Lavorare con MCP (Model Context Protocol) è uno di quei momenti rari in cui si alza il sipario su una rivoluzione nascosta sotto la polvere dell’ordinario. “Oh cavolo, questo cambia tutto” non è solo un mantra da startup ma una verità con cui fare i conti, soprattutto per chi ha visto passare l’evoluzione dell’intelligenza artificiale dai laboratori universitari fino alle scrivanie dei CTO. MCP, per chi ancora non fosse caduto nella sua orbita, non è un semplice framework o un altro giocattolo per smanettoni: è quel ponte invisibile che finalmente connette i grandi modelli linguistici (LLM) al mondo reale, ai sistemi, ai dati concreti.
