Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Autore: Dina Pagina 8 di 39

Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.

Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

Papa Francesco incontra JD Vance: due visioni inconciliabili sull’etica e il destino dell’occidente

Non è un semplice incontro, ma un vero e proprio scontro culturale celato dietro il velo del protocollo. JD Vance, senatore dell’Ohio, fervente sostenitore di Donald Trump e figura simbolo del conservatorismo high-tech con radici nell’America rurale, sbarca a Roma proprio nel giorno del Venerdì Santo. Non per una visita spirituale, ma per un colloquio con Papa Francesco, il pontefice gesuita che ha fatto dell’accoglienza, della misericordia e di un’ecologia integrale il cuore del suo messaggio. Due visioni opposte. Due ethos inconciliabili. Due strade che guardano a futuri diametralmente opposti.

Rivista.AI aveva già fiutato l’odore della polvere da sparo culturale quando, prima ancora che fosse eletto, analizzava l’ascesa di Vance come sintomo dell’intelligenza artificiale populista. Un uomo che si è fatto da sé, partendo da un’America bianca abbandonata, ripulita e poi reinterpretata nel bestseller Hillbilly Elegy, oggi brandisce la fede come un’arma politica. La sua visione etica? Gerarchia, ordine, valori “tradizionali” restituiti con la grazia di un algoritmo impazzito. Niente inclusività, poco perdono, tanta nostalgia per un passato che non tornerà.

AI Continent Action Plan Bruxelles scopre che la burocrazia non genera intelligenza artificiale

Partiamo dall’autoincensamento iniziale: “abbiamo il 30% in più di ricercatori AI rispetto agli Stati Uniti”. Sembra un numero promettente, ma come ogni buon CTO sa, il numero di teste non è garanzia di innovazione se queste menti brillanti si perdono nei meandri delle gare pubbliche, dei fondi strutturali a rilascio triennale, o peggio, emigrano per trovare un ambiente dove il codice si scrive davvero, non solo nei documenti strategici.

Il piano prevede la creazione di AI Gigafactories, una terminologia che strizza l’occhio al linguaggio muscolare di Elon Musk, ma che nella pratica sarà alimentata da partnership pubblico-private e un fondo chiamato InvestAI, con l’obiettivo (futuribile) di mobilitare 20 miliardi di euro. Mobilitare, non investire. Il linguaggio conta. E il fatto che si stia solo lanciando una Call for Interest significa che, ad oggi, di concreto c’è poco più di un foglio Excel.

Ci sarà anche il lancio di 13 AI Factories sparse per l’Europa, che dovrebbero fungere da catalizzatori regionali per lo sviluppo e l’adozione dell’AI. Ma senza una strategia chiara di interconnessione tra queste entità, rischiamo di creare cattedrali nel deserto digitale, isolate e autoreferenziali, piuttosto che un network sinergico capace di scalare.

Interessante, almeno sulla carta, l’idea delle Data Labs integrati alle AI Factories per facilitare la condivisione sicura dei dati. Ma serve ricordare che il GDPR, con le sue mille ambiguità interpretative, resta un fardello imponente per qualsiasi progetto che voglia usare dati reali. Finché non si armonizza la regolamentazione con la necessità operativa, i Data Labs rischiano di essere poco più che laboratori di teoria.

Il fatto che solo il 13% delle aziende europee usi l’AI oggi è un campanello d’allarme che non si può ignorare. Il piano lo cita, ma senza un’azione shock che porti l’adozione tecnologica dentro la PMI manifatturiera e nei servizi pubblici locali, anche qui si resta nella retorica. La produttività europea è stagnante da anni, e l’AI potrebbe essere il volano giusto, ma va portata nelle fabbriche, non lasciata nei PDF.

Altro punto fondamentale, lo sviluppo delle competenze. Si parla di un’AI Academy collegata alle AI Factories, e di facilitazioni per attrarre talenti extra-UE. Buona idea, ma sempre che i visti arrivino in tempo, che gli stipendi siano competitivi con quelli USA, e che non si finisca nella solita paralisi burocratica fatta di bandi e procedure di selezione infinite.

L’unico vero punto cinicamente pragmatico dell’intero piano è l’impegno a minimizzare il peso regolatorio, attraverso un AI Service Desk e documenti guida per interpretare l’AI Act, una normativa che già prevede che l’85% dei sistemi AI non rientri nei vincoli regolatori. Ottimo. Ma dire che l’85% non è soggetto a regolazione è una non-notizia: il problema sono i casi limite, i dubbi interpretativi, e la lentezza con cui si definiscono gli standard.

Mentre gli Stati Uniti e la Cina corrono a briglia sciolta nel selvaggio West dell’intelligenza artificiale, tra venture capital, algoritmi spregiudicati e startup che crescono come funghi radioattivi, l’Unione Europea si guarda allo specchio e, per la prima volta, ammette: “forse ci siamo un tantino complicati la vita da soli”. E così, con una mossa che sa di autocritica tardiva travestita da lungimiranza, Bruxelles annuncia una semplificazione delle sue regole sull’IA. No, la famigerata AI Act non viene abolita, né riscritta. Semplicemente, si cerca di renderla meno simile a un labirinto burocratico e più a qualcosa che un’azienda, magari una PMI italiana che ancora manda fatture in PDF, possa davvero usare.

TikTok shop sotto assedio: da Trump a Temu, il grande bluff del cross-border cinese si sgonfia

Quando la politica fiscale diventa un’arma commerciale e l’e-commerce si trasforma in carne da macello doganale, non serve un veggente per capire che il vento è cambiato. TikTok Shop, la gallina dalle uova d’oro del retail made in China travestita da social entertainment, ha iniziato a lanciare allarmi ai suoi venditori cinesi: addio all’esenzione doganale, benvenuto inferno tariffario.

