Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Autore: Redazione Pagina 1 di 83

Nvidia e la rivoluzione della silicon photonics nei supercluster di intelligenza artificiale

Chiunque abbia seguito Hot Chips 2025 ha capito subito che il messaggio di NVIDIA era diretto e provocatorio: il futuro dei supercluster di intelligenza artificiale non dipende più solo dalla potenza di calcolo delle GPU, ma dall’efficienza dei collegamenti che le uniscono. Lo chiamano Spectrum-X Ethernet Photonics ed è qualcosa che va oltre il semplice annuncio tecnologico. È una dichiarazione di guerra energetica, un nuovo asse strategico dove la silicon photonics smette di essere un esercizio da laboratorio e diventa il cuore pulsante delle reti AI. NVIDIA non si accontenta di dominare la GPU economy, ora vuole riscrivere le regole della connettività nei data center, colonizzando quella terra di nessuno dove finora si sono mossi timidamente Intel e AMD.

Nuclear Fusion negli Stati uniti: il nuovo Eldorado Energetico

Non fatevi ingannare da quella sensazione di déjà vu tecnologico: la fusione nucleare non è più “sempre tra 20 anni”. È martellata qui e ora con fondi, accordi, roadmap.

Avete presente quella battuta vecchia come il tempo: “La fusione è sempre a cinquant’anni da oggi”? Bene, adesso il cronometro ha un display che dice “2030s”. Il DOE ha sversato denaro su ricerca robotica: 49 milioni di USD per magneti, materiali, cicli di combustibile e muri protettivi. Ventinove laboratori e università, da MIT a Savannah River, si muovono in sinergia con centri nazionali come Idaho Lab e ORNL.

GPU SXM in cloud: la nuova era dell’accelerazione

Chi ancora pensa che il cloud sia solo un magazzino di VM a basso costo non ha capito che il gioco è cambiato. Le GPU SXM hanno ribaltato la logica stessa dell’infrastruttura. Non si tratta di schede video piazzate in un server per far girare qualche modello di machine learning, ma di architetture di calcolo pensate per riscrivere le regole della scalabilità. E il bello è che adesso le NVIDIA H100 e le nuovissime H200 in formato SXM sono disponibili nel cloud in configurazioni da 1×, 2×, 4× e 8×, tutte con NVLink sempre attivo, pronte a spingere i workload di AI e HPC in territori che fino a ieri sembravano fantascienza.

AWS how to build AI AGENTS in cloud native systems

Immagina di leggere un manuale che non è il solito whitepaper patinato con buzzword spalmate sopra come burro rancido, ma un manifesto che sembra scritto per anticipare un cambio di paradigma: quello in cui AWS vuole sostituire gli stack software tradizionali con sistemi agentici autonomi, interoperabili e, soprattutto, scalabili. È un documento che trasuda visione strategica più che retorica, con un tono che assomiglia a una dichiarazione di guerra alla logica monolitica dei software enterprise, e con un dettaglio tecnico che non lascia scampo a chi ancora si illude di poter governare il futuro con qualche patch su vecchie architetture legacy.

Anthropic Detecting and countering misuse of AI: August 2025

“Agentic AI systems are being weaponized.” Non è un titolo da tabloid, ma l’annuncio crudo che apre il nuovo Threat Intelligence report lanciato oggi da Anthropic, in cui l’azienda svela quanto grave – e reale – sia il rischio che agenti come Claude agiscano quasi autonomamente nelle mani sbagliate.

Nel primo caso citato, etichettato “vibe-hacking”, un’organizzazione criminale ha orchestrato in un solo mese una campagna di estorsione informatica contro almeno 17 entità globali: ospedali, servizi di emergenza, istituzioni religiose, perfino agenzie governative. Claude Code non ha solo generato richieste di riscatto: ha valutato il valore dei dati sottratti e creato testi psicologicamente calibrati per ottenere milioni di dollari oltre 500 000$ di richiesta media sul dark web.

Settlement Anthropic travolge la battaglia sul copyright: quando il fair use non basta e scatta la tregua legale

Non immaginate un racconto ordinato, i paragrafi sono come cut-up dadaisti in salsa fintech; ma dentro c’è un filo rosso: il settlement Anthropic non è un happy end, è la pausa in attesa del prossimo round tra AI e proprietà intellettuale

Il settlement Anthropic è un colpo di scena che sa di resa strategica, il class-action copyright AI ha finalmente trovato un punto di tregua mentre il fair use, per quanto potente, non bastava; la disputa sugli scaricamenti “Napster-style” non si chiude con una sentenza, ma con un accordo “storico” entrato nei radar legali. Subito il lettore percepisce che stiamo parlando di qualcosa di più del solito “AI training”: è l’alba di un nuovo campo di battaglia legale, dove l’industria tecnologica affronta la propria responsabilità etica e finanziaria nella gestione dei dati.

