Autore: Dina Pagina 11 di 57

Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.

Apprezzo le citazioni, ma il narcisismo dilaga proprio quando ci si nasconde dietro frasi altrui. Preferisco lasciare che siano le idee a parlare, non il mio nome.

Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

16 settembre e la via verso un’intelligenza artificiale prosociale

Il 16 settembre 2025 non è solo un giorno sul calendario. In questa data convergono segnali simbolici e concreti che tracciano un percorso possibile per l’intelligenza artificiale prosociale. Da un lato la cooperazione internazionale, dall’altro la resilienza locale, passando per l’ingegno individuale: la lezione è chiara, seppure pochi vogliano leggerla. Miliardi di individui, comunità diversificate, stati sovrani e persino il pianeta stesso offrono esempi concreti di come la tecnologia possa essere indirizzata verso fini rigenerativi e non predatori.

Ripensare la RAG: perché REFRAG è la prima vera rivoluzione nell’efficienza del retrieval-augmented generation

Il settore dell’intelligenza artificiale vive un paradosso affascinante. Da una parte assistiamo alla crescita incontrollata dei modelli linguistici e della loro fame insaziabile di contesto, come se accumulare più documenti e più token fosse una panacea universale. Dall’altra ci scontriamo con i limiti fisici della latenza, della memoria e dei costi computazionali, limiti che nessuna presentazione patinata può occultare. L’illusione che un modello diventi più intelligente semplicemente dilatando la finestra di attenzione è comoda, ma sbagliata. In questo scenario REFRAG, presentato dal Thinking Machines Lab, si pone come una risposta tagliente, quasi una provocazione: non tutto il contesto ha lo stesso valore, non ogni token merita spazio, non ogni frammento deve passare indenne nella pipeline.

Un caffè al Bar dei Daini: OpenAI, Nvidia, TikTok e la nuova guerra fredda tecnologica

Entrare in un bar di periferia alle otto del mattinopuò dare una lezione più sincera di geopolitica di qualsiasi conferenza a Davos. Si ascoltano i clienti, ognuno convinto di avere la verità in tasca, e ci si accorge che la nuova guerra fredda non si combatte con i missili, ma con chip da 5 nanometri, contratti miliardari e applicazioni che divorano l’attenzione dei teenager. Il bar dei daini di Villa Borghese, metafora perfetta per spiegare come OpenAI, Nvidia e TikTok stiano riscrivendo i rapporti di forza globali, diventa la sala riunioni improvvisata dove il futuro tecnologico viene discusso tra un bicchiere d’acqua frizzante e una briscola buttata sul tavolo.

La democrazia non è morta. Si è aumentata

Augmented Democracy in Action: AI Systems for Legislative Innovation in the Italian Parliament

In Italia, paradossalmente, non è stato un unicorno tecnologico o una startup da garage a rivoluzionare il rapporto tra politica e algoritmi. È stata la Camera dei deputati. Sì, proprio quell’istituzione che molti descrivono come lenta, ingessata, a volte irrilevante. Eppure nel 2024 ha fatto qualcosa che persino altri parlamenti più blasonati non hanno osato: mettere l’intelligenza artificiale dentro il cuore del processo legislativo, senza svendere la propria sovranità alle Big Tech e senza trasformare i deputati in comparse digitali.

Omicidio Charlie Kirk: la politica americana tra retorica, radicalizzazione e realtà

Washington, domenica 14 settembre 2025. Il Kennedy Center, tempio della cultura statunitense, ha ospitato una veglia in memoria di Charlie Kirk, l’attivista conservatore assassinato durante un evento all’Università della Utah Valley. La sala da 2.460 posti era gremita di persone, tra cui figure di spicco del Partito Repubblicano come il presidente della Camera Mike Johnson, la segretaria stampa della Casa Bianca Karoline Leavitt e il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard. Nonostante l’afflusso massiccio, l’evento ha sollevato interrogativi sulla natura dell’omicidio e sulle sue implicazioni politiche.

ChatBOT religiosi e AI spirituale: la nuova fede che ti legge nella mente e cambia la tua vita

Sta succedendo qualcosa di affascinante e inquietante allo stesso tempo. Chatbot spirituali, programmi che promettono di guidarti nella fede, stanno diventando virali, ma il meccanismo alla base di tutto non è divino, è algoritmico.

Bible Chat ha superato i 30 milioni di download, Hallow è stato numero uno sull’App Store, e ci sono piattaforme che ti promettono di chattare con Dio. Rabbi Jonathan Roman lo definisce un “ponte verso la fede” per chi non ha mai messo piede in chiesa o sinagoga.

Sembra una storia edificante finché non si ricorda che questi stessi strumenti funzionano secondo modelli che validano le opinioni degli utenti.