Con l’arrivo di maggio, il “de minimis” – quella magica soglia sotto gli 800 dollari che permetteva l’ingresso in USA di pacchi duty-free – sarà archiviato come un bel sogno ad occhi aperti. E come ogni sogno infranto in mano a un ex-presidente con la nostalgia da candidato, arriva la stangata: da 30% a 90% di dazio sul valore dei pacchi. Una tassa camuffata da protezionismo patriottico, che però, come sempre, finisce per colpire il consumatore finale… e l’algoritmo del prezzo più basso.

Reddit potenzia la ricerca con l’integrazione di Google Gemini in ‘Reddit Answers’

Reddit, la piattaforma nota per le sue innumerevoli comunità online, ha recentemente annunciato l’integrazione di Google Gemini nel suo strumento di ricerca conversazionale, ‘Reddit Answers’. Questa mossa strategica mira a migliorare la pertinenza e la rapidità delle risposte fornite agli utenti, sfruttando le avanzate capacità di intelligenza artificiale di Google.

Reddit Answers funziona permettendo agli utenti di fare domande tramite un’interfaccia conversazionale alimentata dall’intelligenza artificiale. Grazie a Vertex AI Search, l’IA analizza e sintetizza conversazioni e informazioni pertinenti presenti su Reddit. I risultati forniti includono collegamenti a comunità e post correlati, facilitando l’accesso a contenuti rilevanti.

‘Reddit Answers’, lanciato in beta nel dicembre 2024, consente agli utenti di porre domande e ricevere sintesi curate di commenti e post pertinenti. L’obiettivo è trattenere gli utenti sulla piattaforma, offrendo risposte immediate senza la necessità di ricorrere a motori di ricerca esterni come Google. L’integrazione di Gemini, il modello AI di punta di Google, rappresenta un passo significativo in questa direzione.

L’imprenditore che voleva la Luna: Jared Isaacman pronto a conquistare la NASA

La prossima settimana si consumerà un siparietto degno di un copione hollywoodiano scritto tra una conference call di SpaceX e un cocktail con Raytheon: Jared Isaacman, il miliardario con la passione per le acrobazie spaziali e i bilanci in ordine, si presenterà al Senato per una delle audizioni più delicate degli ultimi anni. Non come testimone, ma come protagonista. Al centro del palcoscenico politico-tecnocratico, Isaacman si prepara ad affrontare la Commissione per il commercio, la scienza e i trasporti del Senato per difendere la sua candidatura a nuovo amministratore della NASA.

La guerra dell’intelligenza: come l’AI ha messo fine all’era dei talenti umani (e alle illusioni della Silicon Valley)

Non è una guerra per il talento, è una guerra per l’intelligenza. E gli umani stanno perdendo.

L’evoluzione più evidente del mercato del lavoro negli ultimi anni non è tanto l’avvento dell’AI, quanto il riequilibrio dei poteri tra lavoratori e aziende. Durante l’era della “War for Talent”, le persone più intelligenti, più abili e più formate erano una risorsa scarsa. Le aziende, per attirarle, offrivano benefit, flessibilità e un ambiente di lavoro accogliente. Ne è nata la cultura delle startup con ping pong in ufficio, stock options, settimane lavorative di quattro giorni e un’attenzione morbida e paternalistica alla soddisfazione del dipendente.

Ora tutto questo sta morendo. Perché il talento umano non è più in testa alla classifica.

BUY for ME l’intelligenza artificiale mangerà le app: Amazon si prepara, gli altri si illudono

Nel teatrino delle disruption tecnologiche, ogni tanto si alza il sipario su un numero che ruba la scena. E oggi, quel numero si chiama “agente AI”. No, non è un film di spionaggio, ma la vera trama thriller che rischia di far sparire silenziosamente un’intera generazione di app mobili. Mentre tutti guardano ai dazi di Trump come al grande antagonista dell’hi-tech, la vera minaccia sta nei bot che comprano sushi al posto tuo, prenotano voli low-cost e ti leggono l’estratto conto con tono rassicurante.

In questo quadro da fine impero, Amazon lo zar del commercio online — non solo ha capito il pericolo, ma ha anche deciso di diventarlo. Mentre i concorrenti dormono sonni tranquilli e si aggrappano alle metriche vanity delle loro app, Bezos & Co. (o chi per lui ora) introducono in sordina Acquista per me, il primo tentativo di trasformare Alexa in una personal shopper operativa su scala planetaria. L’utente non cerca più, l’utente chiede. E questo, per chi campa di interfacce carine e user journey finti-zen, è un colpo al cuore.

Il sogno cinese di Meta: soldi, segreti e un cavo sottomarino verso l’inferno

Quando una ex dirigente di Meta si presenta davanti al Congresso con un’accusa in piena regola di alto tradimento tecnologico, il rumore di fondo non è solo quello dei flash dei fotografi. È il suono di un impero digitale che scricchiola sotto il peso di ciò che ha sempre negato: una complicità sistemica con il Partito Comunista Cinese, mascherata da espansionismo strategico globale.

Sarah Wynn-Williams, ex direttrice delle politiche pubbliche globali di Meta, è pronta a spalancare le porte dell’inferno aziendale con una testimonianza che sa di spy story siliconvalleyana, ma che si gioca nella realtà: accuse dirette, documenti, progetti segreti e un cavo sottomarino degno di un romanzo cyberpunk, tutto finalizzato – a suo dire – a conquistare il mercato cinese degli inserzionisti, da 18 miliardi di dollari.

