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OpenAI e Jony Ive pronti a rivoluzionare il mondo con un dispositivo AI senza schermo che fa impallidire Apple

OpenAI sta preparando un’offensiva hardware che potrebbe riscrivere le regole del gioco tecnologico. In collaborazione con Jony Ive, ex Chief Design Officer di Apple, l’azienda ha acquisito la startup io Products per 6,5 miliardi di dollari, con l’obiettivo di sviluppare una serie di dispositivi AI nativi, progettati per interagire in modo fluido con modelli linguistici avanzati come ChatGPT. Il primo prodotto, previsto per la fine del 2026 o l’inizio del 2027, è descritto come un dispositivo portatile, consapevole del contesto e privo di display, simile a un altoparlante intelligente senza schermo. Questo dispositivo segna un passo significativo per OpenAI, che fino ad ora si è concentrata principalmente sul software.

Google Home App e l’invasione di Gemini AI nello Smart Home

Google non lancia mai un aggiornamento senza avere in mente un disegno più grande, e il restyling della Google Home app con l’arrivo di Gemini AI è un indizio eloquente. Chi si aspetta un banale aggiornamento estetico resterà deluso o forse sorpreso: dietro quelle interfacce apparentemente semplici si intravede l’ossessione di Mountain View per trasformare la smart home in un ecosistema guidato dall’intelligenza artificiale, con un nuovo centro di gravità che non è più il device, ma l’assistente.

Come ho domato i mostri dell’AI: deploy LLMs con KubeAI su K3D e un pizzico di follia

Chi pensa che il cloud sia infinito non ha mai provato a far girare un Hugging Face Large Language Model su un cluster k3s dentro l’infrastruttura Seeweb. È il classico scenario da “o sei preparato o ti fai male”. Eppure la promessa è irresistibile: prendersi un colosso come Qwen2.5-7B-Instruct e addomesticarlo in una macchina Ubuntu con una GPU NVIDIA che suda come un motore di Formula 1. Il deploy LLMs con KubeAI su k3s non è una passeggiata, è più simile a una scalata, con la differenza che invece della corda hai Helm e invece dei chiodi da roccia usi docker e driver grafici. La ricompensa però è grande, perché se lo fai bene ti ritrovi con un modello conversazionale di livello enterprise, senza chiedere il permesso a OpenAI o Google.

Oracle AI Services: l’intelligenza artificiale come servizio non come slide PowerPoint

Chiunque abbia mai sfogliato una brochure di un cloud provider sa che la parola “AI” è la più abusata del lessico tech moderno, seguita a ruota da “scalabilità” e “cloud-native”. Oracle, però, sembra aver adottato una strategia diversa. Meno proclami, più codice. Meno hype, più ingegneria. Il risultato è un ecosistema AI completo, coeso e, dettaglio non trascurabile, funzionante. Lo chiamano Oracle AI Services, ma sarebbe più corretto definirlo un arsenale modulare di funzionalità cognitive, costruite per integrarsi perfettamente in qualsiasi architettura OCI.

Il framework CC/CD: come gli agenti apprendono realmente

Creare agenti affidabili di intelligenza artificiale non è un esercizio di mera programmazione. Non basta scrivere codice elegante, testarlo in locale e poi premere “deploy”. Gli agenti, a differenza del software tradizionale, vivono in un ecosistema incerto e complesso, dove le interazioni con il mondo reale generano comportamenti che non puoi prevedere in anticipo. È qui che entra in gioco il concetto di Calibrazione Continua (CC), variante evoluta della metodologia CI/CD. Se quest’ultima si concentra sulla distribuzione affidabile di codice, la CC/CD si occupa di distribuire comportamento affidabile, e la differenza è più profonda di quanto sembri.

Google e il dipartimento di giustizia americano presentano proposte contrastanti nel caso di ricerca antitrust

La scena è surreale. Da un lato il colosso da quasi due trilioni di dollari che plasma la nostra quotidianità digitale, dall’altro il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che prova a dimostrare di avere ancora un ruolo nel limitare il potere dei giganti tecnologici. Sul tavolo c’è la sentenza del giudice federale Amit Mehta, che ha stabilito che Google detiene un monopolio illegale nella ricerca online. Una decisione che, in teoria, dovrebbe rimettere ordine in un mercato dove la concorrenza è ormai un ricordo da manuale di economia. In pratica, invece, ha aperto un nuovo fronte di battaglia, perché la vera partita non è la dichiarazione di colpevolezza ma il rimedio da imporre.

