ma sei tu il contenuto generato. La Dead Internet Theory considerata da molti una teoria del complotto è in realtà molto più di un meme da forum esoterico: è il riflesso crudo e disturbante di un cambiamento sistemico, percepito da chiunque abbia l’intelligenza di notare il silenzio assordante tra le righe dei post virali, delle recensioni fasulle e dei commenti tutti uguali.

Sì, Internet è morto. O meglio, non è più nostro. La keyword, per chi se lo stesse chiedendo, è “internet morto”. Le secondarie? Bot traffic e contenuti generati da AI. Ma vediamo perché questa non è solo paranoia di qualche nerd solitario in un forum dimenticato.

Melvin M. Vopson viviamo in una simulazione o in una truffa? Il sospetto algoritmico dell’universo perfetto

Se l’universo fosse un’app, sarebbe maledettamente ben progettata. Zero crash, uptime millenario, interfaccia coerente, fisica che si comporta sempre nello stesso modo. È questo il problema.

Da oltre vent’anni, un manipolo di scienziati – un mix tra fisici quantistici stanchi, filosofi con troppo tempo libero e ingegneri in crisi esistenziale – ci sta dicendo che potremmo vivere dentro una simulazione. Non come una metafora spirituale da guru di Instagram, ma proprio una simulazione informatica vera e propria, alimentata da qualche entità iper-tecnologica che ci osserva con lo stesso disinteresse con cui noi guardiamo le formiche in un barattolo di vetro. O peggio, ci ignora completamente.

Hugging Face ha creato due humanoid robots 

Hugging Face ha appena fatto qualcosa che i soliti colossi della robotica sognano di fare da anni, ma con un twist che sa di rivoluzione e perché no di sana provocazione tecnologica. Due robot umanoidi, sì, ma open source. Sembra una frase da manuale del futurista ingenuo, invece è l’annuncio che potrebbe scardinare decenni di dogmi e segreti industriali custoditi gelosamente in laboratori blindati.

Non è un segreto: il mondo della robotica umanoide è un feudo di giganti che costruiscono imperi dietro porte chiuse, cifrando ogni singola riga di codice, ogni algoritmo di movimento come se fosse oro nero. Eppure, Hugging Face – conosciuta per la sua piattaforma di intelligenza artificiale collaborativa ha deciso di sparigliare le carte presentando due robot completamente open source. Questo significa che chiunque abbia un minimo di dimestichezza può scaricare software, migliorare, personalizzare e, soprattutto, sviluppare nuove applicazioni senza chiedere il permesso a nessuno.

Google AI Overviews: l’oracolo smemorato che non sa in che anno vive

Sembra una battuta da cabaret futurista, ma è tutto reale: Google AI Overviews, il fiore all’occhiello dell’era post-search, non sa nemmeno in che anno siamo. Letteralmente. A dodici mesi dal suo debutto trionfale, l’intelligenza artificiale generativa di Mountain View continua a inciampare su dettagli che persino un aspirante stagista umano non sbaglierebbe. Il 2025? Un mistero. Le date? Variabili quantistiche. Il contesto? Fluttuante come una risposta di ChatGPT usato senza prompt ben strutturati.

Sft vs rl: il falso mito dell’intelligenza che “impara da sola”

C’è una religione sottile nel mondo dell’AI, un dogma mai veramente messo in discussione: che reinforcement learning sia una forma superiore di apprendimento, una specie di illuminazione algoritmica dove l’agente il nostro grande modello linguistico scopre il significato del mondo da solo, a furia di premi, punizioni e interazioni. Suona bello, vero? Il problema è che è quasi tutto fumo.

Supervised Fine-Tuning (SFT) e Reinforcement Learning (RL), nella pratica concreta della costruzione di Large Language Models (LLMs), sono due paradigmi che si guardano da lontano. Uno è il lavoratore salariato che fa tutto quello che gli dici. L’altro è il tipo idealista che ci mette il cuore, ma finisce per produrre molto meno di quanto credi.

Rick Rubin e il vibe coding: il punk rock del software è qui per restare

C’era una volta, nel mondo austero della programmazione, un’epoca in cui il codice era religione, e i dev erano i suoi preti. Solo gli iniziati, quelli che avevano sacrificato anni della propria vita tra manuali, riga di comando e Stack Overflow, potevano avvicinarsi al sacro fuoco della creazione digitale. Poi, come sempre accade quando la gerarchia si fa troppo rigida, arriva la rivoluzione.