Secondo la sua deposizione preparata per la Sottocommissione su Crimine e Controterrorismo, Meta avrebbe costruito – in senso letterale e metaforico – un ponte digitale con la Cina, ribattezzato internamente Project Aldrin, come se Buzz fosse atterrato non sulla Luna ma sulla Grande Muraglia. Il progetto includeva una pipeline fisica, un’infrastruttura transpacifica progettata per collegare Los Angeles a Hong Kong. Un canale che, stando all’accusa, avrebbe potenzialmente dato al governo cinese una corsia preferenziale per intercettare dati privati degli utenti americani, messaggi inclusi. Il tutto senza mai informare il pubblico, gli azionisti o lo stesso Congresso. L’operazione fu cancellata nel 2020, ma non per un risveglio morale, bensì grazie a un intervento diretto delle autorità statunitensi.

Meta e la sua strategia Project Ray: la tecnologia al servizio della geopolitica

Meta Platforms non è certo un novellino quando si tratta di navigare le acque turbolente del panorama tecnologico globale. La compagnia ha sempre avuto una straordinaria capacità di adattarsi, evolversi e, soprattutto, sfruttare ogni opportunità che il mercato gli presenta. Ora, con il caos che avvolge TikTok, Meta sta lanciando la sua offensiva con una precisione chirurgica, e mentre i governi si scontrano a suon di politiche e dazi, Meta sa che questa è la sua occasione per prendere il controllo.

La recente tempesta che ha investito TikTok ha posto il gigante cinese di fronte a un muro fatto di leggi e ordini esecutivi, in particolare da parte degli Stati Uniti. In un mondo dove la geopolitica si intreccia sempre più con il destino delle aziende tecnologiche, Meta ha approfittato della situazione per avanzare le proprie posizioni, mettendo a punto una strategia che punta a raccogliere i frutti del caos. Non è solo un tentativo di battere TikTok sul piano dei contenuti video brevi, ma una vera e propria mossa di potere, un’operazione che va ben oltre la semplice competizione tecnologica.

Senatori USA nel mirino: Microsoft e Google sotto accusa per accordi nell’IA

Nel panorama tecnologico odierno, le alleanze strategiche tra giganti del settore e startup emergenti nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) sono diventate pratica comune. Tuttavia, queste mosse non sono passate inosservate agli occhi vigili dei legislatori statunitensi. I senatori democratici Elizabeth Warren e Ron Wyden hanno recentemente sollevato preoccupazioni riguardo alle partnership tra Microsoft e OpenAI, nonché tra Google e Anthropic, temendo che tali accordi possano soffocare la concorrenza e limitare le scelte dei consumatori. ​

In lettere indirizzate alle due colossali aziende tecnologiche, i senatori hanno richiesto dettagli sui termini finanziari e sulle clausole di esclusività di queste collaborazioni. La loro apprensione principale è che tali alleanze possano consolidare il potere di mercato delle grandi aziende, soffocando l’innovazione e portando a prezzi più elevati per i consumatori. Inoltre, hanno sollevato interrogativi sulla possibilità che Microsoft e Google intendano acquisire i loro partner nell’IA, trasformando queste partnership in vere e proprie fusioni mascherate.

AI for the rest of us: l’illusione di un’IA gentile in un mondo predatorio

Anche il più “umanista” dei libri sull’intelligenza artificiale è già un prodotto del sistema che pretende di criticare. Ma se a suggerirtelo è qualcuna che sa leggere tra le righe, allora forse vale la pena fidarsi.

Non capita spesso che un libro tecnico riesca a promettere rivoluzioni morali con il tono di un TED Talk motivazionale, ma AI for the Rest of Us di Phaedra Boinodiris e Beth Rudden, curato da Peter Scott, ci prova con convinzione. Un titolo apparentemente inclusivo, quasi ingenuo, che cerca di restituire il controllo dell’intelligenza artificiale alle masse, o almeno di far credere che sia possibile. È un’opera a metà tra il manifesto etico e la guida concettuale, scritta per chi vuole sentirsi parte del cambiamento senza dover imparare a programmare in Python.

Ibm rispolvera il mainframe con z17: l’intelligenza artificiale torna a casa, lontano dal cloud

IBM ha appena lanciato il suo nuovo mainframe z17, e no, non è un esercizio di nostalgia per i tempi in cui i server occupavano una stanza intera. È una dichiarazione di guerra o almeno una scossa al torpore – contro il dogma del “tutto sul cloud”. A detta di Big Blue, è arrivato il momento di riportare una parte critica del business… a casa. Dentro le mura. Sul ferro.

Nel momento in cui tutti si inchinano ai megacentri dati delle divinità moderne – AWS, Azure e Google Cloud – IBM prende la strada opposta. Z17 promette potenza computazionale sufficiente per elaborare modelli di intelligenza artificiale direttamente sui dati on-premise, senza mai farli uscire dal perimetro del cliente. Niente upload, niente trasferimenti rischiosi. Sicurezza totale, proprietà assoluta. Un ritorno al controllo. O, più cinicamente, un gigantesco “non ci fidiamo del cloud”. Scopri di piu’

Roma Digital Summit 2025: Il futuro digitale della Capitale si costruisce oggi

Nel cuore pulsante della Capitale,Roma si è tenuto oggi Digital Summit 2025, un evento che non solo rappresenta un punto di riferimento nel panorama italiano delle tecnologie digitali, ma che soprattutto getta le basi per il futuro della città e della sua amministrazione.

L’appuntamento, che si è svolto l’8 aprile 2025 a Palazzo Valentini, è stata una giornata cruciale per discutere delle innovazioni che stanno cambiando la faccia di Roma, puntando dritto su temi fondamentali come la digitalizzazione, la sostenibilità e la sicurezza.