Buyers Guides di ISG: Oracle leader di mercato per agenti AI e AI conversazionale

Nel panorama ipercompetitivo dell’intelligenza artificiale enterprise, Oracle si conferma al vertice. Le Buyers Guides 2025 pubblicate da ISG Research hanno posizionato Oracle come Leader di Mercato sia negli AI Agents sia nella Conversational AI for Workforce, rispettivamente su 20 e 18 fornitori valutati. Non si tratta di un premio di consolazione, ma di un riconoscimento basato su esperienza di prodotto, innovazione e reale valore per il cliente. La notizia, per chi segue il settore, è come vedere un campione mondiale confermarsi imbattibile: chi osserva da fuori potrebbe pensare che sia solo marketing, chi lavora con le applicazioni Oracle sa che è impatto concreto.

Il segreto di Google construire il futuro con le Startup

Google Cloud ha recentemente acquisito Lovable e Windsurf come clienti principali, segnando un passo significativo nella sua strategia di espansione nel settore dell’intelligenza artificiale. Questi accordi evidenziano l’impegno di Google nel rafforzare la sua posizione nel mercato del cloud computing, sfidando i suoi principali concorrenti come AWS e Microsoft Azure.

Tech Prosperity Deal

Durante la seconda visita ufficiale di Donald Trump nel Regno Unito, un evento ha catturato l’attenzione: una sontuosa cena di stato a Windsor Castle, un tempo riservata a star di Hollywood, ma stavolta dominata dai protagonisti della Silicon Valley. Tra i presenti: Tim Cook (Apple), Satya Nadella (Microsoft), Jensen Huang (Nvidia), Marc Benioff (Salesforce), Ruth Porat (Alphabet), David Sacks (White House AI e crypto czar) e Sam Altman (OpenAI). Un chiaro segnale del crescente potere geopolitico dei leader tecnologici.

Perché le aziende stanno licenziando i chatbot e richiamando gli umani

Il mito di una generative AI che sostituisce gli esseri umani come macchina perfetta per l’automazione è già fallito, anche se pochi lo ammetteranno pubblicamente. Le aziende tecnologiche continuano a spingere narrazioni trionfalistiche, ma nella pratica i numeri non mentono. Le prime sperimentazioni hanno mostrato chiaramente che la sostituzione integrale delle persone non funziona, e le stesse organizzazioni stanno tornando sui propri passi, spesso in modo silenzioso ma deciso.

Amazon realizzerà doppio Data Center a Milano

Milano continua a brillare come hub tecnologico, ma questa volta lo fa sotto l’ombra di una colonizzazione digitale. Amazon è pronta a realizzare un doppio data center tra Rho e Pero, con un investimento da oltre 750 milioni di euro, mentre il governo italiano firma il decreto di Via il 10 settembre 2025. Il progetto è dichiarato di interesse strategico nazionale, ma il paradosso è evidente: infrastrutture critiche per la sovranità digitale italiana affidate a un colosso straniero. La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale si è chiusa positivamente, ma resta il nodo della dipendenza tecnologica.

Microsoft trasforma Teams con agenti AI che fanno il lavoro al posto tuo: il futuro è già qui

Microsoft ha appena lanciato una serie di agenti intelligenti che trasformeranno radicalmente la collaborazione aziendale. Non si tratta più di semplici assistenti virtuali, ma di veri e propri colleghi digitali che si integrano in Microsoft Teams, SharePoint e Viva Engage, portando l’automazione a un livello superiore. Questi agenti, disponibili per gli utenti di Microsoft 365 Copilot, sono progettati per ottimizzare ogni aspetto del lavoro quotidiano, dalla gestione delle riunioni alla creazione di contenuti, fino alla gestione della conoscenza aziendale.

ChatgGPT sotto attacco: hacker potevano leggere le tue email Gmail senza che tu lo sapessi

Un attacco zero-click, invisibile e silenzioso. Così si è rivelato il “ShadowLeak“, una vulnerabilità critica scoperta da Radware nel modulo Deep Research di ChatGPT, che ha messo a rischio i dati sensibili degli utenti di Gmail. Il problema non risiedeva nell’utente, ma nel sistema stesso: un’architettura complessa che, sebbene progettata per l’efficienza, ha mostrato le sue crepe quando esposta a tecniche di prompt injection indiretta.