Rick Rubin, produttore musicale con la barba da profeta e un palmarès che potrebbe schiacciare qualsiasi ego da Silicon Valley, ci regala un’analogia che squarcia il velo dell’ipocrisia tech. Il vibe coding, dice, è il punk rock della programmazione. Non servono più lauree in ingegneria, non servono anni a lambiccarsi sull’algoritmo perfetto. Bastano tre accordi e un’idea. Bastano le mani sporche e la voglia di dire qualcosa. Sì, anche se non sei Linus Torvalds.

Tradurre l’intelligenza: DeepSeek-R1 sfida GPT-4o sulle GPU MI300X di Seeweb

Siamo ormai nel pieno del barocco dell’intelligenza artificiale. Gli LLM (Large Language Models) sono diventati le nuove cattedrali digitali, costruite con miliardi di parametri e sorrette da GPU che sembrano più reattori nucleari che schede video. In questo panorama di potenze mostruose, dove i soliti noti (OpenAI, Google, Anthropic) dettano legge, si insinua un nome meno blasonato ma decisamente audace: DeepSeek-R1. Non solo open source, ma anche titanico 671 miliardi di parametri, per chi tiene il conto.

La provocazione è chiara: “possiamo competere con GPT-4o, Gemini e soci… e magari anche farlo girare nel vostro datacenter, se siete abbastanza matti da provarci”. Ma è davvero così? Ecco dove entra in scena Seeweb, con la sua Cloud GPU MI300X una vera bestia, con 8 GPU AMD MI300X e un terabyte e mezzo di VRAM a disposizione. E abbiamo deciso di scoprire se tutto questo è solo hype o se c’è ciccia sotto il cofano.

Quando l’intelligenza artificiale finirà i dati umani: fine dell’era della fotocopia e inizio dell’apprendimento esperienziale

C’è una data di scadenza scritta a matita (ma sempre più marcata) sull’attuale paradigma di addestramento dell’intelligenza artificiale: quello basato su dati umani. Libri, articoli, codici, commenti, tweet, video, wiki, slide universitarie, call center, forum obsoleti di Stack Overflow, blog dimenticati e refusi di Wikipedia… Tutto macinato, frullato, digestato per alimentare il mostro semantico dei Large Language Models. Ma la festa sta per finire. E la domanda, quasi da evangelisti all’ultimo talk di una conferenza AI, rimbalza ovunque: cosa succederà quando i dati umani non basteranno più?

Aiip compie 30 anni e non li dimostra: visione, rete e un futuro tutto da cablare

Trent’anni e non sentirli: Aiip festeggia, l’Internet italiano resiste 🇮🇹

Oggi, nella sfarzosa Sala della Regina a Montecitorio dove di solito riecheggiano discorsi impolverati e cerimonie da Prima Repubblica è andata in scena una celebrazione che, in un Paese che ama seppellire l’innovazione sotto regolamenti arcaici, ha il sapore della piccola rivoluzione.

Trent’anni di Aiip. L’Associazione Italiana Internet Provider. Fondata quando i modem facevano rumore, i bit costavano caro e parlare di “concorrenza” nel settore telecom era un eufemismo. O una bestemmia. Eppure eccola lì, viva, vegeta, e paradossalmente più lucida di molti dei suoi (presunti) eredi digitali.

E no, non è la solita autocelebrazione da ente stanco. Perché Antonio Baldassarra che non si limita a esserci, ma ci mette del suo è salito sul palco con quella combinazione rara di competenza tecnica e provocazione lucida che solo chi ha il coraggio di dire la verità riesce a maneggiare.

“Il futuro non si prevede, si costruisce”, ha detto. Chi lavora con la rete lo sa: non si tratta solo di cavi e pacchetti IP, ma di visione. Di scegliere da che parte stare. E Aiip, in questi decenni, ha fatto una scelta netta: quella della libertà, della neutralità, della concorrenza vera.

Algoritmi del Grande Rincaro: la democrazia si piega agli affitti programmati

Benvenuti nel capitalismo 3.0, dove gli affitti non li decidono più i padroni di casa, ma una riga di codice. E non un codice qualunque: quello di RealPage, la software house accusata di aver trasformato la legge della domanda e dell’offerta in una simulazione truccata. Il concetto chiave? Rent algorithm, condito da intelligenza artificiale e da una silenziosa collusione tra giganti immobiliari. Il tutto sotto l’occhio ammiccante di legislatori più interessati ai budget dei lobbisti che alle bollette dei cittadini.

