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Intelligenza Artificiale, Politica, Democrazia, Normativa, Regolamenti

Nvidia Blackwell e il controllo strategico dei chip AI: Trump chiude le porte alla cina

Di fronte alle dichiarazioni di Trump sul divieto di esportare i chip Blackwell più avanzati, è utile smontare con occhio critico quello che è dire, quello che potrebbe fare, e quello che è già in atto.

Trump afferma che il nuovo Blackwell è “dieci anni avanti a ogni altro chip” e che “non lo diamo ad altri”, ribadendo l’intenzione di riservarlo agli Stati Uniti. In altre parole, i chip top-level sarebbero soggetti a restrizioni ancora più stringenti rispetto a quelle già vigenti sotto le politiche di controllo statunitensi.

Il ricatto della Cina sulle terre rare e la tregua (armata) Trump-Xi Jinping

In un mondo dove le supply chain sono catene al collo delle superpotenze, la Cina di Xi Jinping sa benissimo come stringere il cappio. Mentre i media occidentali continuano a dipingere Donald Trump come il bullo del commercio internazionale, con i suoi dazi “fantasiosi” e minacce recapitate con un tweet, la verità, forse, è un po’ più ironica: è Pechino che ha forzato la mano, trasformando le terre rare in un’arma geoeconomica letale.

Le azioni di Trump allora potrebbero essere lette non come frutto di un capriccio protezionista americano, ma come una reazione a una mossa calcolata di Xi, che ha trasformato il suo dominio sul 90% della raffinazione globale di questi minerali strategici in uno strumento di ricatto planetario.

Benvenuti nel nuovo capitolo della guerra commerciale, dove la narrativa consolidata si capovolge e Trump appare non come l’aggressore, ma come il difensore di un Occidente colto alla sprovvista e dove l’incontro che si è appena svolto a Busan, in Corea del Sud, tra il presidente americano e quello cinese più che una svolta segna più che una svolta una tregua (armata).

Vertice Trump Xi a Busan: la mossa che può riscrivere la guerra commerciale mondiale

L’incontro di circa 100 minuti tra Trump e Xi, avvenuto a Busan sul margine del vertice APEC, ha portato a tagli tariffari, una pausa temporanea nei controlli sulle terre rare e impegni cauto-cooperativi in altre aree.
In particolare: gli Stati Uniti ridurranno i dazi sui beni cinesi legati ai precursori del fentanyl dal 20% al 10% (parte del pacchetto complessivo), abbassando il tasso medio da circa 57 % a 47 %.

Inside Russia’s nuclear-powered cruise missile: il flying chernobyl e la follia della potenza

E’ “sinistramente” poetico nel tentativo russo di resuscitare l’idea di un missile nucleare a propulsione. Mentre il resto del mondo fatica a disintossicarsi dal petrolio, la Russia accende un reattore sotto le ali di un’arma volante e la chiama progresso. Il Burevestnik, orgoglio della propaganda di Putin, è stato presentato come il primo missile nucleare a propulsione russa con autonomia teoricamente illimitata. Sulla carta può volare per 14.000 chilometri, restando in aria per oltre 15 ore, pronto a colpire qualunque obiettivo sulla Terra. Nella realtà, assomiglia più a un “flying Chernobyl” che a una rivoluzione strategica.

La corsa americana ai minerali critici: il nuovo oro tecnologico che ridisegna le alleanze globali

Donald Trump ha riscritto il manuale della geopolitica economica, di nuovo. Durante la sua recente visita in Asia, ha firmato una serie di accordi sui minerali critici che, dietro l’apparente tecnicismo diplomatico, nascondono una mossa strategica di portata globale: ridurre la dipendenza americana dalla Cina nel settore delle terre rare, il cuore pulsante della tecnologia moderna. Non si parla solo di elementi chimici, ma di potere, di catene del valore e di controllo sull’infrastruttura tecnologica del pianeta. La stessa infrastruttura che alimenta semiconduttori, batterie per veicoli elettrici, turbine eoliche e sistemi d’arma avanzati.