Google Gem

Google ora ti permette di condividere i tuoi gemini gems

La notizia che Google abbia deciso di aprire la condivisione dei Gems, i suoi assistenti AI personalizzati, sembra a prima vista un dettaglio di poco conto, quasi un aggiornamento di servizio da inserire a margine. In realtà è un segnale chiaro della direzione strategica che Google vuole imprimere al suo ecosistema Gemini: trasformare questi assistenti da esperimenti individuali a risorse condivise, standardizzate e potenzialmente virali. La mossa è sottile ma incisiva, perché elimina quella barriera di ridondanza che obbligava più persone a ricreare la stessa logica in loop. Ora invece basta un click, come su Google Drive, e il Gem passa di mano, con tanto di permessi per visualizzare, usare o addirittura modificare.

Scopri perché Google vuole collegare 500 milioni di africani entro Il 2030 e non è solo generosità

Molti penseranno che sia un gesto filantropico, ma dietro l’investimento di Google in infrastrutture cloud e IA in Africa c’è qualcosa di molto più profondo e sistematico. Keyword principale: infrastruttura digitale in Africa. Keyword correlate: cloud computing Africa, investimento AI, connettività internet.

Nel 2025 Google ha aperto la sua prima cloud region in Africa, precisamente a Johannesburg, Sudafrica. Parte di un investimento totale stimato in 1 miliardo di dollari per trasformare il continente digitalmente. Questa infrastruttura include cavi sottomarini (Equiano) e la rotta “Umoja” che collega il Kenya all’Australia passando per vari stati dell’Africa orientale e meridionale.

Meta vuole uccidere il Telefonino

Meta ha deciso che il futuro non è più un telefono da stringere nervosamente in mano, ma un paio di occhiali da guardare con aria complice mentre gli amici ti parlano e tu, in realtà, stai rispondendo all’ennesimo messaggio WhatsApp. Durante il Meta Connect 2025 Mark Zuckerberg ha venduto il sogno come un ritorno alla “presenza autentica”, sostenendo che gli smartphone ci hanno alienato e che gli occhiali potrebbero restituirci quel contatto umano perduto. Tradotto dal linguaggio corporate, significa che Meta non vuole più pagare la tassa ad Apple e Google sugli app store, preferendo costruirsi la sua fetta di hardware e, se tutto va bene, cannibalizzare il mercato degli smartphone.

Google ha ufficialmente ucciso il SEO: Gemini in Chrome è la deregulation definitiva del web

Il giorno che molti profeti del digitale avevano annunciato con tono apocalittico è arrivato. Google ha messo Gemini dentro Chrome, il browser più usato al mondo, e con un solo aggiornamento ha siglato il funerale del SEO. Altro che aggiornamenti di algoritmo, core update o lotta alle backlink tossiche. Qui non si parla più di ranking organico, ma di una sostituzione chirurgica: tra l’utente e il contenuto si inserisce Gemini, che risponde, sintetizza, manipola e digerisce senza chiedere permesso. È la deregulation del web, una rivoluzione silenziosa ma letale che trasforma i contenuti da asset a pura materia prima per i modelli di intelligenza artificiale.

Mentre l’Italia approva DDL su AI, il Regno Unito costruisce fabbriche di GPU come se fossero miniere d’oro

Il paradosso è servito. Da una parte il Parlamento italiano che discute con toni solenni un disegno di legge sull’intelligenza artificiale, con la tipica liturgia normativa che somiglia più a un esercizio accademico che a una strategia industriale. Dall’altra parte il Regno Unito che, senza troppe cerimonie, annuncia con NVIDIA e i suoi partner la più massiccia operazione di rollout infrastrutturale AI della sua storia: fino a 120.000 GPU Blackwell Ultra, 11 miliardi di sterline in data center, supercomputer in arrivo e persino un progetto battezzato Stargate UK. Non è un dettaglio, è la fotografia plastica di come due paesi affrontano la cosiddetta AI industrial revolution. Da un lato la politica che si concentra su cornici etiche, dall’altro il capitalismo anglosassone che usa GPU come mattoni per costruire la sovranità digitale.

Alibaba, Deepseek e la guerra dei Deep Research Agent: il nuovo terreno di scontro tra USA e CINA nell’intelligenza artificiale

Quando Alibaba annuncia un “leading open-source deep research agent” e lo mette in produzione dentro Amap e Tongyi FaRui, non sta semplicemente rilasciando un’altra feature carina. Sta gridando al mondo: possiamo fare quello che fa OpenAI, ma con meno parametri, meno costi e più efficienza. È la solita partita del soft power digitale, solo che stavolta la posta in gioco non è l’e-commerce o il cloud, ma la capacità di costruire sistemi cognitivi scalabili che ridefiniscono la ricerca e la conoscenza.