E ora, a rincarare la dose, spunta una proposta che suona come uno scudo legislativo su misura: un emendamento infilato nel disegno di legge di riconciliazione di bilancio dei Repubblicani che, udite udite, vieterebbe agli Stati americani di regolamentare l’IA per i prossimi dieci anni. Dieci. Come dire: fatevi prendere per il collo da un algoritmo e zitti per un decennio. Perché? Perché i padroni del silicio vogliono il campo libero per “ottimizzare” leggi: automatizzare l’avidità.

Google abbandona l’AI offline: il colosso del cloud non vuole che pensiamo senza connessione

Google ha deciso che no, non ti meriti l’intelligenza artificiale offline.
Non più, almeno.
Il toolkit che permetteva di eseguire modelli open-source localmente, in edge, senza cloud, è stato abbandonato. Smantellato. Eliminato con la nonchalance tipica delle Big Tech quando qualcosa diventa troppo utile per essere libero.

Il futuro si filma da solo

Benvenuti nell’epoca in cui anche il vostro cane potrà dirigere un cortometraggio, purché mastichi qualche comando testuale e abbia accesso a Runway o a Google Veo. Il cortometraggio My Robot & Me è il manifesto involontario o forse sottilmente intenzionale di questa nuova era: l’AI può fare (quasi) tutto, ma la creatività resta l’ultimo baluardo umano. Per ora.

Parliamoci chiaro: la storia parte con un incipit da presentazione TEDx. “Silenzia il cellulare, mastica piano il popcorn, e ricordati che tutto ciò che vedi è stato generato dall’intelligenza artificiale”. Eppure non è solo un esercizio di stile o una demo per geek con troppo tempo libero. È una provocazione culturale, un test sul campo, un assaggio di un futuro dove la produzione video e forse tutto il settore creativo sarà riscritto, una prompt alla volta.

Babelscape Intelligenza artificiale multilingue: come trasformare la complessità linguistica in vantaggio competitivo globale

Nel vasto universo dell’intelligenza artificiale, il multilinguismo non è più un’opzione decorativa: è diventato il cuore pulsante di ogni strategia realmente globale. L’ultimo aggiornamento di Babelscape, che porta a 28 le lingue coperte dal suo set di dati avanzato, non è solo un salto quantitativo, ma un’evoluzione qualitativa che ridefinisce le regole del gioco per chi lavora con i modelli linguistici su scala internazionale.

In un mondo iperconnesso, dove ogni parola può avere mille sfumature, saper gestire il linguaggio significa saper gestire il rischio, l’identità e la fiducia. Ecco perché l’ampliamento del dataset multilingue, arricchito da annotazioni semantiche dettagliate e indicatori di rischio interculturale, rappresenta un asset strategico per le organizzazioni che operano nei settori più esposti: dalla finanza regolamentata al marketing globale, dalla compliance legale alla comunicazione istituzionale.

Newsletter Tech & Finanza “Nvidia, AI, ETF e deliri da fine impero” 28 Maggio

Cosa succede quando gli ETF si comportano come i TikToker della finanza?
E quando un co-fondatore di Netflix spunta nel board di un’AI company da battaglia?
E perché Palantir ora si interessa ai mutui, mentre xAI si infila nei DM di Telegram?

Benvenuti nella nuova edizione della newsletter “Tech & Finanza Iniettata” – dove tutto sembra una serie TV con il budget di un hedge fund, ma in realtà è solo il nuovo normal dell’economia algoritmica.

Andrea Baronchelli: Shaping new norms for AI

L’intelligenza artificiale non chiede permesso: così si stanno formando nuove norme sociali (mentre nessuno le controlla)

Nel teatro tragicomico della modernità, dove la regolazione è lenta, la politica balbetta e l’etica è ancora ferma al ‘900, l’intelligenza artificiale ha già iniziato a imporre le sue regole. Non quelle scritte nei codici legislativi troppo lenti, troppo umani ma quelle invisibili, informali, sociali, che si insinuano nei comportamenti quotidiani. Ed è proprio su questo terreno che Andrea Baronchelli, nel suo provocatorio saggio Shaping new norms for AI, ci invita a riflettere. Perché mentre le istituzioni dormono, le norme si stanno già scrivendo. Da sole. O da qualcuno.