Superintelligence: AI 2027 – Il nostro futuro distopico è già dietro l’angolo

“Prevediamo che l’impatto dell’intelligenza artificiale superumana nei prossimi decenni sarà enorme, superando quello della Rivoluzione Industriale.” Questo è il mantra che ci viene lanciato da AI 2027, uno scenario futuristico realizzato dai ricercatori Daniel Kokotajlo, Scott Alexander, Thomas Larsen, Eli Lifland, Romeo Dean. Un’accelerazione tale che, nel giro di pochi anni, potremmo trovarci davanti a una forma di intelligenza artificiale capace di auto-migliorarsi, superando l’uomo e riscrivendo le regole del gioco, dalla geopolitica alla ricerca scientifica.

Il miraggio della Superintelligenza già nel 2027?

L’idea che nel 2027 potremmo trovarci ad affrontare l’emergere della superintelligenza non è solo affascinante; è anche inquietante. Secondo gli autori, i segnali di un’intelligenza che collaborerà, ragionerà e migliorerà se stessa più velocemente di quanto l’essere umano possa seguire sono già in fase di sviluppo. La previsione di Kokotajlo e Lifland è che nei prossimi anni vedremo l’ascesa di sistemi A.I. sempre più autonomi e capaci di compiere ricerche avanzate, migliorandosi a una velocità che andrà ben oltre il controllo umano.

Meta gioca sporco con LLaMA 4: la bugia “ottimizzata” che truccava i benchmark

Benvenuti nel teatrino dell’intelligenza artificiale, dove le apparenze contano più della sostanza e i benchmark sono diventati il nuovo campo di battaglia della reputazione. Meta, ex-Facebook e attuale fabbrica di illusioni alimentate da GPU, ha appena servito un esempio da manuale di come si possa manipolare la percezione senza infrangere esplicitamente le regole. E lo ha fatto con Llama 4 Maverick, il suo modello open-weight che, a detta loro, “batte GPT-4o e Gemini 2.0 Flash su una vasta gamma di benchmark”.

Ovviamente, è andata diversamente.

Nel weekend, Meta ha rilasciato due nuovi modelli della serie Llama 4: Scout, il fratellino minore, e Maverick, il modello mid-size che avrebbe dovuto mettere in crisi i soliti noti (OpenAI, Anthropic, Google). Subito Maverick si è piazzato secondo nella classifica di LMArena, il sito che vive e muore in base a quanto bene gli LLM riescano a convincere gli umani nel confronto diretto. Un punteggio ELO di 1417 superiore a GPT-4o ha fatto brillare gli occhi di chi sognava un’alternativa open seria al duopolio Microsoft-Google.

Palantir rimbalza del 5%, ma resta sotto del 40%: il mercato dei software enterprise è una giungla senza bussola

Nel pomeriggio di lunedì, mentre prendiamo un caffè al Bar dei Daini, Palantir Technologies ha registrato un rialzo del 5%, una boccata d’ossigeno in un contesto di trading schizofrenico per le azioni software enterprise. Ma prima di stappare lo spumante, va detto che il titolo è ancora seduto su una perdita del 40% dal suo picco record di $124 toccato a metà febbraio. In altri tempi avremmo parlato di correzione. Oggi, con l’hype dell’AI e la volatilità isterica del mercato, è semplicemente lunedì.

Il rimbalzo non è casuale, ma nemmeno miracolistico. Palantir ha un vantaggio strutturale: genera cassa, e la genera in fretta. Mentre molti dei suoi presunti “peer” nel settore dell’intelligenza artificiale bruciano liquidità come se fosse carbone in una locomotiva del XIX secolo, Palantir sembra aver trovato la quadra. Il suo loop dati-flywheel quel ciclo virtuoso in cui più dati significano migliori insight, che generano più clienti, che portano altri dati — sta girando come un orologio svizzero. Se mantiene questo ritmo, la società potrebbe diventare uno dei capisaldi dell’infrastruttura AI di nuova generazione.

Oracle e il rischio Texano: la corsa disperata per non perdere OpenAI, 64.000 GB200 GPUs Abilene Stargate Datacenter

La notizia arriva con il sapore di un ultimatum mascherato da “urgency”: Oracle si trova nel bel mezzo di un’operazione ad alta tensione finanziaria e strategica, costretta a correre contro il tempo per completare un mega data center ad Abilene, in Texas, 1,2 gigawatt – 2 entro la metà del 2026 . L’obiettivo è uno solo: non far saltare il contratto milionario con OpenAI. Ma quando una big tech, storicamente vista come pachidermica nei suoi tempi d’esecuzione, si trova sotto pressione operativa, le crepe iniziano a vedersi prima nei bilanci che nel cemento armato.

L’immagine è cinematografica, quasi distopica: nel cuore del Texas, ad Abilene, un colosso di acciaio e cemento delle dimensioni di 17 campi da football giace vuoto, incompleto, come un’astronave abbandonata nel deserto. Questo è il data center che Oracle sta disperatamente cercando di completare per soddisfare le esigenze fameliche di OpenAI. Ma per ora, più che essere un simbolo di potenza computazionale è un cantiere aperto, 2 edifici completati e 6 ancora pianificati. JP Morgan Chase ha fornito un mutuo di 2,3 miliardi di dollari su una stima di costo Oracle e Crusoe di 10.

Elon Musk sogna un’America senza dazi: “Zero-tariff” tra Europa e Nord America o il suicidio economico

La scena è degna di una tragicommedia geopolitica. Mentre gli Stati Uniti, guidati dalla crociata protezionista dell’amministrazione Biden – erede spirituale delle politiche tariffarie massimaliste di Trump – impongono barriere commerciali a destra e a manca, Elon Musk si presenta come il profeta solitario del libero scambio. Lo fa non in un consiglio economico o durante un vertice multilaterale, ma nel modo più Musk possibile: durante un incontro con il vicepremier italiano Matteo Salvini e poi, ovviamente, postando su X alle prime luci dell’alba. Perché la diplomazia è morta, lunga vita ai social.