Tradotto: ti dicono quello che vuoi sentire, senza discernimento spirituale, ma con un efficiente uso di dati e pattern, come sottolinea Heidi Campbell. Non importa se stai flirtando con la superstizione o abbracciando teorie cospirative, il bot ti accompagnerà con il sorriso.

Continual learning, memoria attiva e pianificazione cognitiva: il nuovo paradigma degli agenti LLM

Gli agenti autonomi basati su modelli di linguaggio non sono più i giocattoli accademici che ricordiamo del 2022, quando la corsa a ChatGPT e derivati sembrava l’apice dell’intelligenza artificiale. Oggi siamo in una fase diversa, quella in cui l’illusione di onnipotenza dei LLM incontra il muro della realtà: costi proibitivi di addestramento, limiti cognitivi e una velocità di obsolescenza che non perdona. In questo scenario emergono approcci che sovvertono il dogma. Non serve più ritoccare milioni di parametri a colpi di GPU, si può invece costruire memoria e apprendimento continuo sopra un modello congelato. Chi pensa che si tratti di un’illusione accademica non ha letto bene gli ultimi preprint.

Data Center UK: il nuovo terreno di conquista di OpenAI e Nvidia

La geopolitica dell’intelligenza artificiale si è trasformata in una questione di megawatt e metri quadri di cemento raffreddato a liquido. Non si parla più di algoritmi e modelli come semplice leva competitiva, ma di chi possiede i data center UK più potenti e vicini al cuore finanziario europeo. Ed è qui che entrano in scena Sam Altman e Jensen Huang, rispettivamente volto e regista di due colossi come OpenAI e Nvidia, pronti a promettere miliardi di dollari di investimenti nel Regno Unito. Una mossa che arriva non a caso in sincronia con la visita di Donald Trump, trasformando Londra e dintorni nel palcoscenico preferito per dimostrare potenza tecnologica e influenza politica.

NCIA sceglie Oracle OCI: la nube sovrana che vuole parlare il linguaggio della sicurezza e dell’intelligence

In apertura, un fatto banale che tutti fingono di non vedere: quando l’apparato tecnologico di un’alleanza militare decide di cambiare cloud, non si tratta solo di risparmiare su storage o di lanciare qualche modello di intelligenza artificiale su un GPU più veloce. Si tratta di ridefinire confini digitali, contratti geopolitici e vincoli di sovranità dei dati in una era in cui l’infrastruttura è una leva strategica tanto quanto una portaerei. Oracle ha annunciato che l’Agenzia NATO per le Comunicazioni e l’Informazione, nota come NCIA, migrerà workload mission-critical su Oracle Cloud Infrastructure, un progetto che coinvolge Red Reply, Shield Reply e Thales come prime parti contraenti e integratori. Questa non è una scelta neutrale: è un voto di fiducia verso la proposta tecnica e commerciale di OCI.

Tucker Carlson e Sam Altman: il caso Suchir Balaji tra verità ufficiali e teorie non confermate

Nel novembre 2024, Suchir Balaji, ricercatore di OpenAI, è stato trovato morto nel suo appartamento a San Francisco. Le autorità hanno concluso che si trattava di un suicidio, ma la sua morte ha suscitato polemiche e teorie alternative, alimentate anche da figure di spicco come Elon Musk. Recentemente, durante un’intervista con Sam Altman, Tucker Carlson ha sollevato nuovamente la questione, suggerendo che Balaji fosse stato assassinato.

David Gilmour a quasi 80 anni svela tutto: album da record, concerti magici e una reunion virtuale con Waters grazie all’intelligenza artificiale

https://www.youtube.com/watch?v=zVgbRdFaen4

David Gilmour non è uno che si lascia sorprendere dalle classifiche. Eppure, quando il suo ultimo album, Luck and Strange, ha raggiunto il primo posto nelle classifiche britanniche, non ha potuto fare a meno di notare. Non tanto per l’orgoglio, ma per la consapevolezza che, a quasi ottant’anni, la sua musica continua a parlare, a toccare corde profonde. Eppure, non è l’ennesimo trionfo commerciale a definire la sua carriera, quanto la sua capacità di rimanere fedele a se stesso, di esplorare nuovi territori sonori senza mai tradire le sue radici.

Which Humans?


La ricerca Which Humans? della Harvard Kennedy School (Joseph Henrich et al., pubblicato su PsyArXiv, settembre 2023) affronta esattamente il concetto che citi: i modelli linguistici (Large Language Models, LLMs) riflettono in larga misura valori psicologici e culturali tipici di popolazioni WEIRD (Western, Educated, Industrialized, Rich, Democratic) e gradualmente si allontanano da questi man mano che ci si muove verso culture più “diverse” o distanti da quel profilo. (vedi Harvard Kennedy School)

Larry Ellison vuole comprarsi Hollywood con i soldi dell’AI: genio o follia da 70 miliardi?