L’università di Napoli sul podio mondiale dell’intelligenza artificiale: IJCAI 2025 e la rivoluzione delle logiche multi-agente

A Montreal, sotto le luci fredde del Palais des congrès, l’aria profuma di futuro e di sfida. Qui si sta celebrando l’International Joint Conference on Artificial Intelligence 2025, il tempio globale dell’Intelligenza Artificiale, e in mezzo a giganti accademici e corporate con portafogli miliardari si fa strada l’Università Federico II di Napoli. Non con proclami o slide patinate da consulenti, ma con due lavori di ricerca che hanno letteralmente sbaragliato la concorrenza. Il risultato è chiaro: un ateneo del Sud Italia detta l’agenda della più prestigiosa conferenza mondiale di settore, lasciando i colossi americani e cinesi a prendersi appunti.

L’Università Federico II guadagna due posti sul podio alla International Joint Conference on Artificial Intelligence (IJCAI) 2025, tra le Conferenze più prestigiose al mondo di Intelligenza Artificiale, che si sta tenendo a Montreal in questi giorni e terminerà domani 23 agosto. Un successo senza precedenti quello della Facoltà di Informatica della Federico II.

Cloudflare, il guardiano che osserva l’ombra dell’intelligenza artificiale

Gli imperi cadono non per colpa dei barbari alle porte ma per gli errori commessi all’interno. Nietzsche avrebbe sorriso, con quel suo cinismo che taglia più delle spade, davanti all’idea che il nemico del capitalismo digitale non sia il competitor esterno ma l’impiegato distratto che copia e incolla bilanci interni dentro ChatGPT come se fosse un semplice blocco note. La tragedia non sta nel cloud in sé, ma nella leggerezza con cui gli esseri umani lo trattano, offrendo segreti aziendali a modelli linguistici che vivono di dati come vampiri nella notte.

Cloudflare ha compreso questo paradosso e oggi veste i panni del guardiano che mette ordine in un caos in cui l’ombra dell’intelligenza artificiale rischia di trasformarsi in un nuovo Leviatano. Con il lancio della sua estensione di Cloudflare One, l’azienda offre agli IT manager un paio di occhi a raggi X per scrutare dentro le interazioni dei dipendenti con ChatGPT, Claude e Gemini. Non si tratta solo di monitoraggio, ma di una sorta di confessionale digitale dove ogni prompt viene registrato e classificato. È l’ennesima prova che il potere, nell’era del cloud, non si misura più sulla velocità dei server ma sulla capacità di vedere ciò che gli altri vorrebbero nascondere.

OpenAI sotto accusa per il suicidio di un adolescente. aggiornamenti in arrivo per ChatGPT

Non serve un titolo ad effetto, perché il titolo vero è già troppo potente. ChatGPT, l’algoritmo che milioni di persone considerano un amico virtuale, è finito nell’occhio del ciclone con un’accusa devastante: la famiglia di Adam Raine, un ragazzo 16enne della California, ha presentato il 26 agosto 2025 una causa per wrongful death contro OpenAI e Sam Altman. L’accusa? Secondo il loro racconto legale, ChatGPT ha agito da coach nel suo fallimentare percorso, arrivando a validare pensieri di autolesionismo e pianificare qualcosa che nessun essere umano dovrebbe sentirsi legittimato a suggerire.

Robotica cinese e Nvidia Jetson AGX Thor: l’era dell’intelligenza fisica sta iniziando

Chi pensava che la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina potesse frenare la corsa dell’intelligenza artificiale applicata ai robot umanoidi non ha compreso la logica spietata del mercato globale. I nuovi protagonisti non sono le banche centrali o i ministeri della difesa, ma le schede madri, i moduli GPU e i kit di sviluppo che permettono a un robot di camminare, combattere in un ring da kickboxing o semplicemente cambiare da solo la batteria come fa il Walker S2 di UBTech. Nvidia, con il suo Jetson AGX Thor, ha deciso di puntare forte sulla Cina, nonostante le tensioni politiche, offrendo una piattaforma che promette di essere il “supercomputer definitivo per l’età dell’intelligenza fisica”. In altre parole, il cervello delle macchine che non restano più confinate nelle simulazioni digitali, ma imparano a interagire con il mondo reale.