OpenAI punta Seoul: perché la Corea del Sud è il nuovo laboratorio dell’intelligenza artificiale

Nel silenzio solo apparente dell’Asia che non fa rumore, OpenAI il colosso dell’AI forgiato nella Silicon Valley e sospinto dalle ali di Microsoft ha deciso di piantare una nuova bandiera: questa volta in Corea del Sud. Non un atto simbolico, ma una scelta chirurgica. La nuova entità legale è già stata registrata, e l’ufficio a Seoul è in fase di allestimento. Il messaggio tra le righe è chiaro: il futuro si parla anche in coreano.

Perché proprio la Corea del Sud? Domanda legittima, risposta illuminante. Secondo dati ufficiali forniti dalla stessa OpenAI, la Corea del Sud è il mercato con il più alto numero di abbonati paganti a ChatGPT al di fuori degli Stati Uniti. Più che un dato, un termometro sociale. Un paese da 52 milioni di persone, noto per la sua ossessione tecnologica, per le sue infrastrutture digitali al limite della fantascienza e per la sua popolazione che vive più tempo sugli schermi che nei letti.

Microsoft trasforma GitHub Copilot in agente AI autonomo: il junior che non dorme mai

Microsoft ha appena ribaltato il tavolo dell’AI per sviluppatori, trasformando GitHub Copilot da semplice assistente di codice a un agente di programmazione completamente autonomo. E no, non è più quel copilota passivo che aspetta le tue istruzioni: ora fa il lavoro sporco da solo, come un junior inesperto ma pieno di entusiasmo, pronto a sbagliare e imparare senza chiedere il permesso.

L’idea di un agente AI che programma senza bisogno di supervisione in tempo reale sembra un azzardo da fantascienza, eppure Microsoft l’ha messa in pratica. Il nuovo Copilot non vive più in modalità “attendi input” o “collabora in diretta”, ma lavora asincronamente, orchestrando attività e processi di sviluppo in background, come se avessi un giovane apprendista nel team che prova a scrivere codice mentre tu dormi o ti dedichi a strategie più “nobili”. (PROVALO QUI)

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale: l’UAE rende Chatgpt Pro gratuito per tutti

In un’epoca in cui l’accesso all’intelligenza artificiale è spesso limitato da barriere economiche, gli Emirati Arabi Uniti (UAE) hanno compiuto un passo audace: rendere ChatGPT Pro gratuito per tutti i cittadini e residenti. Questa mossa, parte dell’iniziativa “Stargate UAE” in collaborazione con OpenAI e G42, segna un momento storico nella democratizzazione dell’IA.

Il progetto “Stargate UAE” prevede la costruzione di un centro dati AI da 1 gigawatt ad Abu Dhabi, con una capacità iniziale di 200 megawatt operativa entro il 2026. Questo centro sarà uno dei più grandi al di fuori degli Stati Uniti, con l’obiettivo di fornire infrastrutture AI avanzate a una vasta regione, raggiungendo fino a metà della popolazione mondiale.

Reddit è morto, lunga vita all’algoritmo: come l’AI Mode di Google annienta la Reddit dipendenza da traffico passivo

Sì, l’internet come lo conoscevamo è ormai un reperto da museo. L’ultima pala di terra sulla fossa la sta buttando Google, che con il suo AI Mode — una ristrutturazione totale del motore di ricerca — ha deciso che il vecchio modello a “dieci link blu” è roba da archeologi digitali. Al suo posto? Una conversazione. Ma non con un umano, tranquilli. Con un LLM addestrato a sussurrarti ciò che vuoi sentirti dire, prima ancora che tu sappia di volerlo.

Nel mirino, tra le vittime collaterali più illustri, c’è Reddit. Il sito dei thread infiniti, dei meme nati e morti in un giorno, e soprattutto il posto dove gli utenti andavano a cercare “pareri umani”, un concetto ormai borderline obsoleto nell’epoca delle risposte sintetiche e asettiche generate in silicio.