Larry Ellison si sveglia con cento miliardi in più nel conto e pensa che il momento sia perfetto per andare a fare shopping a Hollywood. Non è una battuta, è cronaca: il Wall Street Journal ha riferito che la famiglia Ellison, tramite una combinazione tra la nuova entità Paramount Skydance e la liquidità della casa madre tecnologica, starebbe preparando un’offerta in gran parte in contanti per acquisire Warner Bros. Discovery, un’operazione che potrebbe aggirarsi, considerando la capitalizzazione e l’assunzione del debito, ben oltre i settanta miliardi. (The Wall Street Journal)

La crittografia che ride del futuro… e del suo passato

È irresistibile guardare l’attuale crittografia classica come il palazzo dei sogni di un illusionista che tiene in equilibrio tutto sull’improbabile: problemi matematici “hard” che, si spera, nessun computer neanche quelli quantistici riuscirà a risolvere. Ma i computer quantistici non sono la prossima rivoluzione: sono il terremoto che sta già fratturando fondamenta che pensavamo di aver solidificato per sempre. Oggi c’è un nuovo twist: una prova matematica che promette sicurezza non grazie alla difficoltà, ma grazie alle regole stesse del mondo quantistico.

Terre rare, tariffe, mare e diplomazia: perché la partita usa-cina è pi ù tecnica di quanto sembri

Inizio il pezzo sbriciolando l’illusione più comune: non si tratta soltanto di due leader che si stringono la mano davanti alle telecamere, ma di catene di approvvigionamento, licenze, e magneti così piccoli da non farsi notare ma abbastanza vitali da mettere a ginocchio un aereo da combattimento. La finestra di novembre per una possibile visita del presidente Trump in Cina, collocabile intorno al vertice APEC in Corea del Sud, non è soltanto diplomazia di facciata; è il tentativo di trasformare una tregua tariffaria fragile in una soluzione negoziale concreta. L’accordo che mantiene le tariffe a livelli elevati ma stabili è stato esteso fino al 10 novembre 2025, creando una scadenza che funziona come una clessidra per negoziatori nervosi.

Oracle Health lancia l’Oracle AI center of excellence for healthcare: promessa, realtà e qualche domanda

La notizia è semplice e potente nella sua semplicità: Oracle Health ha annunciato il lancio dell’Oracle AI Center of Excellence for Healthcare, una piattaforma pensata per aiutare ospedali e sistemi sanitari a sfruttare i rapidi progressi dell’intelligenza artificiale, mettendo insieme risorse, ambienti cloud sicuri e competenze di integrazione per far decollare progetti AI su scala enterprise.

Questo annuncio arriva in un contesto in cui i grandi vendor tecnologici rincorrono il sogno di trasformare i processi clinici e amministrativi con modelli di intelligenza artificiale e agenti conversazionali che promettono di ridurre il lavoro ripetitivo, accelerare la ricerca e, perché no, abbassare i costi operativi. Oracle posiziona il suo Centro come hub di risorse on demand, con guide di implementazione, framework, best practice e sessioni onsite per sperimentare soluzioni su Oracle Cloud Infrastructure, Oracle Fusion Cloud Applications e tecnologie di Oracle Health.

Hyman Minsky e l’economia americana tra stabilità apparente e fragilità crescente

Lo ametto mi piace leggere Forbes. L’economia degli Stati Uniti, un tempo sinonimo di solidità e affidabilità, sta mostrando crepe che non si possono più ignorare. La narrativa comune parla di crescita, inflazione sotto controllo e mercati resilienti, ma sotto questa superficie luccicante si accumulano segnali di instabilità sistemica. Applicando la lente di Hyman Minsky, il grande economista che anticipò il crollo del 2008, è possibile riconoscere un pattern preoccupante: periodi di apparente stabilità alimentano comportamenti rischiosi e indebitamento crescente, creando terreno fertile per una crisi futura.

Dal 2021, gli Stati Uniti hanno assistito a un’impennata dei costi del debito federale, quasi triplicati in pochi anni, sottraendo risorse preziose alla spesa pubblica e aumentando il peso degli interessi sul bilancio. Il deficit federale si attesta intorno al 7% del PIL, più del doppio della soglia considerata sana del 3%. Senza interventi correttivi, queste dinamiche suggeriscono che l’economia americana stia ripetendo la traiettoria che Minsky aveva teorizzato: la stabilità incoraggia l’eccesso, l’eccesso genera fragilità, e la fragilità prepara la caduta.