Sovranità algoritmica, terre rare e la partita nascosta di TikTok: un fact-check brutale

Nel confronto geopolitico tra Stati Uniti e Cina non basta parlare solo di dazi e di materie prime, perché la vera scommessa strategica ha un nome meno tangibile: sovranità algoritmica. I fatti recenti indicano che un accordo sulla cessione delle operazioni di TikTok negli Stati Uniti ha avanzato fino alla fase di approvazione e coinvolge un gruppo di investitori statunitensi che comprende figure come Larry Ellison, Silver Lake e altri partner vicini all’amministrazione Trump, con ByteDance che mantiene una quota minore nella nuova struttura. Questa non è più una telenovela per adolescenti: è una negoziazione che intreccia politica, sicurezza nazionale e affari per decine di miliardi.

La politica dell’intelligenza artificiale ha già iniziato la sua campagna elettorale


La politica dell’intelligenza artificiale non aspetta le urne. Non si contano più i candidati che corrono per un seggio, ma i protocolli che corrono per il potere. È iniziata una campagna elettorale che non riguarda partiti o ideologie, ma la sovranità dei dati, la sicurezza dei modelli e il controllo narrativo del futuro digitale. Gli Stati non eleggono più rappresentanti, eleggono algoritmi. Le aziende tecnologiche, con la loro capacità di spostare miliardi di interazioni in un istante, sono diventate le nuove lobby elettorali. Ogni linea di codice è una promessa politica, ogni policy di sicurezza è un voto di fiducia.

MAGA ha imparato ad amare la sicurezza dell’AI

Immagina lo scenario: un partito fondato sulla libertà, sulla retorica anti-élite, sull’odio per il “governo invadente”, che improvvisamente diventa il guardiano della sicurezza digitale. Ironico? Certo. Ma è quello che sta accadendo mentre il movimento MAGA (Make America Great Again) si contrae in una guerra interna sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Da simbolo del laissez-faire, alcuni dei suoi pezzi grossi si tramutano in paladini del “non lasciate che i chat-bot uccidano i nostri figli”.

Pace in Ucraina, Trump e il piano in 12 punti che rischia di saltare al primo colpo di vento diplomatico

In Europa si respira un misto di speranza e pragmatismo esasperato, mentre alcuni stati stanno tessendo un piano in 12 punti per la pace in Ucraina, un documento che sembra più un esercizio di ingegneria diplomatica che un accordo reale. La proposta prevede di congelare le linee del fronte attuali, mettere in sicurezza i bambini deportati, scambiare prigionieri, e garantire all’Ucraina fondi per la ricostruzione e un percorso rapido verso l’Unione Europea. A supervisionare tutto ci sarebbe un consiglio di pace guidato da Donald Trump, un dettaglio che fa sorridere i diplomatici più navigati e rabbrividire chi ha memoria di precedenti negoziati trumpiani.

Il vicepresidente USA J.D. Vance in Israele: ottimismo sulla fragile tregua a Gaza

Il vicepresidente americano J.D. Vance ha fatto il suo ingresso in Israele con l’aria di chi sa di dover parlare di pace in una zona dove la parola stessa sembra un concetto teorico. Il cessate il fuoco a Gaza, in vigore dal 10 ottobre 2025, è fragile, ma Vance non esita a dichiarare che “va meglio di quanto mi aspettassi”. Accanto a lui, Steve Witkoff parla di risultati superiori alle previsioni, mentre Jared Kushner, genero di Donald Trump e uno degli architetti dell’accordo, sottolinea la complessità della transizione: “Entrambe le parti stanno passando da due anni di guerra intensa a una postura di pace”. Tradotto in termini non diplomatici, significa che la tregua è come un piano urbanistico su terreno instabile: teoricamente solida, ma pronta a crollare al primo terremoto di violenza o incomprensione.