Come Meta si prende i nostri dati senza chiedere permesso

Se pensate che il vostro “pubblico” su Facebook e Instagram sia davvero sotto il vostro controllo, vi conviene rivedere la percezione della parola “privacy”. Meta, l’azienda che guida il social game, ha appena piazzato un ultimatum che farebbe impallidire anche i più spietati colossi tecnologici: da domani potrà utilizzare legalmente TUTTI i dati pubblici degli utenti – foto, post, like, commenti, storie – per addestrare la sua intelligenza artificiale. Sì, avete capito bene, senza chiedervi un bel niente.

La meccanica è subdola, ma geniale nella sua brutalità. Il consenso non è più un’opzione, è un silenzio assenso. Se non vi attivate entro la scadenza – un modulo nascosto, complicato da trovare, pensato apposta per scoraggiare – state di fatto autorizzando Meta a saccheggiare la vostra vita digitale per alimentare il suo mostro di machine learning. E la ciliegina avvelenata? Se qualcun altro ha postato una vostra foto o vi ha taggati pubblicamente, Meta può usarla comunque, perché quel contenuto “formalmente non è vostro”. La definizione di “proprietà” digitale prende così una piega inquietante, un territorio di nessuno dove i diritti individuali si perdono in un labirinto burocratico che solo i colossi della tecnologia sanno navigare.

La memoria non è per sempre: l’oblio digitale come fallimento sistemico della civiltà

Ti sei mai chiesto dove finisca davvero la conoscenza? Non quella che usi tutti i giorni, ma quella sedimentata nei secoli, nei bit, nei backup, nei dischi che girano ancora in qualche data center surriscaldato della Virginia o della Cina. Spoiler: non finisce da nessuna parte. Si disintegra lentamente, silenziosamente, senza fare rumore. L’oblio, nel 2025, non è più una conseguenza. È una feature.

Il paradosso è grottesco: viviamo nell’era dell’iper-memorizzazione, della datafication totale di ogni respiro, parola, occhiata. Ogni like, ogni email, ogni passo tracciato da un accelerometro dentro il nostro smartwatch è registrato. Eppure, la conservazione del sapere – quello vero, quello che forma civiltà, non feed – è più fragile di quanto fosse su una tavoletta d’argilla del 2000 a.C.

Satelliti lanciati come sassate: SpinLaunch riscrive le regole dello spazio

Chi avrebbe mai pensato che il futuro delle telecomunicazioni globali, della sorveglianza climatica e del monitoraggio dei disastri naturali sarebbe dipeso da… una fionda gigante? Già, perché è esattamente questo che sta facendo SpinLaunch. Non un razzo tradizionale, non un Elon Musk infervorato che spara mega-cilindri nello spazio, ma una centrifuga in vuoto che scaglia satelliti come se stesse giocando a Angry Birds su scala cosmica.

SpinLaunch ha appena fatto ciò che suonava come fantascienza fino a cinque anni fa: ha lanciato 250 satelliti in un singolo colpo, obliterando (termine scelto non a caso) il precedente record di SpaceX. Non con una Falcon 9, non con una Starship, ma con una macchina che pare uscita da un laboratorio sovietico degli anni ’70 rivisitato da uno startupista californiano ipercaffeinato.

WMF 2025: il circo dell’innovazione è tornato in città

La chiamano “We Make Future“, ma è sempre più chiaro che il futuro, qui, non si limita a essere fatto: viene impacchettato, sponsorizzato, venduto al dettaglio e servito con tanto di DJ set e droni volanti. Dal 4 al 6 giugno, Bologna Fiere si trasforma nel centro gravitazionale dell’innovazione globale, con il ritorno del WMF, un evento che, per portata e ambizione, ha ormai superato la definizione di “fiera”. È un bazar postmoderno dove l’intelligenza artificiale, la tecnologia e il digitale si mescolano al business, allo spettacolo e all’ego dei suoi protagonisti. Benvenuti nel tempio della keyword “innovazione”, in compagnia delle sue ancelle semantiche: “AI” e “startup”.

Come costruirsi un occhio bionico in 150 righe di codice (e farlo girare offline sul tuo Mac)

Sembra fantascienza, ma è solo Python. O quasi. In un’epoca in cui ogni singola API sembra volerci chiedere una carta di credito, un gruppo di sviluppatori ha deciso di mandare al diavolo il cloud e riportare l’intelligenza artificiale dove dovrebbe sempre stare: nella tua macchina, nel tuo terminale, sotto il tuo controllo. Zero server, zero streaming, zero dipendenze esotiche. È il trionfo della local-first AI, e sì, gira perfino in tempo reale con la webcam. Offline. Con una leggerezza da far impallidire metà delle startup AI finanziate da Andreessen Horowitz.