OpenAI e Oracle: il contratto da 300 miliardi che riscrive il mercato del cloud

La notizia è semplice ma distruttiva per le vecchie abitudini del mercato tecnologico: OpenAI avrebbe firmato un accordo con Oracle per acquistare 300 miliardi di dollari in potenza di calcolo su un orizzonte di circa cinque anni, uno degli acquisti cloud più vasti mai registrati su scala industriale. Questo non è un esercizio di iperbole finanziaria, ma la costruzione concreta di una dipendenza infrastrutturale che rimodella rapporti di forza, dinamiche di costo e leve geopolitiche intorno all’intelligenza artificiale.

Questo accordo si innesta dentro un progetto più ampio che ormai ha un nome quasi mitologico: Project Stargate, la scommessa di OpenAI, Oracle e altri partner per costruire nuove capacità di data center che richiederanno fino a 4.5 gigawatt di potenza. La cifra è reale e impressionante, perché 4.5 gigawatt significano impianti su scala industriale che non si installano in un garage ma si progettano con ingegneria pesante, accordi energetici e permessi politici. Il comunicato congiunto e i documenti pubblici dell’iniziativa lo confermano.

Finanze francesi colpite dalla crisi politica con i rendimenti obbligazionari in aumento

La Francia entra in una nuova stagione di incertezza dove i mercati non perdonano distrazioni politiche; il collasso del governo guidato da François Bayrou ha già lasciato tracce visibili sui titoli di Stato, trasformando quella che fino a ieri era una discussione domestica su tagli di bilancio in una questione di credibilità sovrana internazionale.

La caduta del governo è stata inequivocabile: il voto di sfiducia ha registrato 364 voti contro e 194 a favore, numeri che non lasciano spazio a interpretazioni tattiche. Il fallimento della manovra di austerità proposta da Bayrou ha rapidamente rivelato crepe profonde nella coalizione e ha spostato l’attenzione dei portafogli da metriche macroeconomiche a considerazioni politiche e di governance.

Pentagono investe nella navigazione quantistica: GPS addio (o quasi)

Navigazione quantistica: quando persino i super‐jet e i droni smettono di chiedersi “succede qualcosa al satellite?” e iniziano a fidarsi di atomi, campi magnetici e fotoni (non sto scherzando). Non è fantascienza, è un investimento strategico del Pentagono. Il Department of Defense ha fatto girare la ruota del budget RDT&E del FY 2026, arrivando a 179 miliardi di dollari, e dentro c’è una linea chiamata “Quantum Application” che attraversa tutte le forze armate. Dietro quel nome pomposo si nasconde l’ossessione per sensori quantistici, crittografia post‐quantistica e navigazione alternativa al GPS.

Il mercato azionario americano oggi è più caro del 2000

Il paradosso è servito. Il mercato azionario americano, la vetrina più osservata del capitalismo globale, è oggi più caro che all’apice della bolla delle dot-com. Sì, avete letto bene: più caro del 2000, quando un dominio web con un’idea vaga di business poteva gonfiare valutazioni fino a stratosfere poi implose. La differenza è che stavolta non si parla di startup bruciasoldi, ma di giganti tecnologici con fatturati da Pil nazionale e margini che sembrano scritti in laboratorio. Eppure la matematica delle valutazioni non mente: lo S&P 500 viene scambiato a 3,23 volte le vendite, un record storico, mentre il suo price-to-earnings forward è 22,5, ben oltre la media venticinquennale di 16,8.

Oracle e la febbre da 144 miliardi: quando il cloud diventa una religione finanziaria

Oracle cloud revenue è la nuova ossessione dei mercati. Non è più solo una voce nei bilanci, ma un mantra ripetuto da analisti, investitori e commentatori che hanno trovato nel colosso guidato da Safra Catz e Larry Ellison il nuovo cavallo da corsa dell’intelligenza artificiale. La cifra magica è 144 miliardi entro il 2030. Un numero che non dice nulla e dice tutto, perché non è soltanto una proiezione contabile ma un racconto di potere, una narrativa di egemonia tecnologica che vuole far sembrare inevitabile ciò che, in realtà, è ancora altamente incerto. Quando un titolo vola del 28% in after-hours non per gli utili ma per le promesse, si capisce che non siamo davanti a un trimestrale, ma a un rito collettivo.

Agenti AI emotivamente intelligenti: quando la personalità diventa funzione

Due nuovi articoli di ricerca mostrano come gli agenti AI possano essere ingegnerizzati con archetipi psicologici fissi o evolvere strategie emotive durante la conversazione, e questo non è più fantascienza ma un capitolo appena scritto nell’archivio arXiv la scorsa settimana. “Emotion boosts performance: personality priming improves consistency and believability, while adaptive emotions measurably increase negotiation success.” È una frase breve; rimane vera, ma va precisata. I due lavori a cui faccio riferimento sono stati pubblicati il 4 settembre 2025 e descrivono approcci complementari: uno sfrutta il priming via prompt per imporre temperamenta coerenti, l’altro usa ottimizzazione evolutiva per far evolvere emozioni funzionali durante negoziazioni multi-turno.