Marc Benioff fa marcia indietro sulla guardia nazionale a San Francisco

Marc benioff, il cofondatore e ceo di salesforce, ha dimostrato che anche i leader tecnologici più navigati possono inciampare tra tweet, conferenze e pressione mediatica. All’inizio della settimana aveva dichiarato, con una sicurezza che avrebbe fatto impallidire un trader in crisi, che il presidente trump avrebbe dovuto inviare la guardia nazionale a san francisco per contrastare la criminalità. La dichiarazione, rilasciata al new york times, sembrava un controsenso rispetto alla sua immagine progressista, nota per le donazioni a cause filantropiche e l’impegno sociale.

Il triangolo geopolitico dell’AI: libertà selvaggia, regole di ferro o controllo totale? REPORT

In un mondo dove l’AI genera testi più eloquenti di un discorso presidenziale e immagini capaci di ingannare persino i più esperti, molto probabilmente la domanda che dobbiamo porci non è più se regolare questa tecnologia, ma come. Viviamo, inutile nascondercelo, in un’arena geopolitica dove l’Europa brandisce il righello della compliance come un monito biblico, gli USA accelerano a tavoletta sul binario dell’innovazione “libera per tutti” (o quasi) e la Cina orchestra un balletto tra sorveglianza e supremazia tecnologica.

Russia in crisi: la leva strategica non sfruttata di Trump

Se qualcuno avesse sperato che la politica estera americana seguisse logiche prevedibili, il quadro attuale è una doccia fredda. Il conflitto in Ucraina si avvicina al quarto anno e, sebbene il mondo si sia abituato a una Russia apparentemente invincibile, la realtà sul terreno racconta una storia diversa. L’esercito di Putin è logorato, le finanze statali sono sotto pressione e l’isolamento diplomatico è più evidente di quanto qualsiasi propaganda crei illusioni. Paradossalmente, proprio in questo scenario di debolezza estrema, l’ex presidente Trump sembra incapace di applicare la leva che lo ha reso famoso nel gioco politico: colpire i punti deboli dell’avversario per massimizzare il risultato.

La nuova guerra commerciale Usa-Cina e il riflesso oscuro sui titoli tecnologici globali

La storia sembra scritta da un algoritmo impazzito, programmato per ricominciare lo stesso ciclo ogni cinque anni: minaccia, rappresaglia, panico sui mercati, crollo tecnologico, nuova trattativa. Donald Trump ha deciso di premere ancora una volta il pulsante rosso della guerra commerciale USA-Cina, annunciando un aumento del 100% sulle tariffe su importazioni cinesi. Una mossa che suona più come un atto elettorale che come una strategia economica, ma che ha comunque risvegliato la tensione dormiente tra Washington e Pechino, con una rapidità che solo la geopolitica digitale sa imitare.

How MAGA fell out of love with beerQuando le culture wars bevono amaro

C’è una scena che merita un romanzo: un gruppo di uomini con magliette “Don’t tread on me” che distrugge casse di Bud Light con fucili su TikTok. Non è la satira di un distopico bar in stile “Idiocracy” è andato davvero così nel 2023. Quel momento segna l’inizio della caduta d’amore di MAGA per la birra tradizionale, e rivela che ormai anche ciò che sorseggi non è più neutro: è un simbolo politico.

Il rapporto sulle oligarchie delle grandi aziende tecnologiche di Bernie Sanders

Bernie Sanders ha lanciato un nuovo allarme sull’intelligenza artificiale, sostenendo che entro dieci anni quasi 100 milioni di posti di lavoro americani potrebbero svanire, vittime di una rivoluzione che privilegia i profitti rispetto alle persone.

Former British Prime Minister Sunak sarà l’adviser di Microsoft e Anthropic

Immaginate: un ex primo ministro italiano diciamo Matteo Renzi, Giorgia Meloni, o chiunque abbia guidato il paese, che passi a fare il consigliere strategico per Microsoft e Anthropic dopo aver lasciato la politica. Vi racconto che cosa succederebbe, con ironia, dal punto di vista istituzionale, mediatico e tecnologico qui in Italia.

