Vi ricordate Sean Connery che emerge dalle acque gelide dell’Atlantico settentrionale con il suo Ottobre Rosso inseguito dal sottomarino americano USS Dallas, mentre la Guerra Fredda ribolle sotto la superficie? Bene, 35 anni dopo quel thriller che ha tenuto incollati milioni di spettatori, questa volta non è la marina americana ma la Royal Navy che sta scrivendo un sequel non fiction, dove i protagonisti non sono più capitani dal fascino intramontabile, ma droni sottomarini autonomi che pattugliano i fondali per tre mesi filati, in cerca di ombre russe che minacciano cavi di fibra ottica e rotte vitali.
Eh no, non è Hollywood, ma il programma Atlantic Bastion, appena svelato dal Ministero della Difesa britannico, che promette un dramma geopolitico altrettanto avvincente: una rete high-tech per blindare l’Atlantico contro le “nuove minacce in mare” di Mosca, in un mondo dove la tecnologia sottomarina decide chi controllerà il flusso di dati, energia e potere globale.
Tutto inizia nelle acque cupe al largo della costa occidentale della Scozia, dove il glider autonomo SG-1 Fathom, un siluro alato lungo appena due metri, forgiato nelle officine tedesche di Helsing, si immerge silenziosamente, svanendo nella nebbia oceanica come un predatore stealth. Dotato di sensori acustici potenziati dall’intelligenza artificiale Lura, questo piccolo prodigio monitora e ascolta, intercettando vibrazioni di eliche nemiche o anomalie che potrebbero segnalare un sottomarino russo in agguato.
“Patruuglia attraverso le profondità, raccogliendo dati su potenziali avversari”, spiega Katie Raine, project manager del programma, in un’intervista a BBC News, mentre un team di tre operatori a terra scruta schermi che pulsano di echi sonar. Se questi trial nel Mare del Nord daranno i frutti sperati (i primi test, autodotati e condotti in acque britanniche, sembrano promettenti), Fathom si unirà a una flotta ibrida che mescola navi da guerra, aerei da ricognizione e veicoli autonomi, creando una “parete di droni marini” per la NATO, come la descrive Amelia Gould di Helsing.
Ma non è solo una questione di gadget futuristici: è una mossa calcolata in un scacchiere sottomarino che si sta scaldando pericolosamente. L’annuncio arriva a ridosso di un’escalation russa: navi spia come la Yantar, citate dal Segretario alla Difesa John Healey nelle scorse settimane, solcano le acque britanniche con un interesse sospetto per infrastrutture critiche, dai cavi sottomarini che trasportano il 97% del traffico internet globale alle linee energetiche del Nord Europa. Healey non usa giri di parole: “La Gran Bretagna e i suoi alleati NATO devono affrontare una serie di nuove minacce in mare”, ha dichiarato durante la presentazione a Portsmouth Naval Base, dove modelli di altri gioielli tech, come il Rattler, un veicolo di superficie telecomandato, l’Excalibur, un sottomarino sperimentale senza equipaggio e il Proteus, un elicottero autonomo anti-sommergibile, hanno rubato la scena.
Atlantic Bastion, progetto della nuova Strategic Defence Review, trasforma la Royal Navy in una forza ibrida: AI che fonde dati acustici in una “rete di targeting digitale”, permettendo decisioni fulminee per neutralizzare minacce prima che emergano.
E qui entra in gioco un’alleanza che sa di vendetta nordica: solo pochi giorni fa, Regno Unito e Norvegia hanno siglato un patto inedito per una “flotta comune” focalizzata su un obiettivo cristallino: “dare la caccia ai sottomarini russi” nell’Atlantico settentrionale, come recita la nota di Downing Street. È un sodalizio che riecheggia le vecchie tensioni della Guerra Fredda, ma con un twist high-tech: Oslo, con la sua esperienza artica, porta expertise su ghiacci e fondali; Londra, la sua rete di intelligence e innovazione. Insieme, mirano a contrastare la resurrezione della flotta subacquea di Mosca, che dopo l’invasione dell’Ucraina ha intensificato operazioni ibride e spionaggio su rotte NATO.
La nostra tecnologia è un passo avanti alla loro, assicura il Capo di Stato Maggiore della Royal Navy, Ammiraglio Sir Gwyn Jenkins, in un’intervista a The Times, sottolineando come questi droni non solo ascoltano, ma imparano, adattandosi in tempo reale a pattern nemici per una deterrenza proattiva.
C’è un velo di ironia in questa corsa agli abissi digitali: mentre la Russia scommette su sottomarini nucleari ereditati dall’era sovietica, aggiornati ma rumorosi, la Gran Bretagna, con il suo budget difesa sotto pressione post-Brexit, punta su swarms low-cost di droni che costano una frazione e operano senza rischiare vite umane. È il trionfo della “difesa asimmetrica”, dove l’AI non sostituisce i marinai, ma li amplifica, creando una bolla invisibile intorno a infrastrutture da 10 miliardi di sterline annue in cavi sottomarini.
Attenzione: Atlantic Bastion non è solo un programma militare; è un manifesto geopolitico che posiziona il Regno Unito come guardiano high-tech dell’Atlantico, un ponte tra l’innovazione europea e la deterrenza NATO. Mentre i test proseguono, con Fathom che solca le correnti scozzesi come un ottobre rosso moderno, il mondo trattiene il fiato: in queste acque profonde, la prossima mossa potrebbe ridisegnare non solo mappe navali, ma gli equilibri globali. E chissà, se Sean Connery fosse ancora tra noi potrebbe approvare con un cenno: “Non male, per un sequel.”