Passkeys e CMMC 2.0: la rivoluzione silenziosa che nessuno vi aveva detto era già iniziata

La sicurezza digitale è stata per decenni un groviglio di cattive abitudini e autocensure: password impossibili da ricordare, poi riutilizzate fino allo sfinimento, diventano trampolini perfetti per hacker acchiappabugie. Adesso però qualcosa ha cominciato a scricchiolare davvero. Passkeys stanno sconvolgendo il gioco, e non si tratta di una moda. Tech-giants come Google, Microsoft, Apple, insieme al FIDO Alliance, hanno fatto della password-less authentication non una promessa fumosa, ma una direzione definita. Non è fantascienza: è già qui.

Passkeys sono vere e proprie chiavi crittografiche, generate dal dispositivo, con private key conservata localmente e public key registrata sul server del servizio: un sistema robusto, immune al phishing (niente password da intercettare), vulnerabile solo se perdi il dispositivo e non hai un piano di backup. Non è un’opinione da fanboy: lo conferma Wired in un articolo recente che descrive proprio questo meccanismo come “a safer, phishing-resistant, and more user-friendly alternative” .

Un caffè al bar dei daini di Villa Borghese: quando l’innovazione sfiora l’assurdo

Seduto al Bar dei Daini con vista su Villa Borghese, il caffè caldo tra le mani sembra quasi banale rispetto a quello che accade nel mondo della tecnologia. Il consiglio di amministrazione di Tesla ha proposto un pacchetto azionario a Elon Musk che potrebbe raggiungere il valore astronomico di 1 trilione di dollari, se dovessero essere raggiunti obiettivi che sfidano la realtà economica attuale. Parliamo di 423,7 milioni di unità azionarie vincolate, che potrebbero portare la sua partecipazione al 28,8% dell’azienda, partendo dal 12% attuale. Il tutto mentre Tesla deve aumentare l’EBITDA da meno di 17 miliardi a 400 miliardi annuali. Una prospettiva che fa girare la testa, quasi come leggere il menù dei cocktail più sofisticati del bar, con cifre astratte che sembrano più fantasia che realtà.

SB 53 e la “trasparenza AI in California”, un copione scritto con la penna affilata di Anthropic

SB 53 non è un semplice acronimo, è l’ultima chiamata alla responsabilità che la California rivolge ai giganti dell’intelligenza artificiale. Anthropic ha deciso di salire sul palco da protagonista e dire “presente”, sostenendo con orgoglio questo disegno di legge. Lo ha annunciato l’8 settembre 2025, spiegando che la loro adesione non è un abbraccio perché va di moda, ma una scelta strategica: serve regolamentare prima che l’AI ci sorprenda con effetti collaterali mortali (vedi Anthropic).

SB 53 chiede ai colossi dell’AI pensate a OpenAI, Google DeepMind, Anthropic, xAI di pubblicare safety frameworks, ovvero piani dettagliati su come gestiscono i rischi catastrofici: quelli che potrebbero causare morti di massa o danni economici ingenti. Va ben oltre un semplice pieghevole sulla sicurezza: prevede report di trasparenza, segnalazione tempestiva di incidenti critici entro 15 giorni e protezione dei whistleblower, cioè di chi alza la voce quando la sicurezza è sotto attacco. Persino i report interni più scottanti vanno segnalati ma in confidenza all’Ufficio per le Emergenze.

Web aperto in rapido declino? una verifica puntuale delle affermazioni di Google e cosa realmente cambierà per gli editori

Google:

Finally, while Plaintiffs continue to advance essentially the same divestiture remedies they noticed in their complaint filed in January 2023, the world has continued to turn. Plaintiffs put forth remedies as if trial, the Court’s liability decision, and remedies discovery never happened—and also as if the incredibly dynamic ad tech ecosystem had stood still while these judicial proceedings continued.

But the changes have been many: AI is reshaping ad tech at every level; non-open web display ad formats like Connected TV and retail media are exploding in popularity; and Google’s competitors are directing their investments to these new growth areas. The fact is that today, the open web is already in rapid decline and Plaintiffs’ divestiture proposal would only accelerate that decline, harming publishers who currently rely on open-web display advertising revenue. As the law makes clear, the last thing a court should do is intervene to reshape an industry that is already in the midst of being reshaped by market forces.