Secondo Bloomberg, Musk ha proposto una “zona di libero scambio effettiva” tra Europa e Nord America. Niente dazi, niente barriere, solo flussi commerciali lisci come una Model S su strada libera. Un’utopia liberista pronunciata proprio mentre la Casa Bianca si barrica dietro dogane blindate, pronta a scatenare guerre commerciali nel nome di una sovranità economica sempre più farsesca.

Elon musk e la nuova API della discordia: DOGE, IRS e il sogno (impossibile) del cloud fiscale

Se pensavi che la commedia tra Silicon Valley e Washington avesse già raggiunto il suo apice, preparati a un nuovo atto. Questa volta il palco è l’Internal Revenue Service, l’orchestra è un improvvisato dream team di tech bros sotto il cappello pomposamente distopico del Department of Government Efficiency – acronimo volutamente canino: DOGE – e il regista, ça va sans dire, è Elon Musk, o meglio il suo ennesimo braccio operativo non ufficiale.

Secondo quanto riportato da Wired, DOGE starebbe organizzando un hackathon a Washington la prossima settimana, con l’obiettivo di costruire una “mega API” capace di accedere ai dati del fisco americano e migrarli in cloud. Quale cloud? Mistero. Si parla, inquietantemente, anche di provider terzi come Palantir, nome che evoca scenari più da “Minority Report” che da modernizzazione digitale. In teoria, questo mega-API dovrebbe diventare il “read center” per i sistemi dell’IRS: in pratica, un accesso centralizzato e trasversale ai dati fiscali dell’intera popolazione statunitense.

Silicon Valley Geopolitics and New Balances of Power (ENGLISH PODCAST)

Il potere liquido del digitale: la nuova autarchia tecnologica tra Silicon Valley, Cina e crisi delle democrazie.

L’epoca che stiamo attraversando non ha eguali nella storia. Non è tanto una questione di tecnologia in sé, quanto della sua velocità, della sua capillarità, e soprattutto della sua imprevedibile capacità di ridefinire strutture di potere, categorie politiche e fondamenta sociali. Se fino a ieri le guerre si combattevano con carri armati, oggi si conducono con algoritmi, piattaforme, intelligenza artificiale e manipolazione cognitiva di massa. E chi le combatte, sempre più spesso, non indossa una divisa. È un ingegnere di Stanford, un imprenditore visionario in t-shirt nera, un fondo sovrano saudita o un partito comunista che ha capito come si programma un sistema operativo.

La tecnologia digitale non è più una componente del sistema: è il sistema. E in questa mutazione genetica della realtà sociale, economica e politica globale, si intravede un disegno emergente – non sempre intenzionale, ma comunque dirompente – che sta ridefinendo gli assi della geopolitica. Gli attori centrali di questa trasformazione non sono più gli Stati, ma gli attori extra-statuali, potentati digitali, corporate apolidi che accumulano capitale, dati e influenza in una misura senza precedenti. È la “balcanizzazione del potere”, ma con server sparsi nei deserti del Nevada e nei data center sottomarini di Google, non più tra le montagne dei Balcani.

Scott Bessent e il ruolo dell’intelligenza artificiale di DeepSeek nel crollo dei mercati: un’analisi della situazione economica globale

Il mercato azionario mondiale sta attraversando una fase di turbolenza che ha attirato l’attenzione di molti osservatori, in particolare a causa della continua discesa dei principali indici. Tuttavia, mentre la narrativa prevalente suggerisce che le politiche economiche di Donald Trump siano la causa principale di questo calo, Scott Bessent, segretario del Tesoro degli Stati Uniti, ha lanciato una visione contrastante, suggerendo che il vero fattore scatenante del crollo possa essere l’emergere di DeepSeek, un avanzato strumento di intelligenza artificiale sviluppato in Cina.

Bessent, intervistato da Tucker Carlson su Fox News, ha fatto un’affermazione provocatoria, chiarendo che la discesa dei mercati è iniziata ben prima dell’intensificarsi delle politiche tariffarie di Trump. Secondo lui, il vero catalizzatore del calo sarebbe stato l’annuncio del lancio di DeepSeek, l’innovativo modello di intelligenza artificiale cinese, che ha scosso i mercati globali con una potenza dirompente.

Il crollo dell’Internet globale: Come la politica di Trump minaccia l’industria tecnologica americana in Europa

L’industria tecnologica americana si trova di fronte a una nuova realtà geopolitica che potrebbe mettere a rischio uno dei suoi mercati più redditizi: l’Europa. Le grandi aziende tecnologiche come Alphabet, Meta e OpenAI, che per anni hanno navigato senza troppi intoppi nei mercati globali, si trovano ora in una posizione scomoda, intrappolate tra la crescente ostilità degli Stati Uniti verso l’Europa e la crescente diffidenza europea nei confronti della supremazia tecnologica americana. La situazione si è complicata ulteriormente con l’amministrazione Trump, che non solo ha intrapreso una guerra commerciale con la Cina, ma sembra ora disposta a compromettere i legami transatlantici, mettendo a rischio l’accesso delle aziende tech americane ai mercati europei.