“In my role as a senior adviser, I want to help these companies ensure that this shift delivers the improvements in all of our lives that it can,”

Due anni di guerra a Gaza: il piano Trump per la pace che nessuno vuole davvero

“Sono stati due anni molto dolorosi. Due anni fa, in questo atto terroristico, sono morte 1.200 persone. Bisogna pensare a quanto odio esiste nel mondo e cominciare a porci noi stessi la domanda su cosa possiamo fare. In due anni, circa 67 mila palestinesi sono stati uccisi. Bisogna ridurre l’odio, bisogna tornare alla capacità di dialogare, di cercare soluzioni di pace”.

È certo che non possiamo accettare gruppi che causano terrorismo, bisogna sempre rifiutare questo stile di odio nel mondo. Allo stesso tempo l’esistenza dell’antisemitismo, che sia in aumento o no, è preoccupante. Bisogna sempre annunciare la pace, il rispetto per la dignità di tutte le persone. Questo è il messaggio della Chiesa”.

Papa Leone XIV nel pomeriggio di oggi, 7 ottobre.

Il cielo su gaza non ha conosciuto tregua ieri carri armati, jet da combattimento e navi israeliane hanno martellato zone del territorio palestinese nel giorno che da due anni rappresenta l’anniversario dell’attacco di Hamas, evento scatenante del conflitto prolungato che continua a mietere vittime e distruzione.

La Regolamentazione AI si fa più Intelligente’: le lezioni dagli Stati USA nel 2025

Rivista.AI – Ottobre 2025 Report

Un anno dopo l’approvazione del pionieristico Colorado Artificial Intelligence Act (CAIA), il panorama legislativo statunitense sull’Intelligenza Artificiale ha subito una significativa evoluzione. I legislatori si stanno allontanando dai “quadri normativi onnicomprensivi” per abbracciare un approccio più mirato e incentrato sulla trasparenza.

La Svolta del 2025: da Framework Generici a Obiettivo Specifico

Nel 2025, nonostante l’introduzione di

210 proposte di legge sull’AI in 42 Stati , pochi quadri normativi ambiziosi sono diventati legge, con un tasso di promulgazione di circa il 9%. Il trend dominante si è concentrato su misure “più mirate, basate sull’obbligo di divulgazione” e studiate per casi d’uso o tecnologie specifiche.

Ristrutturare il consiglio di sicurezza delle nazioni unite: verso una rappresentanza e una vera autorità

Chiunque abbia ancora il coraggio di definire il Consiglio di Sicurezza ONU il custode della pace mondiale dovrebbe forse aggiornare il proprio vocabolario politico. Ottant’anni dopo Yalta, quell’architettura istituzionale disegnata da vincitori e sconfitti della Seconda guerra mondiale è rimasta congelata come un museo della geopolitica. E un museo, si sa, serve a celebrare il passato, non a governare il presente. L’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha reso esplicito ciò che tutti già sapevano ma nessuno osava dire a voce alta: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è irrimediabilmente obsoleto, e la sua paralisi davanti alle crisi di Gaza e Ucraina ha bruciato quel poco di credibilità residua. Non è più tempo di piccoli aggiustamenti cosmetici, qui si tratta di riformare un organo che ha perso ogni forma di legittimità percepita.

Flotilla Intercettata e Arrembata

L’intercettazione della flottiglia diretta a Gaza da parte della marina israeliana è un’operazione che ha tutte le caratteristiche del déjà-vu, un copione già scritto che si ripete ciclicamente con variabili minime ma con un impatto mediatico assicurato. Da un lato lo Stato ebraico ribadisce che il blocco navale è imprescindibile per impedire il contrabbando di armi verso Hamas, dall’altro una carovana eterogenea di attivisti, politici e volti noti cavalca la narrativa umanitaria per contestare una misura che, secondo le ONG internazionali, soffoca una popolazione già al limite. La parola chiave che emerge è “flottiglia Gaza”, attorno alla quale ruotano tensioni diplomatiche, storytelling globale e un mercato mediatico che non ha mai smesso di nutrirsi di simboli e provocazioni.