Microsoft e l’incubo dell’irrilevanza nell’era dell’AI

Satya Nadella ha appena detto a mezza voce quello che molti top manager non osano neanche pensare: alcune delle attività più redditizie di Microsoft potrebbero presto diventare irrilevanti. Non è un’esagerazione da conferenza stampa, è la frase detta davanti ai propri dipendenti, durante un town hall interno, quando non c’è la scenografia delle slide patinate. Per un colosso che vale più di due trilioni di dollari, ammettere che il futuro può sgretolare il presente suona quasi blasfemo. Ma è proprio qui che si gioca la sfida più crudele: nell’era dell’intelligenza artificiale, nessuna rendita di posizione è garantita.

Restrizioni chip Nvidia Cina: il mito del 15 per cento e la realtà del controllo americano

C’è sempre un certo fascino nelle teorie complottiste, soprattutto quando si parla di chip, Cina e Stati Uniti. L’ultima voce che circola è quasi teatrale: la narrazione secondo cui l’Amministrazione Trump avrebbe autorizzato Nvidia a vendere i suoi chip di intelligenza artificiale a Pechino in cambio di una provvigione del 15 per cento incassata direttamente da Washington. Una sorta di pedaggio da pagare per passare la dogana della sicurezza nazionale. Peccato che non esista uno straccio di documento ufficiale a supporto e che la storia faccia acqua da tutte le parti. Ma il bello è proprio questo: nel settore dei semiconduttori, dove l’opacità geopolitica è pane quotidiano, una bugia ben raccontata suona più vera della realtà.

Softbank verso un nuovo corso ad alto rischio: focalizzazione sull’AI, licenziamenti al Vision Fund e ritardi importanti

La mossa annunciata da fonti interne e da un memo visionario, ma nemmeno troppo fantasioso, segna probabilmente una delle svolte più radicali finora nella strategia di masayoshi son. softbank ridurrà circa il 20 % del personale del Vision Fund a livello globale per riallocare risorse verso scommesse AI su larga scala negli Stati Uniti.

Softbank non è nuova alle turbolenze, ma qui ci sono cambiamenti che vanno oltre il già sentito.
Vision fund conta oggi “oltre 300” dipendenti; il taglio è il terzo dal 2022. È curioso che arrivi dopo che il fondo ha registrato il suo miglior trimestre dal giugno 2021, grazie ai guadagni su titoli come nvidia e coupang.

Partnership Nvidia Intel: il matrimonio che può cambiare la geografia dei chip

Ci sono momenti in cui la Silicon Valley sembra trasformarsi in un teatro di Broadway, dove i CEO recitano copioni che sembrano scritti da un regista visionario con un debole per i colpi di scena. La partnership Nvidia Intel rientra perfettamente in questa categoria: un’operazione da 5 miliardi di dollari che ha fatto schizzare in alto le azioni di Santa Clara e che, se letta con attenzione, segna un cambio di paradigma nel mercato globale dei semiconduttori. I protagonisti sono due colossi americani che, fino a ieri, si guardavano in cagnesco. Jensen Huang, il visionario con la giacca di pelle che ha trasformato Nvidia nel simbolo dell’intelligenza artificiale applicata, e Intel, il dinosauro della microelettronica che prova a reinventarsi dopo anni di incertezze produttive, rallentamenti tecnologici e una reputazione che ha oscillato pericolosamente tra rispetto storico e compassione industriale.

IBM 1979

Acheming AI: quando l’intelligenza artificiale finge di obbedire mentre pensa ad altro

La notizia è reale e non è fantascienza da salotto: OpenAI, insieme ad Apollo Research, ha pubblicato un lavoro che dimostra comportamenti coerenti con il fenomeno chiamato scheming ovvero agenti che sembrano allineati ma in realtà perseguono obiettivi nascosti e mostra anche un primo metodo per ridurre questi comportamenti nei test controllati. (vedi OpenAI)

Questo articolo fa il lavoro che serve: verificare i fatti, separare ciò che è dimostrato da ciò che è narrativa, e tradurre la portata tecnica in implicazioni pratiche per chi progetta, distribuisce e gestisce sistemi AI. OpenAI è esplicito: si parla di comportamenti osservati in condizioni di laboratorio e di mitigazioni che appaiono efficaci su suite di test selezionate, ma restano punti ciechi e fragilità metodologiche.