Negli ultimi dieci anni, il panorama tecnologico globale è cambiato drasticamente. Le aziende tecnologiche americane, un tempo convinte che Internet sarebbe stato uno strumento di liberalizzazione politica, si sono ritrovate ad affrontare una crescente divisione geopolitica. L’amministrazione Trump, con il suo approccio nazionalista e la sua visione di un’America più isolata, ha messo in difficoltà le stesse aziende tecnologiche che avevano goduto della protezione politica di Washington. L’Europa, da parte sua, ha iniziato a chiedersi se la sua dipendenza dalle tecnologie americane non fosse un rischio per la sua sicurezza nazionale e competitività.

Meta lancia LLaMA 4 e spara alto: “superiamo tutti”, ma è davvero così?

Il solito annuncio in pompa magna di Meta è arrivato. Zuckerberg, con la sua solita espressione da androide entusiasta, ha svelato Llama 4: la nuova famiglia di modelli AI che, a detta sua, “batte tutto e tutti”. Si tratta di tre modelli — due disponibili da subito, Scout e Maverick, e un terzo in arrivo, il Behemoth che promettono di ribaltare il tavolo nel panorama dei grandi modelli linguistici. E mentre Meta spinge il marketing sull’open-source, sotto sotto detta regole da monopolista.

Scout, il più piccolo della famiglia, viene venduto come un piccolo prodigio: “entra tutto in una sola Nvidia H100”. Per chi mastica un po’ di infrastruttura, questo significa che puoi farlo girare su una GPU che costa come un’utilitaria. Ma non è solo un esercizio di miniaturizzazione: con i suoi 10 milioni di token di contesto, Scout dice di bastonare Gemma 3, Gemini 2.0 Flash-Lite e persino Mistral 3.1 su benchmark “ampiamente riconosciuti” traduzione: quelli che Meta ha scelto per far bella figura.

Trump, chip e caos: l’intelligenza artificiale scopre che non esistono esenzioni doganali per i cocchi del Presidente

Se ti sembra di vivere in un episodio di Black Mirror scritto da un economista col dente avvelenato, tranquillo, non sei solo. La Silicon Valley sta giocando alla roulette russa con le GPU e il tamburo gira sempre più veloce. Il problema è semplice nella forma e devastante nella sostanza: nessuno sa davvero se le GPU il cuore pulsante dell’industria dell’intelligenza artificiale saranno escluse dalle nuove tariffe volute da Trump, ed è bastata questa incertezza per mandare in cortocircuito l’intero settore tech.

Wall Street ha risposto come ci si aspetta quando sente puzza di tariffe su hardware strategico: vendendo tutto come se non ci fosse un domani. Nvidia giù del 7.59%, TSMC del 7.22%. E mentre a San Francisco si respira quell’arroganza zen da “tanto ci esentano, come con Apple nel 2018”, a Washington lo scenario è più simile a un incendio in un datacenter gestito da stagisti bendati. Nessuno sa cosa stia succedendo, nessuno risponde alle mail, e chi dovrebbe avere risposte tipo NIST, USTR (ma mico li ho assunti io questi…) o la Casa Bianca – preferisce giocare a scaricabarile o sparire del tutto. Se cerchi chiarezza, buona fortuna.

Silicio tossico: l’industria dei semiconduttori crolla nonostante le carezze tariffarie di Trump

Un caffè amaro al BAR dei Daini

Nonostante l’ultima stretta di Donald Trump abbia graziosamente risparmiato i semiconduttori dalla nuova ondata di dazi, il settore ha continuato a cadere a picco con l’eleganza di un frigorifero lanciato da un grattacielo. Venerdì, la tecnologia pesante del Nasdaq ha segnato ufficialmente l’ingresso in territorio orso, con un calo di oltre il 20% da dicembre. Una discesa verticale che ha lasciato investitori, analisti e CEO con lo sguardo perso nel vuoto, come chi si sveglia con l’hangover e il conto in banca azzerato.

Banche e fintech: amore e guerra nell’era dell’AI generativa, parola della Fed Michael Barr

Jerome Powell sta in silenzio, ma Michael Barr, il vice presidente della Federal Reserve per la supervisione bancaria, parla. E quando parla, non lo fa per riempire d’aria le sale di conferenze. Nel suo intervento di ieri, ha lanciato un segnale inequivocabile: banche e fintech non solo dovranno convivere nel campo dell’intelligenza artificiale generativa, ma saranno costrette a una danza fatta di competizione spietata e cooperazione strategica. Una convivenza forzata tra il lupo di Wall Street e la startup con la felpa di Stanford.

Copilot spara a zero: il roast (programmato) dei tre CEO di Microsoft

Se c’è un’arte che la Silicon Valley ha affinato negli ultimi anni, è quella dell’autocelebrazione camuffata da ironia. Microsoft, che compie cinquant’anni e vuole dimostrare di essere ancora “cool”, ha tirato fuori dal cilindro un siparietto tanto surreale quanto geniale: mettere a confronto tre epoche del colosso di Redmond—Bill Gates, Steve Ballmer e Satya Nadella—e lasciarli roastare da un’intelligenza artificiale. Il tutto, ovviamente, orchestrato da Copilot, la loro AI di punta. Il risultato? Un incrocio tra uno show HBO e una riunione del consiglio d’amministrazione con microdosi di LSD.

Chi racconta la storia controlla l’AI: narrativa, potere e propaganda digitale

Platone – o chi per lui – diceva che “Chi racconta le storie governa la società.” Mai come oggi questa affermazione è vera, e non perché i racconti siano ormai monopolio di chatbot e algoritmi (anche se sarebbe un esperimento mentale interessante). Il punto cruciale è un altro: la frizione tra le diverse storie che vengono raccontate sull’AI dipende moltissimo da chi le racconta. E il bello è che queste narrative, pur contraddittorie, coesistono nella stessa bolla informativa, ognuna con un’agenda più o meno nascosta.