Taiwan dice no agli USA: la guerra dei chip che infuria tra America e Cina

Taiwan ha detto no. Non è una dichiarazione da poco, soprattutto se pronunciata da una nazione che produce oltre il 90% dei semiconduttori avanzati al mondo. La richiesta degli Stati Uniti, avanzata dal Segretario al Commercio Howard Lutnick, era chiara: trasferire almeno il 50% della produzione di chip taiwanesi sul suolo americano. Ma Taipei ha risposto con fermezza: “Non abbiamo mai discusso né accettato una divisione equa nella produzione di semiconduttori”. La Vice Premier Cheng Li-chiun ha sottolineato che tale proposta non è mai stata parte delle trattative bilaterali in corso.

flag of usa

Shutdown governo USA: la distopia politica di Trump e Musk che sembra realtà

Lo shutdown governo USA non è mai stato solo un dettaglio tecnico da burocrati con la calcolatrice in mano. È uno spettacolo crudele e affascinante che mescola democrazia, potere e caos amministrativo. La parola stessa evoca immagini di corridoi vuoti nelle agenzie federali, dipendenti senza stipendio, cittadini lasciati a chiedersi se lo Stato più potente del pianeta non sia in realtà una grande startup sempre sull’orlo del fallimento. Negli ultimi decenni lo shutdown è diventato un rituale americano quasi quanto il Super Bowl, con la differenza che non ci sono halftime show né spot miliardari a renderlo più digeribile.

La nuova politica industriale USA e l’illusione della mano invisibile che diventa visibile

La mano invisibile di Adam Smith, quella che per decenni ha dominato il mito del libero mercato americano, sembra aver deciso di uscire dall’ombra. Non più metafora ma appendice concreta di Washington che entra nel capitale di Intel, valuta partecipazioni in Lithium Americas e si riscopre improvvisamente paladina della politica industriale. Gli Stati Uniti, per anni maestri di deregulation e predicatori di concorrenza pura, oggi copiano maldestramente il playbook di Pechino. E lo fanno con la goffaggine di chi non ha memoria storica di come si costruisce un apparato industriale nazionale.

Trump, H-1B e la resa dei conti tra India e America

Donald Trump ha deciso di colpire il cuore pulsante della globalizzazione tecnologica con un colpo secco: centomila dollari per ogni richiesta di visto H-1B. Non è una tassa, è un segnale. Un messaggio scritto a caratteri cubitali per gli elettori americani e al tempo stesso un atto di guerra commerciale che costringe Narendra Modi a gestire un’altra crisi a stelle e strisce. L’India, che ha costruito un settore IT da 280 miliardi di dollari proprio grazie alla fluidità di quel corridoio digitale con gli Stati Uniti, si ritrova improvvisamente davanti a un conto che nessuno a Bangalore o Hyderabad aveva voglia di pagare.

Nucleare Cina USA Russia: il ritorno della paranoia atomica nell’era Trump

Trump non è mai stato un campione della coerenza strategica, ma il vertice di Anchorage con Putin ha confermato un fatto elementare che nessuno a Washington o Mosca osa più dire ad alta voce: la stagione del controllo degli armamenti è finita, quella della paranoia atomica è tornata.

Il tentativo goffo di trascinare Pechino dentro una cornice trilaterale di “denuclearizzazione” ha avuto l’effetto opposto. La Cina ha alzato le spalle e ricordato con tono glaciale che il proprio arsenale, ancora modesto se confrontato con quello americano o russo, non merita affatto di essere discusso sullo stesso piano. Non è una questione di numeri, è una questione di percezione geopolitica. Xi Jinping non ha alcun interesse a trasformare il suo status di outsider nucleare in quello di comprimario in un teatro dominato dagli eredi della Guerra fredda.