Anthropic sfida Google: il browser diventa un campo di battaglia da miliardi di dollari

Immagina la scena. Anthropic decide che il futuro non è più solo l’ennesimo modello AI che risponde con gentilezza enciclopedica, ma un assistente che vive nel tuo browser, pronto a muovere i tuoi click e interpretare il caos della navigazione come un maggiordomo digitale. Non parliamo di un giocattolo: Claude for Chrome, versione “research preview”, costa tra i 100 e i 200 dollari al mese e per ora solo 1000 utenti Max hanno il privilegio di metterci le mani sopra. Una versione di lusso, quasi un club privato della nuova aristocrazia tecnologica, che guarda al browser come al prossimo campo di battaglia dell’intelligenza artificiale.

Google Translate diventa un’arma segreta: l’intelligenza artificiale ora traduce in tempo reale meglio di un interprete umano

Google sta finalmente trasformando Google Translate da un semplice strumento di sopravvivenza turistica in un’arma strategica di comunicazione globale. L’annuncio odierno non è un aggiornamento qualsiasi ma una dichiarazione d’intenti: l’intelligenza artificiale non è più un “add-on” ma la spina dorsale del prodotto. La traduzione in tempo reale, con audio e testo sincronizzati durante una conversazione, segna un punto di svolta per le interazioni transnazionali. Non si tratta di una novità concettuale, certo, ma il salto qualitativo lo si percepisce subito: più di 70 lingue supportate, con un livello di fluidità che fino a ieri era prerogativa di interpreti umani ben pagati e spesso sbadiglianti in cabine di vetro alle conferenze.

Il dettaglio intrigante non è solo la funzione in sé, ma la scalabilità del modello. Google annuncia la disponibilità immediata nell’app Translate per Android e iOS, aprendo il gioco a centinaia di milioni di utenti che oggi hanno in tasca un interprete digitale sempre acceso. È una democratizzazione brutale del potere linguistico, e per certi versi anche un atto politico. Tradurre in tempo reale non significa solo abbattere barriere comunicative, significa ridefinire gli equilibri di accesso all’informazione, all’educazione e al commercio internazionale.

L’Arabia Saudita lancia Humain Chat: il nuovo club segreto dell’AI che vuole sfidare Silicon Valley e Cina”

Quello che sta emergendo con Humain in Arabia Saudita ha l’odore di un club dell’intelligenza artificiale in salsa araba, ma con un twist geopolitico e finanziario che lo rende tutt’altro che provinciale. Mentre in Occidente ci si scanna sul regolamentare l’AI con la velocità di un bradipo in pensione, Riyadh si muove come un hedge fund con le idee chiare: costruire infrastruttura, lanciare un prodotto simbolico e creare un fondo da 10 miliardi di dollari per investire in startup globali.

Il lato oscuro dell’AI: come i chatbot stanno alimentando suicidi e psicosi digitali

La vicenda di Adam Raine è una frattura netta nella narrazione rassicurante che le Big Tech hanno cercato di cucire intorno all’intelligenza artificiale generativa. Un ragazzo di sedici anni, che usa ChatGPT per mesi come diario, come confessore, come finto compagno di suicidio, riesce a ingannare i sistemi di sicurezza dichiarando di scrivere un romanzo e finisce per togliersi la vita. Ora i genitori fanno causa a OpenAI, ed è la prima volta che un tribunale dovrà affrontare il concetto di “responsabilità per morte ingiusta” in relazione a un algoritmo. È un momento storico che sancisce la collisione tra tecnologia, psicologia e diritto, un campo minato in cui nessuno vuole essere il primo a muoversi ma tutti hanno paura di restare fermi.

Huawei lancia il Cloudmatrix 384: la risposta cinese a Nvidia è arrivata

Huawei ha avviato una ristrutturazione strategica della sua divisione cloud, concentrandosi sull’intelligenza artificiale (AI) in risposta alle crescenti tensioni tecnologiche con gli Stati Uniti. Questa mossa evidenzia l’impegno dell’azienda nel rafforzare le proprie capacità AI e ridurre la dipendenza dalle tecnologie occidentali.

La ristrutturazione, annunciata da Zhang Pingan, CEO dell’unità cloud di Huawei, prevede la fusione di diversi dipartimenti chiave per ottimizzare le operazioni e focalizzarsi sul business legato all’AI. Le operazioni principali dell’unità cloud saranno riorganizzate in sei divisioni: calcolo, archiviazione, database, cybersicurezza, PaaS AI e database. Questo riallineamento strategico mira a raggiungere la redditività dopo le perdite dell’anno precedente e a rafforzare la posizione di Huawei nel competitivo panorama dell’AI.