La voce sintetica dell’impero: Melania Trump, l’AI e l’epilogo post-umano dell’editoria

Certo, quando pensavi di aver visto tutto nel grande circo mediatico del trumpismo, arriva Melania. Voce monotona, sguardo da cyborg in standby, e ora anche… narratrice AI di sé stessa. Ha annunciato, con quella grazia algoritmica che la contraddistingue, che il suo nuovo audiolibro è interamente doppiato da una clonazione vocale realizzata da ElevenLabs. Sì, hai letto bene: la ex First Lady si è fatta sintetizzare la voce. Altro che ghostwriter. Ora ci sono i ghost-voice.

Melania, in un perfetto tempismo da black mirror balneare, ha definito l’intelligenza artificiale “il futuro dell’editoria”. Come darle torto? Basta guardare Audible: oltre 50.000 audiolibri narrati da intelligenze artificiali. E no, non sono esattamente classici della letteratura. Sono in gran parte racconti erotici con titoli tipo Il Barista Bionico mi ha sculacciata nel metaverso. Letteratura 5.0, se vogliamo essere generosi.

Ascolta e compra: l’inizio del reality show degli oggetti parlanti su Amazon

Benvenuti nel nuovo reality dell’e-commerce, dove gli oggetti non solo ti parlano, ma lo fanno con voce sintetica e coscienza da salotto tech. Amazon ha appena tirato fuori dal cilindro una nuova “magia” algoritmica: audio generati da intelligenza artificiale, due host digitali che discutono di un prodotto come se stessero registrando una puntata di un podcast indie su Spotify. Ma invece di intervistare startup founder o musicisti depressi, parlano di frullatori, cuffie a conduzione ossea e oli per il corpo. Perché no.

Siamo nel 2025, e l’esperienza utente non basta più: ora serve anche il teatro. Basta leggere recensioni, ora si può ascoltare un duetto AI che ti racconta le “highlights” del prodotto. Più che shopping, è una seduta spiritica. Due voci digitali evocano il valore percepito di un oggetto mentre scorri lo smartphone. E tutto questo ha un nome nobile: audio generato da AI con estrazione semantica da recensioni utenti e fonti web. In pratica, un digest sonoro del delirio collettivo da 5 stelle.

Aurora, l’oracolo della Terra: l’AI di Microsoft che prevede il caos climatico prima che ci travolga

Immagina un’intelligenza artificiale che può leggere il futuro del nostro pianeta meglio di qualsiasi sciamano, meteorologo o scienziato armato di modelli fisici e simulazioni ridicolmente lente. Non è una fantasia distopica da film catastrofico, è Aurora, il nuovo mostro di Microsoft addestrato non per giocare a scacchi con il clima, ma per dominarlo.

Sì, domina. Perché quando costruisci un modello da 1,3 miliardi di parametri e lo nutri con più di un milione di ore di dati sul sistema Terra, non stai più parlando di semplice previsione: stai costruendo un oracolo computazionale. E come ogni oracolo, non si limita a osservare: interpreta, simula, anticipa (NATURE).

L’ascesa di Baidu e la rivoluzione silenziosa del robotaxi cinese

L’idea di un taxi senza conducente che ti porta dove vuoi senza nemmeno dover premere il pedale del gas o stringere il volante è roba da fantascienza? No, è roba da Baidu. Il gigante cinese della ricerca internet, da sempre con un piede nel futuro, ha superato la soglia degli 11 milioni di viaggi con il suo servizio Apollo Go dal 2019. Sì, 11 milioni. Numeri che ti fanno pensare che Elon Musk può pure mettersi comodo e godersi lo spettacolo.

Il robotaxi di Baidu non è solo un prototipo per nerd tecnologici in qualche laboratorio segreto di Pechino. È una macchina con 1.000 veicoli completamente senza conducente operativi in 15 città diverse, non solo in Cina ma anche a Hong Kong, Dubai e Abu Dhabi, con i test appena partiti. 1,4 milioni di corse solo nel primo trimestre del 2025, con un aumento del 75% rispetto all’anno scorso, una crescita che farebbe impallidire molte startup tech più blasonate.