Omicidio Charlie Kirk: la politica americana tra retorica, radicalizzazione e realtà

Washington, domenica 14 settembre 2025. Il Kennedy Center, tempio della cultura statunitense, ha ospitato una veglia in memoria di Charlie Kirk, l’attivista conservatore assassinato durante un evento all’Università della Utah Valley. La sala da 2.460 posti era gremita di persone, tra cui figure di spicco del Partito Repubblicano come il presidente della Camera Mike Johnson, la segretaria stampa della Casa Bianca Karoline Leavitt e il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard. Nonostante l’afflusso massiccio, l’evento ha sollevato interrogativi sulla natura dell’omicidio e sulle sue implicazioni politiche.

Quando l’intelligenza artificiale diventa Ministro: il caso albanese tra corruzione e trasformazione digitale

L’annuncio di Edi Rama non è passato inosservato, e non poteva esserlo. Il primo ministro albanese ha presentato al mondo il suo nuovo ministro virtuale, un’entità battezzata Diella, generata dall’intelligenza artificiale e incaricata di gestire i pubblici appalti. L’idea, a dir poco spavalda, è che solo un algoritmo potrà rendere la macchina amministrativa finalmente immune dal vizio nazionale della corruzione. Rama ha parlato con orgoglio della prima “ministra” che non esiste in carne e ossa, ma che promette di rendere ogni gara d’appalto cristallina e priva di intrighi, come se il codice fosse per definizione più puro dell’uomo. È una narrazione affascinante, quasi hollywoodiana, ma anche un salto nel buio. Perché affidare a un’intelligenza artificiale la gestione di miliardi di fondi pubblici significa riscrivere non solo le regole della politica, ma soprattutto quelle della fiducia.

Terre rare, tariffe, mare e diplomazia: perché la partita usa-cina è pi ù tecnica di quanto sembri

Inizio il pezzo sbriciolando l’illusione più comune: non si tratta soltanto di due leader che si stringono la mano davanti alle telecamere, ma di catene di approvvigionamento, licenze, e magneti così piccoli da non farsi notare ma abbastanza vitali da mettere a ginocchio un aereo da combattimento. La finestra di novembre per una possibile visita del presidente Trump in Cina, collocabile intorno al vertice APEC in Corea del Sud, non è soltanto diplomazia di facciata; è il tentativo di trasformare una tregua tariffaria fragile in una soluzione negoziale concreta. L’accordo che mantiene le tariffe a livelli elevati ma stabili è stato esteso fino al 10 novembre 2025, creando una scadenza che funziona come una clessidra per negoziatori nervosi.

Usa miliardi ai cinesi: il Pentagono finanzia la crescita militare di Pechino

Il 5 settembre 2025, la Commissione Selezionata della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sul Partito Comunista Cinese ha pubblicato un rapporto che solleva gravi preoccupazioni riguardo ai finanziamenti del Dipartimento della Difesa (DoD) per progetti di ricerca condotti in collaborazione con università e istituti cinesi legati al settore della difesa. Il rapporto evidenzia come, tra il giugno 2023 e il giugno 2025, oltre 1.400 pubblicazioni accademiche abbiano ricevuto supporto da parte del DoD, per un totale superiore a 2,5 miliardi di dollari in finanziamenti. Di queste, circa 800 hanno coinvolto direttamente entità cinesi associate alla ricerca e all’industria della difesa, molte delle quali sono presenti nelle liste nere del governo statunitense.

Francia sull’orlo del collasso: la crisi economica che potrebbe far tremare il mondo

Stavo leggendo un articolo su Telegraph da un po non si parla di Italia ma di Francia, chissa perchè … La Francia, da sempre abituata alle turbolenze politiche, si trova ora ad affrontare una tempesta economica che potrebbe avere ripercussioni sui mercati globali. Con un debito insostenibile, deficit fuori controllo e un sistema di welfare sotto pressione, cresce il timore che Parigi possa diventare l’epicentro di una crisi finanziaria. Il Primo Ministro François Bayrou si prepara a un voto di fiducia cruciale l’8 settembre, con implicazioni che vanno ben oltre i confini francesi.