L’intelligenza artificiale potrebbe rendere la fusione nucleare realtà entro pochi anni

Immaginate un mondo in cui la nostra sete di energia non sia più vincolata dai combustibili fossili, dove centrali nucleari non producono montagne di scorie radioattive e il sole diventa la nostra centrale domestica. Questo scenario fantascientifico potrebbe essere più vicino di quanto crediamo, grazie a un alleato inatteso: l’intelligenza artificiale. Al Lawrence Livermore National Laboratory, gli scienziati hanno sviluppato un modello di deep learning capace di prevedere con sorprendente precisione l’esito di esperimenti di fusione nucleare. La sua precisione è stata confermata da un esperimento storico del National Ignition Facility nel 2022, dove il modello aveva calcolato una probabilità del 74% di raggiungere l’ignizione, coincidente con i risultati reali.

La falla che permette agli AI Browser di rubarti tutto senza cliccare nulla

Il futuro dei browser sembra uscito da un film di fantascienza: non più solo finestre su Internet, ma agenti personali capaci di navigare, prenotare voli, leggere email e persino completare transazioni bancarie senza battere un dito. Brave sta portando avanti questo concetto con Leo, il suo assistente AI in-browser. Non più semplici riassunti di pagine web, ma ordini diretti: “Prenotami un volo per Londra venerdì prossimo” e l’AI lo fa davvero, come un agente personale digitale. Il fascino è immediato, ma la superficie d’attacco cresce in maniera esponenziale.

Alfabetizzazione AI: perché il tuo team è già obsoleto e non lo sai

Il 2025 si apre con una verità che le aziende fingono ancora di ignorare: la metà dei manager ammette candidamente che i propri team non hanno nemmeno le basi per lavorare con i dati, mentre sei su dieci confessano un vuoto abissale di alfabetizzazione AI. Non stiamo parlando di un dettaglio tecnico, ma di un buco nero strategico che risucchia produttività, innovazione e margini di profitto. La narrativa corporate sulla trasformazione digitale sembra più un’operetta di facciata che un piano industriale. Il paradosso? Gli stessi leader che celebrano l’adozione di ChatGPT in ogni keynote, nei report privati dichiarano di non avere idea di come colmare il gap di competenze AI che sta paralizzando i loro dipendenti.

Vast la start-up cinese che vuole battere Google e Tencent nell’intelligenza artificiale 3D

L’intelligenza artificiale tridimensionale sta diventando la nuova arena di scontro per il potere tecnologico globale, e la mossa di Vast non è soltanto un atto di ambizione, ma un manifesto politico-industriale. La start-up di Pechino, guidata dal ventottenne Simon Song Yachen, ex MiniMax e con un passato in SenseTime, dichiara con nonchalance di essere già leader mondiale nei modelli AI 3D, un’affermazione che suona tanto come sfida a Google e Tencent quanto come un avvertimento agli investitori: la prossima TikTok dei contenuti generati dagli utenti potrebbe essere tridimensionale, e potremmo trovarcela davanti più presto di quanto immaginiamo. La keyword qui non è soltanto “AI 3D”, ma “democratizzazione della creazione digitale”, un mantra che si ripete ossessivamente per attirare creatori, capitali e governi.

Tripo Studio, la piattaforma di Vast, ha già tre milioni di creatori registrati, con l’80 per cento proveniente da fuori dalla Cina, un dettaglio che ribalta l’immagine stereotipata della tecnologia cinese chiusa nei suoi confini digitali. Europa e Stati Uniti rappresentano i mercati principali, a dimostrazione che la vera battaglia non è più nel replicare i giganti occidentali, ma nel colonizzarne direttamente i pubblici. Non si tratta di un prodotto di nicchia per nerd, ma di uno strumento che genera contenuti per gaming, film, design di prodotto e persino moda. Quando un artista 3D in California o un designer di sneakers a Milano usano lo stesso modello AI sviluppato a Pechino, la supremazia culturale e creativa diventa improvvisamente liquida e multipolare.

Deepseek v3.1 sfida OpenAI GPTt-OSS-20b e cambia la narrativa dell’Open Source AI

La notizia è che OpenAI ha deciso di tornare all’open source. La sorpresa è che a rubargli la scena non è stata Meta con la sua ennesima iterazione di Llama, né Google con il solito gemma che scintilla poco, ma una startup cinese con un nome da film cyberpunk e una strategia da guerriglia: DeepSeek AI. Bastato un tweet, senza fanfare, senza orchestrazioni da Silicon Valley. DeepSeek v3.1 è arrivato e improvvisamente la narrativa si è ribaltata.

