Nelle redazioni americane l’aria si sta facendo elettrica. E non solo per il continuo ronzio dei modelli linguistici che iniziano a insinuarsi fra riunioni di redazione, bozze e lavoro di desk. Il vero cortocircuito lo ha acceso Politico, dove un arbitrato ha stabilito che il management ha violato le clausole sull’adozione dell’intelligenza artificiale previste dal contratto sindacale. Una decisione che non è solo una vittoria per i giornalisti del NewsGuild, ma un campanello che risuona ben oltre Washington, perché parla del futuro del lavoro giornalistico e del fragile equilibrio tra velocità tecnologica ed etica dell’informazione.
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Sta succedendo qualcosa di prevedibile ma comunque tragicamente ironico nelle sale asettiche di Politico. Sì, proprio loro, i cultori del giornalismo politico USA, quelli che pontificano ogni mattina su potere e verità, stanno per finire davanti a un arbitro. Motivo? Hanno usato contenuti generati da intelligenza artificiale in un live blog. E i giornalisti in carne e ossa non l’hanno presa benissimo. Tradotto: sciopero, sindacato e via al teatrino legale.
La parola chiave qui non è tanto “AI” quanto “contratto”. Perché quando i lavoratori sindacalizzati della redazione ti dicono che un contenuto violava gli accordi aziendali, e tu rispondi con un chatbot che sputa riassunti imprecisi e frasi che nessun redattore umano oserebbe firmare, allora non sei solo un pioniere dell’innovazione. Sei un datore di lavoro che gioca al piccolo Frankenstein con il copyright e la reputazione editoriale.