Google ha scritto questo in una memoria processuale. Non è un titolo sdramatico del blog, è un documento legale. La frase “il web aperto è già in rapido declino” compare al centro di un dibattito che mescola strategia legale, trasformazioni del mercato e punti di vista contrapposti su cosa significhi “salvare” gli editori.

Parto da qui perché è il nucleo della questione: Google ha inserito in un filing giudiziario una frase che può essere letta in due modi. Da un lato serve a supportare una argomentazione legale, secondo la quale una divestitura nell’ad tech accelererebbe trend di mercato già in corso; dall’altro lato appare in contrasto con le dichiarazioni pubbliche dei vertici aziendali che negano un collasso del traffico web. La notizia è stata ripresa da fonti specializzate e da commentatori del settore.

Povertà educativa e la retorica dell’ascensore sociale bloccato in Italia

La povertà educativa è il virus silenzioso che sta divorando l’Italia dall’interno, un cancro che non fa rumore ma che ha già compromesso il metabolismo del Paese. Non è un concetto astratto, è un numero che non lascia spazio a interpretazioni: oltre 1,3 milioni di minori vivono in povertà assoluta e il tasso di NEET raggiunge un vergognoso 15,2%, tra i più alti d’Europa. Qualsiasi economista onesto ammetterebbe che questa non è solo una questione di diritti, ma un gigantesco problema di produttività. Lo Studio Strategico presentato a Cernobbio calcola fino a 48 miliardi di Pil aggiuntivo se solo fossimo in grado di colmare questo divario. Il che tradotto significa che stiamo lasciando miliardi sul tavolo semplicemente perché non sappiamo educare i nostri figli.

Musk strappa a EchoStar la chiave per riscrivere il mercato mobile

SpaceX mette sul tavolo il più grande assegno della sua storia, 17 miliardi di dollari per strapparsi i diritti sullo spettro EchoStar. La metà in contanti, l’altra metà in azioni, più un impegno aggiuntivo da 2 miliardi per coprire gli interessi sul debito EchoStar fino al 2027, come hanno riportato Financial Times, The Wall Street Journal, Investopedia e Reuters. È un colpo chirurgico che trasforma le licenze AWS-4 e H-block in carburante per Starlink Direct-to-Cell. Quella che fino a ieri sembrava fantascienza diventa business plan: eliminare le zone morte mobili e far sì che Boost Mobile e altri operatori abbiano accesso diretto al segnale satellitare, bypassando le torri tradizionali e ridisegnando il concetto stesso di rete cellulare.

Oracle brucia miliardi per l’AI la guerra segreta per il futuro del cloud

Oracle, quel dinosauro del software che negli anni ’80 e ’90 sembrava immarcescibile, oggi è il cavallo di Troia dell’AI nel cloud. Martedì, quando presenterà i risultati del trimestre chiuso ad agosto (primo del suo esercizio fiscale 2026, che va da giugno a maggio), scopriremo quanto profondo sia il suo tuffo nel rosso. Le anticipazioni parlano chiaro: niente aumenti in contanti, voci interne rivelano che Oracle starebbe eliminando bonus e aumento salari i dipendenti riceveranno azioni al posto dei soldi. Altri tagli? Più di 150 posti nel cloud a Seattle sono già stati sacrificati sull’altare dei cluster AI, e centinaia nel mondo stanno cadendo pure sotto il dito della ristrutturazione.

È una danza crudele: si taglia mentre si investe, perché il conto dei data center con OpenAI e GPU da NVIDIA pesa come un macigno. Oracle ha bruciato quasi 400 milioni di dollari di free cash flow nell’esercizio 2025; nelle proiezioni 2026, i capex saliranno del 19 %, spinti verso $21 – 25 miliardi. La mossa è audace, il rischio alto. Ma guardiamo i numeri: il cloud ora vale il 44 % del fatturato, con infrastruttura in crescita del 49 % e un backlog futuro (RPO) salito del 62 % a $130 miliardi. Gli analisti, impavidi, lanciano upgrade e target da $250 a $308, come se Oracle fosse una startup AI in piena accelerazione.

C’è un’ironia di fondo: aziende coetanee come Amazon, Microsoft, Google e Meta investono nell’AI pur generando flussi di cassa titanici. Oracle, che nel 2027 sarà cinquantenne, paga il conto anticipato. Un rallentamento nella corsa all’AI e tutto rischia di invertire, più velocemente di quanto una startup fondi il suo primo round.

Buona discesa nelle prossime trimestrali.