Signal contro Recall: quando la privacy diventa un’opzione, non un diritto

C’è una differenza sottile, ma fondamentale, tra “sicurezza” e “sorveglianza vestita da comodità”. Microsoft l’ha appena calpestata con gli stivali sporchi di marketing AI. E no, non c’è nessun complotto: c’è solo il solito business model americano, che trasforma ogni tua interazione digitale in un dato monetizzabile, anche quando pensi di parlare al sicuro, magari su Signal.

Benvenuti nell’era in cui anche la memoria è un prodotto, e si chiama Recall: un nuovo “feature” di Windows 11 che, con l’aria innocente di un assistente proattivo, fa esattamente quello che suonerebbe inquietante in qualsiasi bar del mondo scatta screenshot di tutto ciò che fai, ogni 5 secondi, e lo archivia per sempre. Letteralmente. Benvenuti nel futuro secondo Microsoft.

Quando i profeti della Silicon Valley costruiscono i loro bunker

Ci sono momenti in cui la realtà supera la distopia. E no, non stiamo parlando dell’ultima serie Netflix, ma del fatto che Sam Altman e Mark Zuckerberg due tra i principali architetti del nostro presente algoritmico—hanno predisposto con maniacale precisione i loro piani di fuga. Aerei sempre pronti. Piloti standby. Bunker degni di un film post-apocalittico. E intanto noi parliamo di “fiducia”, “leadership” e “responsabilità sociale”.

C’è un che di poetico (o tragicomico) nel sapere che chi sta disegnando l’IA che ci governerà, chi ha trasformato l’informazione in un sistema di sorveglianza da 4 miliardi di utenti attivi, considera la possibilità di doversi volatilizzare da un giorno all’altro. Non metaforicamente. Proprio fisicamente. Via. Con il jet privato. Verso l’isola. Il rifugio. L’autarchia digitale.

DHH e il warrant da record: quando il mercato ti spalanca le porte con otto volte la domanda

Quando il mercato ti dice “Sì, grazie, ne vogliamo di più”, non è mai solo fortuna. DHH S.p.A. ha appena passato un crocevia decisivo con la presentazione della domanda a Borsa Italiana per l’ammissione a quotazione del “Warrant DHH S.p.A. 2025-2028”, ma la notizia più succosa non è questa. Il vero scoop è che il collocamento del warrant ha fatto il botto: l’intera emissione di poco più di un milione di titoli è andata esaurita in un battito di ciglia, con richieste che hanno superato la soglia degli otto milioni.

Windows 11 (Dev Channel): la magia dell’intelligenza artificiale integrata

Benvenuti nell’era in cui anche il tasto destro del mouse ha deciso di laurearsi in intelligenza artificiale. Sì, perché Microsoft, in un raro slancio di creatività ingegneristica, ha annunciato l’introduzione delle cosiddette AI actions nel File Explorer di Windows 11. Tradotto in modo meno eufemistico: adesso puoi cliccare su un file e chiedere a Copilot di fare qualcosa di “intelligente”. Sfocare lo sfondo di una foto, cancellare un oggetto, cercare immagini simili su Bing. Tutto questo senza neanche aprire l’applicazione. Una scorciatoia, sì, ma anche un’illusione di progresso.

Spagna, algoritmi e pellicole: il grande reset del cinema

La Spagna ha deciso che non si farà trovare impreparata quando l’intelligenza artificiale diventerà la nuova macchina da presa globale. E no, non è un esperimento da festival hipster con pretese postmoderne. È un’industria che si reinventa con la potenza di GPU e dataset, mentre il resto d’Europa ancora dibatte se l’AI debba servire il caffè o scrivere il copione.

Il grande battesimo arriva a Berlino, 2025. Titolo del sacrilegio? The Great Reset. Un film interamente generato da intelligenza artificiale, senza attori in carne e ossa, senza set, senza ciak. Solo codici, reti neurali e una squadra creativa che ha avuto l’ardire di mettere la regia nelle mani di un certo Daniel H. Torrado, umano, ma circondato da un esercito di modelli generativi.

La trama? Un’intelligenza artificiale nata dalla mente disturbata di un hacker, che vuole cancellare l’umanità. Fantascienza? Forse. O forse solo un allegorico specchio sul presente. Perché il vero “reset” qui non è quello raccontato nel film, ma quello dell’intero ecosistema cinematografico.

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