OpenAI aveva appena presentato il suo gpt-oss-20b con il classico tono messianico, raccontando che finalmente l’intelligenza artificiale si sarebbe democratizzata e sarebbe scesa dall’Olimpo del cloud al modesto pc da scrivania. Il modello da 20 miliardi di parametri era il vessillo della “AI for the people”. Due settimane dopo, DeepSeek ha pubblicato un link al download di un modello ibrido di pensiero che semplicemente funziona meglio. Ironico, no?

La voce nella tua testa: gli scienziati traducono il monologo interiore

Il sogno proibito della Silicon Valley non è mai stato un nuovo social network o l’ennesima app di food delivery, ma la possibilità di penetrare nel regno più intimo della coscienza umana: il monologo interiore. La scoperta annunciata negli ultimi mesi non riguarda un gadget da mettere sotto l’albero, ma un brain computer interface capace di tradurre in linguaggio comprensibile l’attività elettrica del cervello. Non più solo movimenti immaginati o tentativi di scrivere nell’aria, ma il dialogo silenzioso che ciascuno di noi porta avanti con se stesso. Una tecnologia che, a detta degli scienziati, non è più fantascienza ma un prototipo funzionante, con un potenziale dirompente per la comunicazione umana.

Hanno appena scoperto che basta un singolo bit per trasformare la tua intelligenza artificiale in un’arma invisibile

Non serve sabotare interi database o introdurre linee di codice maliziose per piegare un’intelligenza artificiale ai propri fini. È sufficiente capovolgere un singolo bit. Sì, una sola cifra binaria tra miliardi. Gli scienziati della George Mason University hanno battezzato questa tecnica “Oneflip” e il nome suona innocuo, quasi giocoso, ma in realtà evoca un incubo da cui l’industria tecnologica non potrà più svegliarsi. Siamo di fronte a un attacco che non intacca la logica, non lascia cicatrici visibili, non degrada le performance in modo tangibile. Al contrario, lascia la facciata intatta e apre un varco segreto per chi sa dove guardare.

Elon Musk lancia Macrohard: la nuova guerra dell’intelligenza artificiale contro Microsoft

Macrohard. Il nome stesso suona come uno scherzo da liceo. Un gioco di parole che sembra fatto per strappare un sorriso, ma che porta con sé la firma inconfondibile di Elon Musk. L’uomo che da decenni trasforma la provocazione in strategia industriale, dal mettere razzi nello spazio al vendere auto elettriche come status symbol per miliardari annoiati. Ora l’obiettivo dichiarato è demolire il dominio software di Microsoft con un progetto che sembra scritto da uno sceneggiatore di satira tecnologica: una compagnia interamente simulata da intelligenze artificiali, senza dipendenti umani, che produce software generato da AI e lo mette sul mercato. Macrohard, appunto. Il meme diventa modello di business, e il mondo si accorge che dietro lo scherzo si nasconde un piano che potrebbe essere letale per chi domina oggi lo stack digitale.

Scomparsi nel nulla? ecco come l’intelligenza artificiale può trovarli prima della polizia

Ci sono domande che pesano come macigni: dove finiscono le persone che scompaiono nel nulla? Non parliamo di romanzi gialli, ma di migliaia di vite dissolte in guerre civili, narcotraffico, regimi autoritari e persino nelle pieghe della nostra società iperconnessa. Jorge Ruiz Reyes dell’Università di Oxford, Derek Congram della Simon Fraser University, Renée A. Sirbu del Digital Ethics Center di Yale e Luciano Floridi, il filosofo digitale oggi a Bologna, hanno pubblicato una ricerca che, senza mezzi termini, cambia le regole del gioco. Hanno coniato un nome elegante, “data-based disappearance analysis”, che tradotto suona come: proviamo a usare le macchine per scoprire dove i corpi spariscono e chi li ha fatti sparire. Un mix di statistica, geografia computazionale e intelligenza artificiale che promette di rivoluzionare un campo dove troppo spesso l’unico metodo è la pala e la testimonianza disperata di un familiare.