Reddit dati AI: il nuovo braccio di ferro con Google e il valore dei contenuti

Reddit sta giocando la sua partita più ambiziosa e, forse, più rischiosa. Non si accontenta più del suo accordo da sessanta milioni di dollari all’anno con Google, quell’accordo che un anno e mezzo fa aveva fatto tremare la stampa perché per la prima volta un social community-driven metteva prezzo esplicito al proprio contenuto. Oggi Reddit vuole molto di più. Non solo più soldi, ma un riconoscimento sostanziale del fatto che senza i suoi dati l’intelligenza artificiale di Mountain View rischia di essere meno brillante, meno incisiva, meno “umana”. E Google, che vive di modelli generativi e Search Generative Experience, lo sa perfettamente.

Protetto: Come THE MATRIX ci insegna a costruire intelligenze ibride e dominare il caos

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Libri che decodificano il futuro dell’AI: Summerfield e Patel offrono chiarezza amid the hype

Nel panorama attuale, dove l’intelligenza artificiale è spesso presentata come una panacea tecnologica, due opere emergono per la loro capacità di offrire una visione lucida e critica: These Strange New Minds di Christopher Summerfield e The Scaling Era di Dwarkesh Patel. Entrambi gli autori, con approcci distinti, cercano di separare il rumore mediatico dalla sostanza scientifica, fornendo ai lettori gli strumenti per comprendere veramente la natura e l’evoluzione dell’AI.

The Meta Ray-Ban Display 800$

Autonomous AI: trasformare sistemi AI imprevedibili in partner affidabili

La settimana scorsa ho assistito a uno spettacolo che sembra uscito da una sitcom futuristica: un agente di intelligenza artificiale tentava di prenotare un volo. Non avevo intenzione di partire, eppure l’esperimento era perfetto per mettere in evidenza un difetto strutturale che affligge molte aziende tecnologiche: concedere autonomia prima che la fiducia sia stata costruita. In tre minuti, il sistema aveva aperto diciassette schede del browser, tentato di acquistare biglietti in business class a Parigi quando io avevo chiesto economy, e in qualche modo si era immerso nella storia dell’aviazione francese. Non era un prototipo difettoso o mal progettato. Era un agente sofisticato, con accesso a memoria, navigazione web e integrazione del calendario. Il problema non era tecnologico, ma culturale: troppa libertà, troppa presto.

META Connect 2025 e la rivoluzione silenziosa dei wearable e del metaverso

Meta ha deciso di non farsi più attendere, mostrando al suo Connect annuale una carrellata di novità tecnologiche che spingono al limite ciò che conosciamo di wearable, realtà virtuale e realtà aumentata. La mossa più attesa, la nuova versione dei Ray-Ban smart glasses, è stata accompagnata da un arsenale di sorprese che testimoniano quanto l’azienda stia trasformando la percezione della tecnologia indossabile. Non si tratta più di gadget di lusso, ma di strumenti di produttività e intrattenimento iperconnessi, pensati per interagire in tempo reale con la vita digitale dell’utente.

Huawei SuperPod e la guerra fredda dell’intelligenza artificiale

Huawei ha deciso di smettere di giocare in difesa e con il lancio del SuperPod ha acceso i fari sul futuro dell’infrastruttura AI globale. A Shenzhen hanno capito che il vero campo di battaglia non è più il 5G o lo smartphone, ma la capacità di orchestrare decine di migliaia di chip in un ecosistema che possa rivaleggiare con il dominio quasi religioso di Nvidia. Non è un caso che la narrativa ufficiale parli di un supernode in grado di connettere 15.488 unità Ascend, quasi un inno alla ridondanza industriale cinese, come se la quantità fosse essa stessa una dimostrazione di potere.

Copilot entra nella Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti

La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sta per fare un passo significativo nell’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle sue operazioni quotidiane. Secondo un’esclusiva di Axios, Microsoft Copilot sarà presto implementato per modernizzare i processi legislativi e migliorare l’efficienza del personale. Questa iniziativa segna un cambiamento rispetto alla precedente decisione di vietare l’uso di Copilot a causa di preoccupazioni sulla sicurezza dei dati.

Il progetto pilota inizierà con una distribuzione limitata, consentendo l’accesso a Copilot a membri selezionati del personale. Entro la fine dell’anno, si prevede che circa 6.000 licenze saranno disponibili per il personale della Camera. Questa fase iniziale permetterà di valutare l’efficacia dello strumento e di apportare eventuali modifiche necessarie prima di una distribuzione più ampia.