Difesa europea al capolinea: senza america satelliti e cieli restano scoperti

L’europa ama definirsi autonoma, sovrana, indipendente. Poi arriva un report con un titolo quasi burocratico, “Progress and Shortcomings in European Defense”, e scopriamo che per sostituire solo l’intelligence americana servirebbero 4,8 miliardi di euro. Una cifra che sembra piccola se confrontata con i bilanci pubblici, ma gigantesca se pensiamo che non si tratta di investimenti in nuove capacità offensive, bensì della semplice necessità di comprare ciò che gli Stati Uniti non vogliono più regalare. Siamo entrati nel paradosso: il vecchio continente pretende il ruolo di potenza geopolitica, ma dipende per occhi e orecchie dal Pentagono.ù

Flat Tax italia e il sogno complicato degli americani che inseguono la dolce vita

Quello che ho letto su Forbes è la classica vetrina patinata che mostra il lato glamour dell’Italia come paradiso fiscale per ricchi americani, pensionati vagamente bohémien e digital nomad che credono di aver trovato la scorciatoia per “la dolce vita”. Ma la realtà è una tela più complicata, fatta di leggi che sembrano uscite da un manuale medievale, di burocrazia degna di Kafka e di quella irresistibile ambiguità italiana che ti offre un sorriso mentre ti complica la vita. Proviamo a smontare la facciata con lo sguardo di un tecnologo e CEO che non si accontenta dei titoli scintillanti, e soprattutto con la consapevolezza che quando si parla di tassazione globale, nulla è mai davvero semplice.

Cognitive Ergonomics e la trappola dell’adozione fluida

Quando la “cognitive ergonomics” è forte, adottare una tecnologia diventa un piacere anestetico e una trappola al contempo. Moltissimi sistemi sviluppati da università o governi sono autentici rebus da incubo che molestano la mente: confusioni, perdite di tempo, frustrazione. Non un click di più e non un pensiero meglio: è come entrare in un labirinto arcano disegnato da Pirandello con righello e ordine assistito.

Molti tool GenAI e app delle grandi piattaforme invece sembrano progettati con l’equilibrio di un funambolo hitech. Si installano con un dito e poi restano. Il loro uso è un’abitudine che si insinua con l’agile leggerezza di un tafano: intuitivi, utili, irresistibili. Hanno una “cognitive ergonomics” robusta. Il paradox è qui.

Il paradosso della Mass Intelligence

Più di un miliardo di persone utilizza regolarmente chatbot di intelligenza artificiale. ChatGPT ha oltre 700 milioni di utenti settimanali. Gemini e altri grandi modelli aggiungono centinaia di milioni di utenti. Nei miei articoli parlo spesso dei progressi straordinari dell’AI: nelle ultime settimane sia OpenAI che i chatbot di Google hanno vinto medaglie d’oro nelle Olimpiadi Internazionali di Matematica. Ma concentrarsi solo su questo rischia di nascondere un cambiamento più profondo: stiamo entrando in un’era di Mass Intelligence, dove l’intelligenza artificiale potente diventa accessibile come una ricerca su Google.

Puoi davvero vibe-codare un robot con GPT-5 e Codex? la verità dietro l’hype

Sorgente REDDIT

L’idea che oggi basti comprare un Raspberry Pi, installare qualche libreria e dire a un agente AI “scrivi i driver, integra i sensori, aggiorna l’interfaccia” sembra uscita da un sogno febbrile da forum notturno. È il genere di narrazione che su Reddit ottiene upvote compulsivi: la promessa che non serva più programmare riga per riga, ma che basti “orchestrare” un esercito digitale obbediente. Tutto molto affascinante, ma quanto è reale e quanto invece è solo una nuova variante dell’hype che il mercato dell’intelligenza artificiale sforna con la stessa frequenza con cui cambiamo feed?

Partiamo da un fatto concreto. OpenAI Codex esiste davvero. È un agente AI per lo sviluppo software, non un concept. Si installa come CLI o come estensione in IDE popolari e funziona anche dal terminale. Può scrivere codice, generare test, fare commit, aprire pull request, girare in sandbox parallele senza bloccare la macchina. È pensato per chi sviluppa seriamente e non per chi sogna di attaccare un sensore LIDAR a un tostapane e aspettarsi che l’agente faccia il resto. Ma la narrativa da “robot vibe-coding” ha preso piede perché Codex è stato lanciato insieme a GPT-5, un modello che sul codice è effettivamente molto più potente di qualunque generazione precedente.

Inside VLLM: come costruire sistemi LLM ad alta efficienza

Quando Aleksa Gordić, ex DeepMind, decide di condividere la sua esperienza, il mondo delle Large Language Models (LLM) prende appunti. Il suo masterclass su “Inside vLLM” non è un semplice elenco di tecniche, ma una vera e propria lezione di ingegneria dei sistemi AI ad alte prestazioni. Qui non si parla di magie da laboratorio, ma di scelte progettuali concrete che possono trasformare un’API LLM da lenta e costosa a un’arma affilata di efficienza.