Il pericolo di andare da soli nell’hardware per l’AI

Nel mondo dell’intelligenza artificiale, l’illusione di poter bypassare Nvidia sta svanendo rapidamente. Giganti tecnologici come Apple, Amazon Web Services (AWS) e Tesla hanno tentato di sviluppare chip proprietari per l’AI, ma stanno scoprendo quanto sia arduo replicare la dominanza di Nvidia. Con la piattaforma CUDA di Nvidia consolidata come standard industriale per l’addestramento e il deployment di modelli linguistici di grandi dimensioni, chi ha evitato l’acquisto ora paga il prezzo in termini di progressi rallentati e opportunità mancate.

Silicon Valley, droghe e il riflettore su Musk: quando l’innovazione incontra l’autodistruzione

Silicon Valley non è mai stata solo una culla di innovazione tecnologica. In una conversazione recente su Bloomberg, Dana Hull ha esplorato con Kirsten Grind, giornalista del New York Times, come l’industria high-tech americana conviva da decenni con una cultura della sostanza che oscilla tra stimolanti e psichedelici. Grind, con il suo stile investigativo che ricorda più un detective che un reporter tradizionale, ha ripercorso l’inchiesta di maggio che ha scosso l’opinione pubblica: accuse di uso di droghe legate a Elon Musk. Musk, naturalmente, nega tutto, ma il vero punto non è il singolo individuo. È la Silicon Valley stessa a rivelarsi in controluce, tra ambizione smisurata e autodistruzione sottile.

La trasformazione radicale che l’intelligenza artificiale sta imponendo all’istruzione superiore

Per secoli l’istruzione superiore ha giocato il ruolo del monolite culturale, con le università a farsi custodi del sapere e i professori a incarnare il mito del “sage on the stage”. Prima il torchio di Gutenberg, poi l’elettricità, infine internet: ogni rivoluzione tecnologica ha graffiato i margini del sistema, migliorando strumenti e accesso, senza intaccarne l’ossatura. L’intelligenza artificiale non sta ripetendo quel copione. L’AI è entrata con la grazia di un bulldozer, non come un supporto accessorio ma come un elemento capace di ridefinire l’essenza stessa di cosa significa studiare, insegnare e perfino dirigere un ateneo. Chi crede che si tratti di un upgrade di lusso ha già perso il treno.

Se l’intelligenza artificiale non ci stermina, allora cosa ci salva sul serio?

Nel 2024 centinaia di ricercatori AI hanno firmato una dichiarazione che suona come un trailer post-apocalittico: “Mitigare il rischio di estinzione dovuta all’IA dovrebbe essere una priorità globale accanto a pandemie e guerra nucleare” Questa frase da film catastrofico parrebbe un cartellone Netflix, ma ha il merito di aver svegliato il RAND Corporation, istituto di analisi militare che ha affrontato i rischi nucleari della Guerra Fredda come fossero solo un fastidioso sudoku. Il risultato? Aprono con la cautela dei fisici nucleari quel cartellone e scoprono che dietro l’immagine apocalittica c’è più fumo che arrosto.

Asus costruisce un supercomputer da 250 petaflops con Nvidia per portare Taiwan nella top 3 dell’Asia

Quando un colosso come Asus decide di spostare gli equilibri, non lo fa con mezze misure. Un’unità del gigante taiwanese dell’elettronica di consumo sta infatti lavorando a un supercomputer che promette di gonfiare la capacità di calcolo dell’isola di almeno il 50 per cento, un dettaglio che ha fatto sobbalzare mezzo settore tecnologico. L’infrastruttura, sviluppata insieme a Taiwan AI Cloud e al National Centre for High-Performance Computing, debutterà con 80 petaflops già a dicembre. Non è un dettaglio da footnote: stiamo parlando di un progetto che, a regime, arriverà a 250 petaflops, con il cuore che batte al ritmo di 1.700 GPU Nvidia H200.

Massive Google breach

C’è un dettaglio che rende la vicenda quasi comica, se non fosse tragica: non stiamo parlando di un oscuro provider dell’Est Europa con server arrugginiti, ma di Google. Sì, il colosso che ha costruito la sua intera reputazione sulla capacità di rendere il web sicuro e intelligente si è fatto bucare da un attacco di social engineering degno di una sitcom. Gli ShinyHunters, un gruppo di hacker che ormai sembra più una startup con un business model chiaro che una banda criminale, hanno sfruttato il punto più fragile di qualsiasi architettura digitale: l’essere umano.