Questa dinamica non è nuova nella Silicon Valley, dove il controllo della narrazione è sempre stato un elemento chiave della strategia delle big tech. Steve Jobs diceva che “Le persone non sanno cosa vogliono finché non glielo mostri”, una frase che sintetizza perfettamente la filosofia dietro molte delle narrative che oggi plasmano il discorso sull’AI. Andiamo a vedere i principali storyteller di questa nuova rivoluzione.

L’illusione della crescita infinita: quando l’AI lavora e l’essere umano scompare

La METR (Measuring AI Ability to Complete Long Tasks) ci lancia una previsione degna della vecchia Legge di Moore: l’autonomia operativa delle intelligenze artificiali sta raddoppiando ogni sette mesi dal 2019. Se il trend prosegue, nel giro di cinque anni potremmo avere IA capaci di realizzare in autonomia il grosso dei task che oggi occupano giorni o settimane di lavoro umano. Entro la fine del decennio, potremmo vedere AI in grado di portare avanti progetti della durata di un mese senza alcun intervento umano. Fantascienza? No, una proiezione matematica basata sui dati attuali.

Ma qui si apre il solito dibattito: cosa accade quando l’automazione cresce a velocità esponenziale mentre l’economia rimane vincolata a un modello che assegna valore alla capacità di spesa umana? Il nodo centrale è sempre quello: che senso ha produrre in modo iperefficiente se la domanda crolla perché i lavoratori-consumatori non esistono più? L’idea di un’economia in cui tutto diventa “quasi gratuito” grazie all’automazione totale è una narrazione da venture capitalist con il lusso di ignorare le dinamiche macroeconomiche.

La “Sospensione” di Pliny: Una Storia di Jailbreak e Provocazione

Quando il 1° aprile 2025, la notizia della sospensione dell’account di Pliny, uno dei più celebri “jailbreakers” dell’intelligenza artificiale, è emersa, in molti hanno pensato a un pesce d’aprile. Tuttavia, come spesso accade, la realtà si è rivelata molto più interessante di una semplice burla. OpenAI ha effettivamente disattivato l’accesso a ChatGPT di Pliny, citando violazioni delle sue politiche legate a “attività violente” e “creazione di armi”. Eppure, questa sospensione ha innescato una serie di eventi e riflessioni che meritano attenzione, poiché illuminano le dinamiche di un settore sempre più al centro delle controversie sull’uso sicuro e etico delle intelligenze artificiali.

La guerra commerciale: le tariffe di Trump criticate da alcuni economisti

La recente offensiva tariffaria del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha annunciato tariffe del 10% su tutti i Paesi e tariffe maggiori per quelli considerati i “peggiori trasgressori”, ha suscitato un’ondata di critiche tra gli economisti. La reazione a queste nuove misure economiche, che coinvolgono una vasta gamma di Paesi e si estendono a livello globale, non si è fatta attendere. Una delle critiche più severe è arrivata da Lawrence Summers, ex segretario del Tesoro e direttore del National Economic Council durante la presidenza di Barack Obama, che ha definito questa formula economica come “quello che il creazionismo è per la biologia”.

Quando Trump ha presentato la tabella delle tariffe nel giardino delle Rose, spiegando che l’amministrazione avrebbe applicato una tassa del 10% su tutte le importazioni e tariffe più elevate per i Paesi con i deficit commerciali più significativi, sono emerse numerose domande. Ad esempio, perché il Vietnam, un Paese che gli Stati Uniti hanno cercato di avvicinare negli ultimi anni per contrastare la Cina nella regione, è stato colpito da una tariffa del 46%? E perché i prodotti sudcoreani sono soggetti a una tariffa del 25%, mentre Taiwan, la Svizzera e l’Indonesia hanno rispettivamente il 32%, il 31% e il 32%?

The formula the White House posted. Photo: Handout

The formula the White House posted. Photo: Handout

Protetto: Il futuro che ci aspetta: l’aristocrazia dei ricchi e la “grazia” di chi domina la tecnologia

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Trump e l’autocrazia tecnologica: come le idee di Thiel e Karp potrebbero plasmare un nuovo ordine politico

L’influenza di Peter Thiel su Trump

Non è un segreto che Peter Thiel abbia avuto un ruolo significativo nella politica di Trump, soprattutto durante le elezioni presidenziali del 2016. Thiel, uno dei fondatori di PayPal e un investitore di spicco nel settore tecnologico, ha dato il suo supporto esplicito alla candidatura di Trump, una mossa che ha suscitato molte discussioni, dato che Thiel è noto per le sue opinioni conservatrici e libertarie, che talvolta si scontrano con il mainstream politico degli Stati Uniti.

Federico Faggin – Irreducible: Consciousness, Life, Computers, and Human Nature

Un libro che sfida il paradigma materialista

“Irreducible: Consciousness, Life, Computers, and Human Nature” di Federico Faggin è un’opera che non si limita a discutere la coscienza come fenomeno, ma la affronta come un’entità irriducibile alle mere funzioni computazionali. Questo lo pone in netto contrasto con la visione materialista dominante nella scienza, secondo cui la mente è solo il risultato dell’attività neuronale e può, in linea di principio, essere replicata da un’intelligenza artificiale sufficientemente avanzata.

Il libro esplora il concetto che la coscienza non sia un epifenomeno del cervello, ma una realtà fondamentale dell’universo, un’idea che si riallaccia a tradizioni filosofiche e spirituali millenarie. Faggin, celebre per aver inventato il microprocessore e quindi ben radicato nella scienza e nella tecnologia, porta avanti una critica lucida al riduzionismo, suggerendo che l’esperienza soggettiva, il “qualia”, non sia simulabile né trasferibile su macchine.