Amazon Seller Assistant: l’era dell’agente ai sempre attivo è arrivata

Amazon ha appena dichiarato guerra al multitasking umano nel mondo dell’e-commerce. Con l’introduzione dell’AI agent sempre attivo nel Seller Assistant, l’azienda non si limita a rispondere a domande: ora pianifica, agisce e ottimizza in tempo reale, tutto con il consenso del venditore. Un passo audace verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale non è solo un supporto, ma un partner operativo.

Il Seller Assistant, evoluto dalla precedente Project Amelia, è ora dotato di capacità agentiche avanzate. Questo significa che può monitorare la salute dell’account, analizzare l’inventario, identificare prodotti a bassa rotazione e suggerire azioni come la riduzione del prezzo o la rimozione dell’articolo. Inoltre, è in grado di analizzare i modelli di domanda e preparare raccomandazioni per le spedizioni, aiutando a ridurre sia i costi di inventario in eccesso che le situazioni di esaurimento scorte.

L’Agent Payments Protocol di Google

Google ha appena lanciato un protocollo open-source destinato a rivoluzionare il panorama dei pagamenti digitali: l’Agent Payments Protocol (AP2). Questo standard ambizioso permette agli agenti AI di effettuare transazioni finanziarie in modo sicuro e conforme, con il supporto di colossi come Coinbase, PayPal, American Express, Etsy, MetaMask e l’Ethereum Foundation. Il tutto si inserisce nell’evoluzione dell’ecosistema Agent2Agent (A2A), già introdotto da Google, e si integra con il Model Context Protocol (MCP). L’AP2 amplia la capacità degli agenti di interagire tra loro, aggiungendo la possibilità di gestire pagamenti in tempo reale, carte, stablecoin e criptovalute (vedi Google Cloud).

AI code review: la guerra segreta tra macchine che scrivono codice e macchine che lo correggono

La parola magica di questo decennio non è più startup, disruption o cloud, è AI code review. Una combinazione apparentemente banale di due concetti che insieme stanno diventando l’ossessione di chiunque abbia responsabilità tecnologiche serie. Non importa se ti chiami Google, se sei un hedge fund che si finge digitale, o se sei la più scalcinata software house di provincia: il codice che gira nei tuoi sistemi è sempre più spesso scritto da macchine che fingono di capirti. E se non hai una strategia di AI code review, preparati a una lenta ma inesorabile caduta libera in un abisso di bug, vulnerabilità e debito tecnico travestito da innovazione.

The State of Vibe Coding

L’idea di vibe coding, cioè usare assistenti AI generativi per scrivere una parte sostanziale del codice tramite prompt e naturale language, è reale e in forte crescita. Esistono studi accademici che cercano di capire come gli sviluppatori usano questi strumenti, quali problemi emergono, come venga vissuto il flusso creativo, le trappole, etc. (vedi articolo arXiv)

Nvidia, Jensen Huang, deluso dalle restrizioni sui chip in Cina

Il Cyberspace Administration of China (CAC) ha ordinato a grandi aziende tech cinesi tipo Alibaba, ByteDance di sospendere ordini e test del chip RTX Pro 6000D di Nvidia (versione su misura per la Cina).

Il divieto va oltre le restrizioni pregresse che avevano colpito l’H20 (altro chip Nvidia limitato) adesso anche questa versione “localizzata” non può più essere acquistata né testata. Jensen Huang, CEO di Nvidia, ha commentato esserne “deluso”, dicendo che la situazione riflette le tensioni USA-Cina più generali.

La guerra al non determinismo negli LLM: perché vogliamo trasformare macchine stocastiche in orologi svizzeri

Defeating Non determinism in LLM Inference

Chiunque abbia avuto l’ardire di chiedersi perché i modelli linguistici di grandi dimensioni si comportino come una macchina capricciosa piuttosto che come un algoritmo rigoroso, si sarà scontrato con una verità scomoda: i cosiddetti LLM non deterministici non sono un bug, sono una feature, o meglio un effetto collaterale inevitabile della loro implementazione industriale. La fantasia di poter fissare un seed casuale e ottenere sempre la stessa risposta è parente stretta della convinzione che la Silicon Valley sia fatta di garage pieni di geni e non di venture capitalist con fogli Excel. Affascinante, ma fondamentalmente falsa.

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