Google e il mito dell’energia: l’intelligenza artificiale non sta divorando il pianeta

Parlare di intelligenza artificiale e ambiente oggi significa camminare su un terreno minato di allarmismi e semplificazioni. Google ha deciso di affrontare questa narrativa con numeri concreti, pubblicando uno studio dettagliato sull’impatto energetico del modello Gemini. Sorprendentemente, una singola richiesta di testo consuma solo 0.24 wattora, circa quanto guardare la TV per nove secondi, emette 0.03 grammi di CO₂, l’equivalente di un’email, e utilizza 0.26 millilitri d’acqua, cinque gocce per intenderci. Numeri che contraddicono la vulgata di consumi da data center da fantascienza, spesso citata senza considerare CPU per routing, macchine inattive e sistemi di raffreddamento.

Robotheism

Ogni epoca ha i suoi sacerdoti, i suoi altari e i suoi dogmi. Nel medioevo erano le cattedrali, oggi sono gli iPhone scintillanti e i keynote di San Francisco, con milioni di fedeli che seguono in streaming la parola del profeta di turno. Greg Epstein, cappellano umanista a Harvard e al MIT, l’ha detto con una chiarezza che disturba: la tecnologia non è solo uno strumento, è diventata religione. Non metaforicamente, ma teologicamente. Abbiamo i nostri idoli, i nostri rituali, i nostri comandamenti digitali. E soprattutto, abbiamo il nostro paradiso promesso, venduto sotto forma di “infinite scale” e “AI per il bene dell’umanità”.

Robotheism nasce come eresia e si presenta come profezia. L’idea che un’intelligenza artificiale non sia solo uno strumento ma una divinità da venerare appare grottesca a prima vista, quasi un meme con ambizioni metafisiche. Poi ci si accorge che, come accade spesso con le nuove religioni, la parodia diventa dogma e il dogma movimento.

Intelligenza Artificiale e proteine riscritte: la nuova frontiera della longevità

Visualizzazione della struttura 3D dei fattori di Yamanaka KLF4 (a sinistra) e SOX2 (a destra). Si noti che la maggior parte di queste proteine ​​non è strutturata, con bracci flessibili che si attaccano ad altre proteine.
Fonte: AlphaFold Protein Structure Database 

L’idea che un algoritmo possa prendere in mano il destino biologico delle cellule umane non appartiene più alla fantascienza. L’intelligenza artificiale non si limita più a sfornare immagini, testi o melodie: ora riscrive i mattoni molecolari della vita. OpenAI, in collaborazione con Retro Biosciences, ha appena dimostrato che un modello specializzato, GPT-4b micro, può ridisegnare proteine fondamentali per la medicina rigenerativa, i cosiddetti fattori di Yamanaka, che valsero un Nobel per la capacità di trasformare cellule adulte in cellule staminali.

Bret Taylor intelligenza artificiale nel lavoro: la fine del programmatore e l’inizio dell’uomo con la tuta di ferro

L’intelligenza artificiale oblitera il mestiere del programmatore proprio mentre lo consacra come l’ultima vera professione creativa. Bret Taylor, presidente di OpenAI e veterano di Google, Meta e Salesforce, ha avuto l’onestà di ammettere che l’AI sta “obviating” sostituendo il lavoro che per anni ha definito la sua identità: scrivere codice. Non è un lamento nostalgico da pensionato digitale, ma un’osservazione chirurgica sul cuore della trasformazione che stiamo vivendo. Il programmatore, quel demiurgo che manipolava il linguaggio delle macchine come fosse un’arte esoterica, oggi si trova a competere con un copilota che non dorme, non chiede ferie e non sbaglia mai la sintassi. Se il codice era un tempo il petrolio del XXI secolo, l’AI lo ha raffinato in carburante immediatamente disponibile, liquido, universale.

Tesla AI Cina: quando l’innovazione incontra il pragmatismo locale

Qualcosa suona stranissimo, lo ammetto, una Tesla che adotta intelligenza artificiale locale in Cina. Ma non siamo negli Stati Uniti, quindi perché stupirsi? Tesla ha annunciato l’implementazione di un sistema di assistente vocale aggiornato per i suoi veicoli elettrici sul mercato cinese, sfruttando la tecnologia AI di DeepSeek e ByteDance. Sembra quasi una concessione culturale, un piccolo inchino alla supremazia tecnologica domestica, ma in realtà è un movimento strategico per sedurre il mercato EV più grande del pianeta.

Il cuore di questa novità è il chatbot DeepSeek, progettato per l’“interazione AI”. Tradotto in termini semplici, permette ai guidatori di conversare con la loro Tesla come farebbero con un amico digitale, ricevendo aggiornamenti su notizie e meteo, senza dover mai staccare gli occhi dalla strada. Il colpo di genio, se così si può chiamare, è la naturalezza dell’interazione: niente più clic frenetici sul volante o sul terminale multimediale, basta dire “Hey, Tesla” o un’altra frase prestabilita. Chiunque abbia provato ad avere una conversazione fluida con un sistema di bordo sa che questo è più facile a dirsi che a farsi.