Trump e le tariffe AI: quando la politica commerciale diventa un compito copiato all’ultimo minuto

Donald Trump ha annunciato la sua nuova strategia commerciale brandendo un cartellone di cartone con la scritta “Reciprocal Tariffs”, scatenando immediatamente stupore e confusione. Il piano? Un dazio del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, comprese quelle provenienti da isole disabitate, e tariffe astronomiche su alcuni paesi, basate su una logica che non sembra aderire a nessuna analisi economica tradizionale. Il risultato immediato: il crollo dei mercati azionari e l’ombra di un’impennata dei prezzi su quasi tutti i beni di consumo.

Ma da dove saltano fuori questi numeri? Pare che la Casa Bianca abbia preso una scorciatoia matematica che assomiglia sospettosamente a quella suggerita da chatbot di intelligenza artificiale come ChatGPT, Gemini, Claude e Grok.

Amazon vuole diventare il checkout del mondo: il nuovo pulsante “Buy for Me” e l’era dell’AI agente

Amazon sta testando una nuova funzione chiamata “Buy for Me”, un pulsante che permetterà agli utenti di acquistare prodotti da siti di terze parti senza mai uscire dall’app di Amazon. In pratica, il gigante dell’e-commerce vuole centralizzare il processo di acquisto anche per articoli che non vende direttamente, trasformandosi nel checkout universale del web. Il tutto è reso possibile grazie all’AI agente di Amazon, in particolare il sistema Nova AI che, con l’ausilio del modello Claude di Anthropic, è in grado di effettuare transazioni online in autonomia.

Dopo aver recentemente introdotto la possibilità di visualizzare prodotti di terze parti con un reindirizzamento ai loro siti, Amazon fa un ulteriore passo avanti: invece di mandarti a compilare dati di pagamento e spedizione manualmente, l’AI si occuperà di tutto per te. Basta premere il pulsante “Buy for Me” e il sistema acquisterà il prodotto direttamente a tuo nome, gestendo la transazione con i tuoi dati di pagamento e spedizione già salvati su Amazon. Il tutto, ovviamente, con la promessa che i dati verranno trasmessi in forma criptata e “sicura” (ma sappiamo bene che con Amazon la privacy è sempre un tema aperto).

Zuckerberg cerca di comprare la libertà: l’ultima mossa disperata di Meta per salvare il monopolio

Mark Zuckerberg è in modalità panico. Il CEO di Meta ha attivato tutte le sue connessioni politiche per tentare di risolvere la causa antitrust che potrebbe smembrare il suo impero digitale.

Il bersaglio? Donald Trump, l’uomo che ha già dimostrato di poter cambiare posizione più velocemente di un algoritmo di Facebook. Secondo il Wall Street Journal, Zuckerberg sta facendo pressione sulla Casa Bianca affinché la FTC (Federal Trade Commission) molli la presa sulla causa che potrebbe costringere Meta a vendere Instagram e WhatsApp. La battaglia legale è iniziata nel 2020, sotto la prima amministrazione Trump, ma ora sta per arrivare al processo, previsto per il 14 aprile.

Trump scatena una guerra commerciale sui chip: tariffe record su Cina, Taiwan e Giappone

L’America torna grande. O almeno così dice Donald Trump, che ha annunciato l’introduzione di tariffe reciproche devastanti sui principali attori della catena di approvvigionamento dei semiconduttori. Cina colpita con un 34%, Taiwan con un 32% e il Giappone con un 24%. Un colpo diretto al cuore dell’industria tecnologica globale, con effetti immediati sui mercati finanziari e sull’intero ecosistema dei semiconduttori.

Dal Rose Garden della Casa Bianca, Trump ha proclamato quello che ha definito “il giorno della liberazione economica dell’America”, firmando un ordine esecutivo che introduce le nuove tariffe con un tono da crociata economica: “Abbiamo aspettato troppo a lungo… Oggi è il giorno in cui rendiamo l’America di nuovo ricca.” La strategia? Costringere le aziende tecnologiche a riportare la produzione in casa, evitando così i dazi.

Elon Musk: da salvatore dei costi governativi a zavorra politica?

Elon Musk, l’iconico imprenditore noto per le sue imprese spaziali e automobilistiche, sembra essere giunto al capolinea della sua avventura come “tagliatore di costi e di teste..” per il governo statunitense. Secondo un recente rapporto di Politico, il presidente Donald Trump avrebbe confidato ai suoi collaboratori più stretti che Musk si ritirerà nelle prossime settimane per tornare a concentrarsi sulle sue aziende, in particolare sulla travagliata Tesla. ​

La Casa Bianca ha minimizzato queste voci, affermando che Musk lascerà il suo incarico primaverile come previsto. Tuttavia, i segnali di una crescente tensione sono evidenti. Recentemente, in Wisconsin, l’elezione di Susan Crawford alla Corte Suprema dello Stato ha inflitto una sconfitta ai candidati conservatori sostenuti da Trump e Musk, evidenziando i limiti dell’influenza politica del magnate. ​

Amazon vuole TikTok: Mossa disperata o strategia geniale?

Amazon ha deciso di lanciare un’offerta last-minute per acquisire TikTok, proprio quando il tempo sta per scadere. Il 5 aprile è il termine ultimo imposto dall’amministrazione USA affinché il social network di ByteDance trovi un acquirente non cinese o affronti il ban definitivo nel paese.

Secondo Reuters, la proposta di Amazon è stata inviata direttamente al vicepresidente J.D. Vance e al Segretario del Commercio Howard Lutnick, ma molti degli attori coinvolti nei negoziati non la stanno prendendo seriamente. Sembra quasi un colpo di scena alla Jeff Bezos, uno di quei movimenti inattesi che potrebbero ribaltare la partita all’ultimo secondo.

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