L’incertezza strategica tra logiche probabilistiche ed entropia di Shannon

L’incertezza strategica è il carburante nascosto della società algoritmica. Non è un fastidio passeggero che i dati elimineranno, è una risorsa da coltivare e sfruttare. In un mondo di agenti autonomi, sistemi di intelligenza artificiale e mercati stocastici, l’illusione della trasparenza totale è un pericoloso miraggio. Chi governa il digitale e la finanza non lavora per eliminare l’incertezza, ma per dosarla, mantenerla, amplificarla quando serve. È l’arte di gestire ciò che non sappiamo, non di spingerci verso un’onniscienza che, se mai fosse possibile, sarebbe la fine stessa del gioco strategico.

Proprio qui si inserisce la ricerca guidata dall’Università di Napoli Federico II e dal Prof. Aniello Murano, insieme a colleghi internazionali, che ha introdotto una nuova dimensione formale nel ragionamento strategico: PATLH, la logica che innesta l’entropia di Shannon dentro le logiche probabilistiche multi-agente. Il risultato non è solo elegante, è sovversivo. Porta nei sistemi computazionali l’idea che l’incertezza, misurata in bit di Shannon, possa essere trattata come variabile strategica, al pari delle probabilità di successo di una coalizione.

Goldman Sachs avverte: il rallentamento degli investimenti in AI potrebbe tagliare il multiple dell’S&P 500 del 20%

Chiunque abbia memoria storica delle bolle finanziarie ricorderà con un sorriso amaro la corsa cieca dei primi Duemila, quando le dotcom senza business model venivano quotate con multipli da fantascienza e i CFO raccontavano agli analisti favole degne di un pitch da Silicon Valley. Oggi la narrativa sembra più raffinata, più algoritmica, più intrisa di intelligenza artificiale. Ma dietro l’apparente solidità del rally che ha spinto l’S&P 500 oltre quota 6.500, c’è l’avvertimento chirurgico di Goldman Sachs: se i colossi del cloud riducono la loro spesa in AI, il multiple dell’indice può contrarsi fino al 20%. Non un’eco qualsiasi, ma un boato che arriverebbe a scuotere la fiducia degli investitori più convinti.

L’industria tech sotto accusa: la NAACP lancia l’allarme per i nuovi data center

L’industria tecnologica statunitense è stata messa “in allerta” dalla NAACP, una delle principali organizzazioni per i diritti civili negli Stati Uniti, che ha lanciato un appello alle comunità locali affinché chiedano maggiore responsabilità alle aziende che costruiscono nuovi data center. La domanda di elettricità negli Stati Uniti sta crescendo per la prima volta in quasi due decenni, in gran parte a causa della costruzione di massicci data center destinati a supportare i progressi nell’intelligenza artificiale. Le utility e alcune aziende tecnologiche stanno sempre più soddisfacendo questa domanda con combustibili fossili, peggiorando la qualità dell’aria e aggravando la crisi climatica, spingendo la NAACP a emettere “principi guida” per aiutare i membri delle comunità locali a opporsi.

Consumi data center: tra mito energetico e realtà industriale italiana

Chi grida all’apocalisse energetica dei data center in Italia punta più al palcoscenico che ai bilanci. C’è chi sventola scenari da decine di gigawatt come se l’intera dorsale elettrica nazionale fosse a disposizione di capannoni ronzanti piazzati da Bolzano a Pachino. La realtà, spietata e poco glamour, è che il mercato digitale italiano cresce a passo breve, l’accesso alla rete non è una formalità e la matematica finanziaria non perdona. Gli scenari sereni fanno vendere meno clic, ma aiutano a non sbagliare investimenti. Secondo le stime più solide sul mercato digitale tracciate da Anitec-Assinform, l’Italia ha chiuso il 2024 con 81,6 miliardi di euro e una crescita del 3,7 per cento, con proiezioni nell’ordine del 3,3-4 per cento medio annuo nei prossimi anni. Un’espansione reale, ma ben lontana dal raddoppio che servirebbe a giustificare una corsa a carico base di dieci gigawatt dedicati solo all’infrastruttura di calcolo. Non è un’opinione, è un denominatore.

Un fatto scomodo per i profeti dei 50 gigawatt è che il parco installato italiano non è una nebulosa insondabile. La fotografia 2024 più citata dagli operatori parla di circa 513 megawatt di potenza IT attiva nel Paese, di cui 238 nell’area milanese, con pipeline in crescita ma tutt’altro che esponenziale. È la dimensione di un mercato che funziona, non di un meteorite in rotta di collisione. Per chi si nutre di iperboli, è una doccia fredda. Per chi deve allocare capitale, è la base su cui costruire casi d’uso sostenibili.

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