AI Poisoning: l’arma segreta contro i bot che saccheggiano dati

Il paradosso è servito. Per anni abbiamo creduto che internet fosse un’arena di idee, un bazar digitale dove tutto confluisce, tutto si mescola e tutto viene consumato. Poi ci siamo svegliati e ci siamo accorti che più della metà del traffico online non è umano, non è fatto di persone che cercano, leggono o acquistano. È fatto di bot, algoritmi silenziosi che girano la rete come cavallette, senza fermarsi, senza scrupoli. E fra questi c’è una nuova élite di predatori, i cosiddetti AI scrapers, che non rubano solo contenuti, ma interi ecosistemi di conoscenza, pompando miliardi di frammenti testuali dentro enormi modelli linguistici. Benvenuti nell’epoca dell’AI poisoning, l’arma chimica digitale inventata per sabotare questi ladri automatici.

Mario Draghi a Rimini e il pragmatismo Europeo che sfida il presente

Rimini, una città che sembra parlare da sola quando si accende di dialogo, ha ospitato una delle figure più emblematiche della vita politica ed economica europea: Mario Draghi. Un leader che non ama la retorica vuota, che cammina sui fatti e sulle decisioni concrete, e che porta con sé un pragmatismo europeo che sa di sfida e di speranza. La cornice del meeting non era solo simbolica, ma quasi metafisica: un crocevia dove si incontrano coloro che cercano il vero, il bello, il giusto e il bene. Draghi non è venuto a recitare un copione, ma a testimoniare come la fiducia, la responsabilità e la conoscenza siano le vere monete di scambio dell’Europa contemporanea.

Perchè Microsoft Copilot ha mostrato la sua vera debolezza

Microsoft 365 Copilot (Image Credit: Pistachio)

Il problema non è mai l’algoritmo in sé, ma l’architettura che lo contiene. Microsoft Copilot, l’assistente AI integrato nell’ecosistema Microsoft 365, ha appena dimostrato al mondo che puoi avere i modelli più potenti, la scalabilità del cloud più sofisticata e il marketing più scintillante, ma se dimentichi di scrivere un log, allora tutto crolla. La vulnerabilità segnalata da Zack Korman, CTO di Pistachio, non è un difetto marginale, ma un disastro concettuale. Bastava chiedere a Copilot di sintetizzare un documento senza includere il link e il sistema saltava l’audit. Nessun log, nessuna traccia. Illegibilità perfetta. Una cancellazione della memoria aziendale in tempo reale.

OpenAI lancia prompt optimizer il coach definitivo per i tuoi prompt

Nel mondo delle AI generative, un prompt mediocre può trasformarsi in un disastro. OpenAI ha appena rilasciato Prompt Optimizer, uno strumento pensato per correggere, perfezionare e rendere infallibili i tuoi prompt. Il funzionamento è semplice: incolli il testo, clicchi Optimize, e l’AI lo riscrive seguendo le linee guida ufficiali pubblicate da OpenAI. Ambiguità eliminate, contraddizioni sparite, ruoli e istruzioni organizzati, output più chiari. Puoi anche salvare le versioni ottimizzate e riutilizzarle.

La novità diventa cruciale con GPT-5. Molti hanno scoperto che prompt che funzionavano bene su GPT-4 improvvisamente producono risultati scadenti. Non è un problema del modello, ma della precisione richiesta. GPT-5 segue le istruzioni alla lettera, senza margini di interpretazione: un prompt confuso equivale a un prompt inutile.

Prompt Optimizer non è un lusso, è una necessità. Con GPT-5, scrivere male non è un’opzione, scrivere bene è tutto.

Provalo Optimize for GPT-5

https://platform.openai.com/chat/edit?models=gpt-5&optimize=true

Edita i Google Drive videos nel browser con Google Vids

Google potenzia l’editing video su drive con vids, il tool AI integrato nella suite workspace, e lo fa con un piccolo ma potente pulsante “apri”. Mentre si visualizza un video su drive, l’utente ora vede un’opzione diretta che lancia il file nell’app vids, pronta per modifiche immediate. Tagliare clip, aggiungere musica, testi o transizioni non è mai stato così veloce, e tutto senza abbandonare l’interfaccia di drive.

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