Trump, tariffe Usa e Corte Suprema: la guerra commerciale che scuote il mondo

Trump ha deciso di trasformare un lungo weekend di Labour Day in un lunedì da tribunale, annunciando che la sua amministrazione porterà con urgenza al giudizio della Corte Suprema la questione delle tariffe doganali che i giudici federali hanno appena demolito come abuso di potere esecutivo. Non è un dettaglio tecnico, è un terremoto da centinaia di miliardi di dollari, anzi, secondo le sue stesse parole, da “trillions and trillions”, che rischiano di trasformarsi in assegni di rimborso verso i partner commerciali che, a suo dire, “ci hanno derubato negli ultimi 35 anni”. In un Paese in cui il gettito fiscale dai dazi ha già fruttato 142 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2025, la sua narrativa è semplice: senza tariffe, l’America diventa un Paese del Terzo Mondo. Non serve un PhD in economia per capire che questa è più retorica che macroeconomia, ma il punto politico è chiarissimo.

Xi e la diplomazia dell’Intelligenza Artificiale: cooperazione o copertura?

C’è qualcosa di rivelatore nell’ultimo vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO), il più grande di sempre, appena conclusosi a Tientsin: Xi Jinping ha parlato di intelligenza artificiale non come arma di competizione, ma come strumento di cooperazione. Un messaggio che, a prima vista, sembra quasi in controtendenza rispetto alla narrativa dominante fatta di gare tecnologiche, supremacy e paure esistenziali. Eppure, è proprio qui che si coglie la strategia di Pechino: usare l’AI non solo come tecnologia, ma come linguaggio politico.

Cina e Russia rafforzano l’alleanza strategica in un mondo multipolare

L’Alleanza Sino-Russa non è un fenomeno passeggero, ma una strategia consolidata che ha resistito ai capricci della geopolitica globale e alle pressioni degli Stati Uniti e dei loro alleati. Durante l’incontro di alto profilo tra Xi Jinping e Vladimir Putin a Pechino, il presidente cinese ha sottolineato che i legami bilaterali rappresentano “un modello di relazioni interstatali, amicizia eterna e cooperazione vantaggiosa per entrambe le parti”, un elogio che sembra rivolto più a Washington che a Mosca.

La Cina vuole che il 70 per cento dei cinesi usi l’intelligenza artificiale entro il 2027 il futuro è obbligatorio, non opzionale

Hai letto bene. Il Consiglio di Stato cinese ha fissato un obiettivo che suona come un ultimatum: entro il 2027 il 70 per cento della popolazione, cioè quasi un miliardo di persone, dovrà utilizzare terminali smart di nuova generazione, agenti intelligenti e applicazioni basate su intelligenza artificiale. Nel gergo di Pechino questo significa penetrazione AI in Cina, un concetto che non lascia spazio a esitazioni. O sei parte della trasformazione o resti escluso.

Ma l’ambizione non si ferma qui. Entro il 2030 la quota di adozione dovrebbe salire al 90 per cento, con l’obiettivo dichiarato di costruire entro il 2035 una società intelligente e un’economia pienamente basata su sistemi AI. Si tratta di una visione che non contempla gradualismi. È una tabella di marcia scandita da date, numeri e obblighi. Nessun Occidente, né Stati Uniti né Unione Europea, si è mai spinto così oltre. Washington ha leggi sull’AI ma nessun vincolo di penetrazione. Bruxelles scrive regolamenti sui rischi. Pechino invece impone percentuali di adozione.

Mario Draghi a Rimini e il pragmatismo Europeo che sfida il presente

Rimini, una città che sembra parlare da sola quando si accende di dialogo, ha ospitato una delle figure più emblematiche della vita politica ed economica europea: Mario Draghi. Un leader che non ama la retorica vuota, che cammina sui fatti e sulle decisioni concrete, e che porta con sé un pragmatismo europeo che sa di sfida e di speranza. La cornice del meeting non era solo simbolica, ma quasi metafisica: un crocevia dove si incontrano coloro che cercano il vero, il bello, il giusto e il bene. Draghi non è venuto a recitare un copione, ma a testimoniare come la fiducia, la responsabilità e la conoscenza siano le vere monete di scambio dell’Europa contemporanea.

L’arte della manipolazione algoritmica: come il NDTC ha trasformato l’AI in un’arma politica

Nel 2025, l’intelligenza artificiale non è più un concetto astratto relegato ai laboratori universitari o alle startup di Silicon Valley. È diventata una risorsa strategica nelle campagne politiche, un’arma affilata nelle mani di chi sa come utilizzarla. Il National Democratic Training Committee (NDTC), fondato nel 2016 da Kelly Dietrich, ha lanciato un playbook che guida le campagne democratiche nell’uso responsabile dell’IA. Ma cosa significa “responsabile” in un contesto dove la verità è spesso l’elemento più malleabile?

Il playbook del NDTC enfatizza la trasparenza: le campagne devono dichiarare quando utilizzano l’IA, soprattutto per contenuti sensibili come messaggi personali o politiche. Ma questa trasparenza è davvero una garanzia di integrità? In un’epoca in cui la fiducia nel sistema politico è ai minimi storici, le dichiarazioni di trasparenza possono sembrare più un tentativo di rassicurare l’opinione pubblica che un impegno genuino verso l’etica. La verità è che, anche con le migliori intenzioni, l’IA può essere utilizzata per manipolare le percezioni e influenzare le opinioni in modi sottili e difficilmente rilevabili.

Il solo percorso plausibile per porre fine alla guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina è ormai un conflitto congelato, ma non per questo meno pericoloso. La proposta avanzata dall’amministrazione Trump, che prevede uno scambio territoriale tra Ucraina e Russia, è un tentativo di sbloccare una situazione che sembra destinata a trascinarsi all’infinito. Tuttavia, questa proposta solleva interrogativi legali, politici e morali che meritano una riflessione approfondita.

Ucraina rifiuta lo scambio di territori con la Russia: sovranità contro compromesso

La proposta di uno scambio di territori tra Ucraina e Russia, che prevede la cessione di porzioni della regione di Donetsk in cambio di un cessate il fuoco e garanzie di sicurezza occidentali, ha suscitato reazioni di rabbia e incredulità tra le comunità ucraine, in particolare a Slovyansk. Molti residenti considerano questa proposta un tradimento della loro sovranità nazionale e un’offesa alla memoria dei soldati caduti. Svitlana Kuznetsova, che ha perso il nipote in battaglia, ha dichiarato che lascerebbe la sua casa di una vita se le forze russe prendessero il controllo della città.

Ucraina offre 100 miliardi di dollari in armi a Trump in cambio di garanzie di sicurezza

La scena alla Casa Bianca è di quelle che meritano di essere fotografate e incorniciate. Donald Trump passeggia accanto a Volodymyr Zelenskyy e a una manciata di leader europei, mentre i riflettori illuminano sorrisi e strette di mano. Ma dietro la facciata di cordialità si consuma una delle più ciniche trattative geopolitiche degli ultimi anni. L’Ucraina, devastata dalla guerra e sospesa tra disperazione e pragmatismo, ha offerto un pacchetto da 100 miliardi di dollari in acquisti di armi statunitensi per ottenere garanzie di sicurezza dagli Stati Uniti. Una transazione che non è un accordo difensivo, ma un gigantesco contratto commerciale con clausole politiche implicite. “Se ci vendete le armi, ci difendete”, questo il sottotesto brutale.

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